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Separati, divorziati e in nuove unioni: mattinata di formazione per le équipe di accompagnamento

Tempo di ripartenza anche per la pastorale familiare. Tempo di rimettersi insieme per sottolineare l’importanza di ogni cammino. Tra questi, nella diocesi di Cremona, ripartono a Caravaggio, a Cremona e a Viadana gli incontri sulla Parola di Dio per separati, divorziati e nuove unioni. E così è stata un’intensa e interessante mattinata quella di sabato 7 ottobre, in Seminario, guidati dalla fresca, sapiente e intelligente proposta di don Michele Roselli, vicario episcopale per la formazione dell’Arcidiocesi di Torino.

Incontrando le équipe di accompagnamento della Diocesi di Cremona per i cammini di persone divorziate, risposate e con nuove unioni, ha formulato la sua proposta dal titolo: “Leggere le scritture e sentirsi letti”. Egli è partito dalle domande che i gruppi di accompagnamento avevano fatto, al termine del cammino dello scorso anno, chiedendo soprattutto come leggere la Parola di Dio con persone che si accostano, ritornano, sentono vivo in sé il desiderio di coltivare la propria fede e di vivere nella Chiesa. C’è bisogno di qualcuno che si affianchi, semplicemente testimoniando che è possibile leggere, rileggere e provare a vivere il Vangelo. Gli “accompagnatori” servono a questo. Non a mettersi su un piedistallo, ma provando a formulare domande, leggere insieme con fede la Parola, provare a camminare insieme dentro quel testo. Partendo dal Vangelo di Matteo, con la parabola della pecora smarrita, don Roselli ha fatto quattro sottolineature importanti.

La prima che il Regno di Dio è vicino e la vicinanza, come spesso ripete il Papa, è il contenuto dell’annuncio. Dio è vicino anche a quelli che non lo accolgono, anche di fronte al gesto di scuotere la polvere dai propri piedi, perché Dio non è lontano da nessuno.

Chi vive nella Chiesa – è stata la seconda riflessione – scopre sempre l’abbondanza della messe, la mancanza degli operai, ma sa guardare al bicchiere mezzo pieno . Questo significa, quando si incontrano le persone, qualunque sia stata o sia la loro vita attuale, che si deve sempre considerare che Dio vede molto altro in loro. Non sono solamente “divorziati, risposati, nuove unioni”, ma anche sposi, mariti, mogli, genitori, professionisti, credenti, discepoli…

E la vita di ciascuno ha bisogno di un “noi”, di una “comunità”, cioè il luogo dove risuona la Parola di Dio e dove le nostre parole fanno eco a una Parola che continuamente precede e accompagna. Su questo terzo punto il relatore si è molto soffermato, anche nella ripresa finale. La vera domanda, che è stata anche il cuore della relazione, e che tutti quanti siamo invitati a farci, è: “Quali cammini Dio sta aprendo nel cuore della gente e che cosa chiede a noi, come cristiani, per aiutarlo?”. Non siamo noi che diamo la fede agli altri. Al massimo possiamo semplicemente essere una buona eco di quella Parola che salva, raggiunge, cambia la vita.

La quarta sottolineatura, ricordando che Gesù manda i discepoli a due a due e rileggendo l’inizio della prima lettera di san Giovanni, è stata quella di far riflettere sul fatto che la fede ha a che fare con la vita, necessariamente. C’è un “noi”, una fede comunitaria che è stata ricevuta e ancora è possibile trasmettere, ma deve diventare esperienza di vita. Il Vangelo usa il linguaggio di tutti i giorni, entra nelle case, nei luoghi di lavoro e invita a non giudicare, ma a prendere sul serio gli altri.

Parlando, dunque, a chi accompagna cammini particolari all’interno della Chiesa, don Roselli ha invitato continuamente, senza stancarsi, a riandare alla comunità cristiana, perché è in essa che si riceve il mandato di portare il Vangelo a tutti. A tutti, nessuno escluso. Senza parcellizzare la Chiesa in mille gruppetti, ma cercando di sentire la forza della comunità che accoglie, annuncia, vive nella carità e nella liturgia.

E quel Vangelo deve permettere che chiunque arrivi, si lasci incontrare dalla Parola. E si senta a casa, senta il profumo del pane, non si senta minimamente a disagio. Il grande impegno e la grande vocazione di chi accompagna qualcun altro non è “insegnare il Vangelo”, ma tenere acceso il fuoco e vigilare perché questo fuoco non venga mai meno. Come chiede Gesù nel vangelo.

Nella seconda parte della sua relazione don Michele Roselli ha potuto aiutare i presenti con delle sottolineature e con metodi per fare in modo che la Parola di Dio possa non solo toccare il cuore, la mente e la vita di chi annuncia, ma anche raggiungere il contesto specifico e reale di chi l’ascolta. Perché tutti insieme, come comunità, viviamo dentro un contesto e siamo raggiunti continuamente nella nostra vita reale. Non c’è una differenza tra la fede e la vita e la seconda non deve integrare la prima. Fede e vita sono un tutt’uno perché l’esperienza di credenti è vita reale nella quale poter vivere, esprimere, ricevere e testimoniare il Vangelo con fede. Anche i tempi all’interno della Chiesa sono tutti diversi perché, ciascuno di noi, è un “unicum” irripetibile.

Concludendo con l’immagine del mandorlo fiorito di Vincent Van Gogh il sacerdote torinese ha auspicato e augurato a tutti che la vita di annunciatori e testimoni sia come quel mandorlo che il famoso artista olandese dipinse quattro mesi prima di morire (1890), ricevuta la notizia della nascita di un suo nipote. Il mandorlo è il primo albero che fiorisce durante l’inverno. Non diciamo di essere nell’inverno della Chiesa o del mondo. Ma scopriamo con meraviglia che quell’albero, pur coi rami nodosi e tortuosi, sa ancora fiorire. Proprio come dice il profeta Geremia: “1,11Mi fu rivolta questa parola del Signore: “Che cosa vedi, Geremia?”. Risposi: “Vedo un ramo di mandorlo”. 12Il Signore soggiunse: “Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla”. Il Signore vigila sulla sua Parola e la realizza. “Come”, “dove” e “con chi” non ci è sempre chiaro. Ma sappiamo che vigila perché fiorisca e porti frutto.