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“Ecco qui il mio galantuomo”: presentato a Bozzolo il libro-testimonianza di Giancarlo Ghidorsi su don Mazzolari

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La presentazione del libro “Ecco qui il mio galantuomo. La mia esperienza con Don Primo Mazzolari” è stata un’interessante occasione per riflettere sugli stimoli che ancora oggi il messaggio evangelico richiamato da Mazzolari può dare alla Chiesa. Il libro-testimonianza di Giancarlo Ghidorsi, per vent’anni segretario della Fondazione intitolata al parroco di Bozzolo, si è svolta nella serata di giovedì 29 maggio presso il salone dell’oratorio di Bozzolo alla presenza di diversi ospiti.

A moderare il confronto è stato il giornalista Luciano Ghelfi, quirinalista del Tg2, legato a Bozzolo per la presenza della famiglia della nonna materna, che era stata accolta nel paese mantovano nel 1943 insieme ad altre centinaia di sfollati provenienti dalla Ciociaria proprio da don Primo Mazzolari, che provvide alla prima sistemazione nelle scuole pubbliche di Bozzolo.

Dopo i saluti del parroco don Francesco Cortellini e il sindaco Giuseppe Torchio, il confronto su diversi aspetti trattati nel libro è stato portato avanti da don Umberto Zanaboni, vicepostulatore della Causa di beatificazione di don Mazzolari, don Antonio Agnelli, assistente spirituale Acli di Cremona e don Giovanni Telò, membro del Consiglio di amministrazione di Fondazione Mazzolari.

Il lavoro di Ghidorsi è stato realizzato con una prima parte di testimonianze personali della sua giovinezza insieme all’elaborazione che l’autore ha sviluppato nella sua esperienza di vita. Nella parte successiva il libro presenta il pensiero mazzolariano nel magistero dei papi per poi continuare con una raccolta dei temi dei ragazzi delle scuole medie (sia trascritti che in riproduzione anastatica) scritti subito dopo la morte del loro parroco, il 13 aprile 1959. Infine, alcune riflessioni di autori contemporanei e una riflessione di Anselmo Palini in postfazione sul tema della pace. La prefazione è di mons. Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia.

Nelle ricche riflessioni dei relatori è emersa l’attenzione che Mazzolari ha maturato nel corso degli anni verso i temi sociali e la pace, espressione di un Vangelo che vuole farsi Storia, per ridare pienezza e dignità a quelli che Papa Francesco chiamava gli “impoveriti”.

Come messo in luce da don Telò: «Un nuovo impulso degli studi su Mazzolari è stato dato dalla visita a Bozzolo di Papa Francesco, che lo ha inserito tra i modelli per il clero, insieme a tanti altri sacerdoti italiani, come ad esempio don Milani». E ha proseguito: «Da subito è stato chiaro a tutti il riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa da parte di Papa Leone e che ha avuto in terra cremonese con Bonomelli un esempio».

«Hanno accusato Papa Francesco di tutto – ha continuato don Agnelli – perché quando fai la carità tutti sono d’accordo, ma quando vai ad analizzare le cause degli arricchiti e degli impoveriti allora diventa un problema. Ma come lui ricordava questo è il Vangelo». Ha quindi proseguito il sacerdote cremonese: «La destinazione universale dei beni della terra e la giustizia sociale sono temi molto faticosi da far passare non solo nella società, ma anche nella testa del clero».

Il ruolo fondamentale di Bonomelli, che ha formato in modo straordinario Mazzolari, è stato evidenziato anche da don Zanaboni che, anche guardando al Concilio Vaticano II, ha rilevato come «Mazzolari con la sua formazione e la sua cultura era un gigante, un punto di riferimento e di ispirazione per le coscienze». Per poi interrogarsi sul tema della sofferenza: «perché ci vuole sempre la sofferenza per andare in profondità, perché l’uomo ha sempre bisogno delle grandi sofferenze per svegliarsi e per procedere nel suo percorso?».

Carica di significato la testimonianza di Giancarlo Ghidorsi che ha ricordato come anche oggi di don Primo rimangano tutti i ricordi personali: «Nel mio libro ho cercato di esprimere questo sentimento di gratitudine da parte di una persona che l’ha conosciuto. Ho messo a fuoco certi dettagli che conservavo nella mia memoria e che non avevo letto da nessuna parte».

Classe 1943, Ghidorsi, perito agronomo e cavaliere della Repubblica, ha conosciuto don Primo Mazzolari negli anni delle scuole elementari e come ministrante della parrocchia di Bozzolo, frequentandolo assiduamente. Una conoscenza idealmente continuata e approfondita nei lunghi anni come segretario della Fondazione Don Primo Mazzolari, durante i quali ha avuto la possibilità di incontrare tanti estimatori di don Primo.

Certamente un aspetto che viene messo in risalto nel nuovo testo è il tema del rapporto del parroco con i giovani: «Si è soliti dire che don Primo parlava bene solo agli anziani e agli adulti – ha ricordato l’autore – ma noi bambini e ragazzi, se anche lo vedevamo con un po’ di soggezione con il suo fisico da contadino, nei discorsi era un padre di famiglia che si preoccupava delle famiglie e dei ragazzi».

La parte del libro con i temi di scuola dei ragazzi è sicuramente una chiara testimonianza di questo rapporto che Mazzolari aveva instaurato con i più giovani, che si rendevano conto dell’importanza del loro parroco anche a livello nazionale. «Eravamo consapevoli – ha rilevato Ghidorsi – che don Primo era in contatto diretto anche con diversi politici nazionali del tempo, anche con idee politiche differenti».

La serata è infine terminata con la recita teatrale di un testo di Mazzolari recitato dall’attore Giuseppe Pasotti, estratto da uno spettacolo teatrale.