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Immigrazione, mons. Perego: fenomeno da governare con intelligenza, con responsabilità, senza paura

Un fenomeno da governare con intelligenza, con responsabilità, senza paura. È l’immigrazione, che sta cambiando le nostre relazioni dentro la società, la famiglia e la Chiesa. Immigrazione che, anche a causa della pandemia, in Italia è in calo, per la prima volta in trent’anni, ma i cui numeri sono pur sempre notevoli se è vero com’è vero che i cittadini stranieri residenti nel nostro Paese sono 5.035.643.

Di immigrazione si è parlato nella serata di venerdì 19 novembre a Romanengo con monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio ed abate di Pomposa, presidente della Commissione episcopale per le Migrazioni della CEI e presidente di Fondazione Migrantes, l’organismo che in passato aveva diretto. In chiesa parrocchiale è stato lui il relatore dell’incontro dal titolo “Uomini e donne come noi. I migranti, l’Europa, la Chiesa”, organizzato dai giovani della parrocchia.

«Trent’anni fa – ha detto l’arcivescovo di origini agnadellesi – potevamo solo immaginare quello che stiamo vedendo oggi, e cioè che queste persone stanno diventando parte essenziale di una comunità. Solo l’anno scorso 150mila stranieri sono diventati cittadini italiani, abbiamo il 10% degli studenti delle nostre scuole che sono stranieri, nell’ultimo anno abbiamo avuto il 14% di imprese straniere aperte in Italia e anche la Chiesa è cambiata: un milione di immigrati sono cattolici, provenienti da 120 nazioni. I più numerosi sono i filippini, poi ci sono i rumeni, i peruviani, gli ecuadoregni i brasiliani e i colombiani. Tutti questi volti stanno cambiando i luoghi della nostra vita».

Per leggere questo fenomeno papa Francesco, nell’enciclica “Fratelli tutti” chiama in causa quattro verbi. Monsignor Gian Carlo li ha elencati e spiegati: «Il primo verbo è accogliere. Un gesto che costa fatica, un gesto di gratuità, una sfida che consiste nel condividere qualcosa con un’altra persona». Il secondo è «tutelare, che è la prima cosa da fare quando si accoglie qualcuno». Il terzo verbo è «promuovere. Quando si incontra una persona occorre valorizzarne le sue capacità e le sue conoscenze». Il quarto è «integrare, dare la possibilità all’altro di sentirsi parte di una comunità». Quattro «verbi intelligenti, perché leggono la realtà e guardano al futuro».

«Ogni stagione della storia – ha affermato Perego – presenta gli stessi fenomeni migratori e ogni volta l’incontro non è semplice, in alcuni casi genera paura ma va governato. Invece noi spesso lo vediamo con gli occhi della sicurezza; basta pensare ad una legge ormai vecchia, ma basta anche fare riferimento ai tanti articoli di giornale che associano la parola immigrato alla parola criminalità. Eppure anche gli italiani sono migranti (solo negli ultimi anni 109.000 giovani hanno lasciato il nostro Paese e 120 sacerdoti seguono i nostri migranti nel mondo) e succede che anche gli italiani all’estero finiscano a volte per delinquere, segno che quando le persone vengono lasciate a sé stesse, sono uguali ovunque si trovino».

Infine, un accenno da parte dell’arcivescovo, ai muri. «Nel 1989 venne abbattuto un muro – ha concluso – e nacque la Germania unita, il più ricco fra gli Stati europei. Ora sorgono muri per lasciare fuori uomini, donne e bambini in fuga. Non possiamo accettare che un Paese costruisca muri».

Al termine, spazio alle domande dei presenti, aperte da un intervento di don Emilio Merisi, parroco di Romanengo.