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Il Papa ai seminaristi: «Con il cuore di Cristo servitori di una Chiesa missionaria»

© Foto Vatican Media

 

Anche la comunità del Seminario vescovile di Cremona ha preso parte al Giubileo dei seminaristi, iniziato nel pomeriggio di lunedì 23 giugno a Roma con un momento di preghiera nella Basilica di San Paolo fuori le mura e un concerto del Coro della Diocesi di Roma con l’Orchestra “Fideles et amati”, sotto la direzione del maestro e compositore monsignor Marco Frisina.

A formare il gruppo diocesano gli otto studenti di Teologia (di cui 5 il prossimo settembre saranno ordinati diaconi), i due giovani che hanno concluso l’anno di Propedeutica, il rettore don Federico Celini, due dei formatori (don Matteo Bottesini e don Valerio Lazzari), insieme anche al vescovo Antonio Napolioni.

 

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Particolarmente intensa la mattinata di martedì 24 giugno, iniziata con il gruppo cremonese che si è fatto pellegrino verso la Basilica di San Pietro attraversando la Porta Santa. Quindi l’atteso incontro con Papa Leone XIV che, al termine della meditazione, ha salutato i vescovi presenti percorrendo poi la navata della Basilica sorridente, stringendo mani, benedicendo rosari e ringraziando con affetto per i numerosi doni ricevuti.

Nel pomeriggio c’è stata l’opportunità di visitare alcuni luoghi della Capitale vivendo anche l’Eucaristia conclusiva del pellegrinaggio giubilare.

Nella giornata di mercoledì 25 giugno il rientro a Cremona, dopo aver fatto visita, in mattinata, ai Musei Vaticani.

 

 

Leone XIV: «Il seminario dovrebbe essere una scuola degli affetti»

«Il seminario, in qualunque modalità sia pensato, dovrebbe essere una scuola degli affetti». Ne è convinto Leone XIV, che nella meditazione rivolta ai seminaristi, incontrati per la prima volta in occasione del loro Giubileo, ha citato l’enciclica Dilexit nos di Papa Francesco chiedendo ai presenti di «rivolgere l’attenzione sul centro, sul motore di tutto il vostro cammino: il cuore!». «In un’epoca in cui siamo iperconnessi, diventa sempre più difficile fare l’esperienza del silenzio e della solitudine», l’analisi del Papa, che ha tracciato un profilo dettagliato dei candidati al sacerdozio e ha fornito indicazioni precise per chi, nei seminari, si prende cura della formazione.

 

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«Oggi in modo particolare, in un contesto sociale e culturale segnato dal conflitto e dal narcisismo, abbiamo bisogno di imparare ad amare e di farlo come Gesù”,

l’indicazione di rotta del Pontefice: «Come Cristo ha amato con cuore di uomo, voi siete chiamati ad amare con il Cuore di Cristo!». «Ma per apprendere quest’arte bisogna lavorare sulla propria interiorità, dove Dio fa sentire la sua voce e da dove partono le decisioni più profonde; ma che è anche luogo di tensioni e di lotte, da convertire perché tutta la vostra umanità profumi di Vangelo. Il primo lavoro dunque va fatto sull’interiorità», il monito sulla scorta dell’invito di sant’Agostino.

«Scendere nel cuore a volte può farci paura, perché in esso ci sono anche delle ferite», ha ammesso il Papa: «Non abbiate paura di prendervene cura, lasciatevi aiutare, perché proprio da quelle ferite nascerà la capacità di stare accanto a coloro che soffrono».

Ci vuole un allenamento speciale, per imparare a riconoscere i movimenti del cuore: «non solo le emozioni rapide e immediate che caratterizzano l’animo dei giovani, ma soprattutto i vostri sentimenti, che vi aiutano a scoprire la direzione della vostra vita. Se imparerete a conoscere il vostro cuore, sarete sempre più autentici e non avrete bisogno di mettervi delle maschere».

«Senza l’incontro con Lui, non riusciamo neanche a conoscere veramente noi stessi», la direzione di marcia della vita spirituale, unita all’esortazione a «invocare frequentemente lo Spirito Santo, perché plasmi in voi un cuore docile, capace di cogliere la presenza di Dio, anche ascoltando le voci della natura e dell’arte, della poesia, della letteratura e della musica, come delle scienze umane».

«Nell’impegno rigoroso dello studio teologico, sappiate ascoltare con mente e cuore aperti le voci della cultura, come le recenti sfide dell’intelligenza artificiale e quelle dei social media»,

l’altra raccomandazione di Leone XIV:

«Soprattutto, come faceva Gesù, sappiate ascoltare il grido spesso silenzioso dei piccoli, dei poveri e degli oppressi e di tanti, soprattutto giovani, che cercano un senso per la loro vita».

«Se vi prenderete cura del vostro cuore, con i momenti quotidiani di silenzio, meditazione e preghiera, potrete apprendere l’arte del discernimento», ha garantito inoltre il Pontefice: «Quando siamo giovani, ci portiamo dentro tanti desideri, sogni e ambizioni. Il cuore spesso è affollato e capita di sentirsi confusi». «Invece, sul modello della Vergine Maria, la nostra interiorità deve diventare capace di custodire e meditare», ha spiegato il Papa, che citando san Luca ha utilizzato il verbo “synballein”, che significa “mettere insieme i frammenti”.

«Guardatevi dalla superficialità, e mettete insieme i frammenti della vita

nella preghiera e nella meditazione, chiedendovi: quello che sto vivendo cosa mi insegna? Cosa sta dicendo al mio cammino? Dove mi sta guidando il Signore?», l’itinerario concreto suggerito da Papa Leone, che all’inizio della sua meditazione ha ringraziato i seminaristi, a cui si è rivolto a tratti anche in spagnolo, «per la vostra gioia e il vostro entusiasmo, perché con la vostra energia voi alimentate la fiamma della speranza nella vita della Chiesa!». 

 

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«Non c’è niente di voi che debba essere scartato», la prima indicazione ai presenti, che lo hanno salutato  con un applauso interminabile: «ma tutto dovrà essere assunto e trasfigurato nella logica del chicco di grano, al fine di diventare persone e preti felici, ponti e non ostacoli all’incontro con Cristo per tutti coloro che vi accostano. Sì, Lui deve crescere e noi diminuire, perché possiamo essere pastori secondo il suo cuore».

 «È importante, anzi necessario, fin dal tempo del Seminario, puntare molto sulla maturazione umana, respingendo ogni mascheramento e ipocrisia»,

ha detto il Papa entrando nei dettagli della formazione dei futuri sacerdoti, chiamati ad avere «un cuore mite e umile come quello di Gesù, per progredire nella maturità umana, soprattutto affettiva e relazionale». «Tenendo lo sguardo su Gesù, bisogna imparare a dare nome e voce anche alla tristezza, alla paura, all’angoscia, all’indignazione, portando tutto nella relazione con Dio», la ricetta di Leone XIV, secondo il quale «le crisi, i limiti, le fragilità non sono da occultare, sono anzi occasioni di grazia e di esperienza pasquale».

«In un mondo dove spesso c’è ingratitudine e sete di potere, dove a volte sembra prevalere la logica dello scarto, siete chiamati a testimoniare la gratitudine e la gratuità di Cristo, l’esultanza e la gioia, la tenerezza e la misericordia del suo Cuore», il mandato finale: «A praticare lo stile di accoglienza e vicinanza, di servizio generoso e disinteressato, lasciando che lo Spirito Santo “unga” la vostra umanità prima ancora dell’ordinazione». L’esempio scelto è quello di Gesù, Buon Samaritano dell’umanità, e l’invito è quello «non giocare mai al ribasso, non accontentarvi, non essere solo ricettori passivi, ma appassionarvi alla vita sacerdotale, vivendo il presente e guardando al futuro con cuore profetico».