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Quando l’oratorio si fa insieme: all’Assemblea Oratori focus sulle équipe educative

 

Le équipe educative come possibile strumento di guida della vita nelle parrocchie e della pastorale giovanile sono state il tema dell’Assemblea oratori annuale che si è svolta nella serata di venerdì in Seminario, a Cremona. Protagonisti dell’appuntamento sono stati alcuni referenti della diocesi di Bergamo: Federica Crotti, vicedirettrice dell’Ufficio di Pastorale giovanile, e don Giorgio Carobbio, vicario interparrocchiale nell’unità pastorale di Romano di Lombardia.

Dopo i saluti del vescovo Antonio Napolioni e di don Francesco Fontana, presidente della Federazione oratori cremonesi e incaricato diocesano per la pastorale giovanile, i relatori hanno raccontato la scelta pastorale di creare in ciascun oratorio un gruppo di persone capace di prendersi a cuore la regia pastorale e educativa. L’obiettivo è quello di «annunciare il Vangelo alle giovani generazioni» ponendosi le domande «giuste», e cioè che cos’è l’oratorio, che cosa significa esserlo oggi per i ragazzi e quanti lo abitano, «rispondendo ai loro bisogni e domandandosi continuamente che cosa ha senso e che cosa sta accadendo nella propria realtà», ha spiegato Federica Crotti. Un organismo insomma «di pensiero» più che organizzativo di una sala bar o del grest, «che si pone interrogativi sul volto da mostrare, la direzione da intraprendere e la progettazione di persone e risorse con cui mettersi in cammino».

 

Intervento di Federica Crotti

 

Il tentativo della diocesi di Bergamo di promuovere le équipe educative nasce in un tempo «in cui i preti dedicati a tempo pieno all’oratorio stavano venendo meno». La risposta, ragionata con il vescovo, è stata quella di avere un organismo comunitario in grado di «non perdere di vista il senso dell’oratorio in questo tempo di continui cambiamenti e che ha bisogno di più sguardi per poter essere osservato e capito». La Diocesi ha dato linee guide generali, da adattare poi alle esigenze e situazioni della vita delle singole parrocchie, pur con alcune indicazioni fisse nella scelta dei membri. Dopo un’analisi preliminare dei bisogni, sono stati coinvolti i volontari dell’oratorio sulle questioni contingenti e sono stati attivati percorsi formativi per i componenti delle équipe sul ruolo, i contenuti e gli obiettivi, instituendo nello stesso tempo alcuni «facilitatori» per il coordinamento e l’applicazione del metodo della corresponsabilità educativa. Da qui il mettersi in gioco, «evitando di trasformarsi in équipe di élite».

I punti di forza riscontrati dalla Diocesi di Bergamo in questo progetto sono stati un «cammino comune di lettura» della realtà del territorio, «un’esperienza di sinodalità» per sperimentare «carismi e sguardi diversi sull’oratorio e sull’annuncio della fede» e la «cura condivisa dell’ambiente oratoriano» non solo da parte del sacerdote. I punti critici sono invece «la scarsa legittimazione dell’équipe», «la resistenza ad autorizzarsi a prendere decisioni in nome dell’oratorio» e, infine, una «fragilità progettuale per il poco studio e la ridotta riflessione». In questi anni molte équipe si sono formate e sono rimaste, altre non sono proseguite.

 

Intervento di don Giorgio Carobbio

 

Don Giorgio Carobbio, a partire dall’esperienza sul campo, ha sottolineato l’importanza della relazione con i laici. «Una delle sfide importanti è quella di incrociare le vite dei giovani e delle famiglie. La condivisione dell’impegno educativo è sicuramente difficile, ma è un grande aiuto nel compito di un sacerdote, così come è bello poter costruire relazioni buone e alla pari con figure diverse della comunità cristiana e civile». La gestione dei conflitti interni, il riconoscimento di visioni esterne e le resistenze culturali sono ostacoli all’applicazione di questo strumento. Tali questioni «possono essere occasioni per coinvolgere e rendere partecipe l’intera parrocchia sulla pastorale giovanile», ha concluso il sacerdote, che ha sottolineato che «l’oratorio è il volto della comunità cristiana e se è tale allora la comunità stessa è chiamata a prendersene cura, anche dal punto di vista del senso».

 

 

Risposte di Crotti e don Carobbio alle domande