Il missionario viadanese Padre Andrea Facchetti fa “piovere” parole di speranza dal Mozambico
Nei messaggi con cui mantiene i contatti con la terra d’origine, padre Andrea Facchetti, missionario saveriano originario di Viadana che dal 2012 vive in Mozambico, racconta delle numerose rivolte che hanno colpito la capitale del Paese Africano, Maputo, e le altre grandi città in seguito alle elezioni del 9 ottobre 2024.
Dal suo punto di vista diretto, il missionario viadanese che dal 2012 vive in un paese rurale chiamato Charre, riferisce di un clima di intimidazione, opacità normativa e accuse di corruzione nello stato governato dal 1975 dal Fronte di Liberazione del Mozambico (Frelimo) che controlla direttamente l‘amministrazione pubblica, le scuole, la sanità. Tutto è nelle mani del Frelimo – spiega padre Facchetti – e per poter usufruire di qualsiasi tipo di servizio è necessario avere la tessera del partito, che ovviamente costa cara : «Il signor Ricardo ha lavorato un anno intero nelle piantagioni di canna da zucchero del sud per permettere a suo figlio di diventare maestro elementare – racconta il missionario saveriano – mentre il signor Kinho ha dovuto vendere cinque mucche per mettere suo figlio a lavorare nella stazione ferroviaria. È il partito che toglie ai poveri per dare ai ricchi».
Così – commenta il missionario – «si comprende come il Mozambico, nonostante resti uno degli stati più ricchi di materie prime dell’Africa (il terzo paese per riserve di gas stimate, il maggiore produttore di carbone del continente) rimanga anche il decimo paese più povero al Mondo».
Il missionario saveriano spiega di come nel dicembre del 2024 siano iniziate numerose proteste nei quartieri di tutte le grandi città; migliaia di persone hanno deciso di scendere nelle piazze per manifestare contro il governo in modo pacifico e dando vita a diverse rivolte “creative”, come la scelta di orari prestabiliti in cui bloccare le strade con danze, canti o mettendosi provocatoriamente a cucinare: «Per vari giorni, a mezzogiorno in punto – scrive padre Facchetti – il Paese intero si ferma per quindici minuti per cantare l’inno nazionale: al telegiornale mostrano Maputo paralizzata da file di macchine ferme che bloccano il traffico delle strade principali e della tangenziale. Altri giorni ad un orario prestabilito della sera si battono pentole con i fischietti in bocca. Protestare contro i brogli viene avvertito come un dovere perché le elezioni rappresentano la strada democratica per il cambiamento e per iniziare il cammino verso la costruzione di un paese migliore».
Padre Andrea Facchetti descrive un Paese tratteggiato da numerose contraddizioni, che si notano soprattutto nella differenza di percezione delle manifestazioni tra le città e le zone periferiche. Il missionario racconta che ciò che più turba gli abitanti delle zone rurali, come Charre, è più che altro la grande siccità che da mesi devasta i campi, di come la mancanza di pioggia sia sinonimo di mancanza di cibo, di vita e le poche informazioni che giungono dalle aree urbane arrivano sicuramente non attraverso i mezzi di comunicazione, ma grazie alle lettere dei parenti e amici che ci vivono perché, spiega Padre Facchetti, «se nessuno ha la televisione, tutti hanno un famigliare là».
Il missionario saveriano aggiunge che, in seguito all’esito delle elezioni, proclamate nei giorni delle festività natalizie, hanno iniziato a dilagare violenza e rabbia in tutte le grandi città. Le azioni pacifiche, che finora avevano cercato di mandare un segnale al governo senza spargimenti di sangue, sono sembrate totalmente inefficaci e la popolazione è stanca, pronta a rischiare anche la vita perché ormai non ha più nulla da perdere: «Vengono attaccate e distrutte sedi delle istituzioni pubbliche e caserme della polizia», riporta padre Facchetti nel suo messaggio: «Anche nelle città c’è la fame: vengono assaltati e svuotati negozi, magazzini e supermercati. Nella ressa varie persone muoiono rimanendo schiacciate, altre sono uccise dalla polizia».
Nonostante la situazione appaia quella di uno Stato ormai privo di ogni speranza, il missionario saveriano non perde la fiducia che un giorno le cose possano andare meglio. E infatti, quasi come un segnale di aiuto dall’alto, padre Facchetti racconta gioioso che il 28 dicembre a Charre è finalmente arrivata la pioggia, dopo mesi di durissima siccità e carestia. E così la popolazione può tirare un momentaneo sospiro di sollievo, con quell’acqua che bagna i campi e porta vita.
Padre Facchetti ha un sogno: «Che il mondo intero profumi dello stesso profumo della prima pioggia. Quanto è secco, quanto è nauseabondo, un mondo nel quale i potenti fanno gara a chi investe più miliardi in armi, un mondo nel quale i migranti ancora vengono deportati, un mondo nel quale si vanno sempre più consolidando oligarchie che concentrano in poche mani potere economico, potere politico e potere tecnologico. Credo fermamente in questo sogno, credo fermamente nelle persone che si impegnano affinché questo sogno diventi realtà. Credo fermamente nel potere della prima pioggia e nel suo profumo».
Il missionario originario di Viadana conclude la sua lettera con un’immagine di speranza, spiegando che «nella nostra lingua, cioè il Sena, pioggia e Dio si dicono con la stessa parola: mulungu-pioggia e Mulungu-Dio. Qui, Dio, piove. E quando Dio piove, ha il potere di tirare fuori dalla terra il suo profumo più bello».
- Digressione rurale. In partenza con Simone, Flora, Manuel, Albino, Chico, Bernardo e tutti gli altri.
- Chico con la figlia Carla davanti alla loro capanna. Carla ha perso la mamma tre anni fa e il fratello maggiore lo scorso anno.
- Chico con la figlia Carla, due settimane fa, davanti alla loro nuova casa, costruita con i contributi di umanità che abbiamo ricevuto dopo il ciclone Freddy.