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«Un’ umanità in movimento»: la Chiesa cremonese inizia il cammino sinodale tra comunione, partecipazione e missione

 

Si è tenuta nella serata di sabato 16 ottobre l’intensa e partecipatissima veglia diocesana per l’avvio del Sinodo. Iniziata alle 21 in tre diverse chiese di Cremona (San Pietro al Po con il vicario della zona 2 don Giambattista Piacentini, a Sant’Abbondio con il vicario don Pietro Samarini e a San Michele con don Antonio Pezzetti e don Davide Barili) con il primo momento dedicato alla comunione, è proseguita con il cammino dei tre gruppi fino alla Cattedrale. Sulla porta, aperta sulla piazza, ad attenderli per l’aspersione il vescovo Napolioni.

 

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Il secondo momento, dedicato alla partecipazione si è svolto all’interno della Cattedrale, dove il vescovo ha presieduto la preghiera alla presenza del vescovo emerito di Cremona don Dante Lafranconi e del vicario generale don Massimo Calvi. Dopo la lettura di alcuni brani tratti dal Documento preparatorio del Sinodo dei vescovi e alcuni canti significativi eseguiti dal coro Saint Michel della comunità afro-francofona e dal coro Psallentes di Soresina – don Maurizio Ghilardi, incaricato diocesano per la Pastorale Missionaria ha chiamato Gloria Manfredini e Marco Allegri (quest’ultimo assente per un’indisposizione) a rispondere prima di ricevere il mandato missionario in vista della prossima partenza per la missione di Salvador de Bahia in Brasile. Poi sono stati proclamati sette passi del Vangelo che monsignor Napolioni ha ripreso nella toccante omelia rivolta al popolo.

«C’erano i dodici con i loro nomi e soprannomi, persino il nome del traditore. E poi alcune donne, che mettevano a disposizione i loro beni. Una grande folla e in mezzo ad esso un ragazzo che avrebbe sfamato con la propria povera merenda le moltitudini; una donna straniera con il figlio posseduto dal demonio; un tale ricco desideroso di sapere se la sua osservanza avrebbe portato il frutto sperato; il centurione davanti alla croce e le donne sul Calvario: sono alcuni dei volti, dei protagonisti che attorno al Protagonista per eccellenza fanno il Vangelo. Il Vangelo è avvenuto prima di essere scritto», ha esordito il vescovo di Cremona. Ricordando che tutta la storia del cristianesimo è un’esortazione al cammino, perché Cristo stesso andava per le strade, saliva sui monti e mandava i suoi …

«Davvero la Chiesa è un popolo in cammino, è un’umanità in movimento», ha ricordato monsignor Napolioni. «Giovanni Paolo II diceva che la Chiesa è movimento, Papa Francesco la descrive invece come una marea caotica nella quale abita il Figlio di Dio risorto. È così, perché è fatta da uomini e donne, da famiglie che si accostano, che Lo cercano, che si imbattono in Lui perché Lui prende iniziativa. Sono storie di umanità rigenerate da Gesù: Gesù, l’Emmanuel, il Dio-con-noi».

«E il Dio sinodale, perché la parola sinodo è già in Lui, Lui che è la via e chi chiede di seguirLo. E così questi volti del Vangelo si rispecchiano nei nostri e ci chiedono di manifestare il volto stesso del Signore. Ma chi può farlo da solo? Possiamo farlo solo insieme. Chi può parlare nel nome di Dio se non nell’umiltà docile di accogliere l’altro come dono del Signore?», domanda il vescovo ai presenti.

«Viviamo un momento storico in cui tutti abbiamo bisogno di vedere per intero il volto di Dio», ha proseguito. «Sono tempi difficili, di crisi, non mancano denunce e proclami (solo oggi il Papa ha gridato l’urgenza di ascoltare davvero l’urlo dell’umanità più povera e sfruttata) ma questo tempo di crisi può essere un tempo di fede: kairos, il momento favorevole in cui il dolore si schiude perché si lascia visitare dall’amore proprio come accade nel tempo pasquale».
La fatica della pandemia, il dolore per una Chiesa chiamata a vergognarsi dei suoi peccati (del clero ma anche di tutti) sono per il vescovo di Cremona un’occasione da non sprecare, una lezione da imparare. «Per questo possiamo dire “Vieni, Gesù”, sapendo però che Lui non si sostituisce a noi trattandoci da bambini, ci coinvolge nella responsabilità di andargli incontro. Le scene evangeliche evocate cantano ed esaltano questa libertà. Lui va avanti, accostandosi: è Gesù che vive tutto questo per primo».

 

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Per monsignor Napolioni è questo il metodo da seguire nel cammino sinodale che verrà: «L’avvicinarsi agli altri senza pretendere di risolvere problemi, ma facendo sì che la carezza di Dio raggiunga tutti. Ecco il cammino sinodale da fare, da scegliere e compiere con decisione, cura, senza fretta ma senza rinvii. Lo facciamo come Chiesa di Cremona trascinata insieme a tante altre Chiese italiane del mondo dal Papa, che in particolare alla Chiesa iItaliana dice “fermati, svegliati, non ti cullare sugli allori del passato, non ti illudere che basti fare ciò che si è sempre fatto, ma ascolta la voce dello Spirito che parla nella preghiera e nella realtà, che parla attraverso la voce di tutti» .

Avverte però il Vescovo che non bisogna correre il rischio di sedersi rimanendo ancorati al già saputo, ma sempre più si renderà necessario «ascoltare la voce dello Spirito che parla nella preghiera e nella realtà, che parla attraverso la voce di tutti se abbiamo cura dell’altro». Del resto anche l’autorità, ha proseguito, «è al servizio dell’ascolto, del discernimento, per infondere coraggio nel cammino. Scegliamo di compiere questo cammino sinodale in dialogo con tutti: non solo per colmare vuoti, ma per essere più contenti di spartire il dono ricevuto anche con chi ancora non lo conosce. Il cammino sinodale è infatti chiamata missionaria – dove la missione è andare a cercare chi è smarrito, chi si è allontanato: non per fare proselitismo, ma per costruire un rapporto e tendere la mano, perché da tutti avremo qualcosa da imparare».

Soprattutto, ha insistito, «il cammino sinodale è parabola di Comunione, perché il mistero dell’Eucaristia chiede una dinamica di partecipazione: dobbiamo farne una scelta e un metodo. «È il momento di fare ma imparando anche a dirci le difficoltà o le nuove idee che arrivano sottoponendole al vaglio della preghiera e del confronto».

Per questo – ha chiosato – non è improprio il mandato missionario conferito stasera a Gloria e Marco che andranno a Salvador de Bahia ad affiancare per un anno don Davide Ferretti in quella che è di fatto l’unica missione diocesana. «Non dobbiamo smettere di andare per il mondo per paura di non avere abbastanza preti o mezzi», ha detto il vescovo, «ma continuare a essere Chiesa in uscita con missionari capaci di servizio al Vangelo e ai fratelli». Concludendo l’omelia, poi, il Vescovo ha richiamato l’atteggiamento con il quale intraprendere il viaggio sinodale che deve coinvolgere tutti. «Facciamo nostro il metodo dell’ascolto, per ascoltarlo ascoltandoci in una crescente docilità allo Spirito. Non sospendiamo certo le attività ma le facciamo insieme; avendo più cura dello sguardo degli uni verso gli altri per riconoscere in ogni istante la nostra comune storia di salvezza. Maria, l’Assunta, ci incoraggia ad osare. È lei che ha detto “sì” all’impossibile: e noi stasera ci fidiamo di Lei».

Conclusa l’omelia, il vescovo ha conferito ai due laici Gloria Manfredini e Marco Allegri il mandato missionario per il la missione di Salvador de Bahia. A loro ha consegnato i segni del crocifisso e del cero. Altri due ceri sono stati consegnati per la chiesa della parrocchia brasiliana dove già opera il sacerdote fidei donum cremonese don Davide Ferretti e per la Cattedrale, come segno di vicinanza e fraternità.

 

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Prima della benedizione finale, ecco poi la consegna ad ogni gruppo parrocchiale, associazione o famiglia religiosa un manifesto con il logo del Sinodo che sarà di accompagnamento all’intera fase diocesana.

«Questo segno, questo manifesto, ci rimanda alla Chiesa che si raccoglie insieme per celebrare, per ascoltare la Parola, ciò che il Signore ha da dirci», ha sottolineato don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero. I segni rimandano sempre ad altro e il cammino sinodale è un continuo rimandare a Cristo che chiama.

«Siamo aperti ai suggerimenti che Dio manda e per questo chiunque abbia idee sul Sinodo le mandi, le condivida perché è il cammino di tutti», ha concluso monsignor Napolioni, prima di salutare ancora Gloria, che partirà domani, e Marco che partirà poco dopo di lei.

 

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