Maria, donna di speranza
Il 15 agost celebriamo l’assunzione di Maria al cielo. La sua esistenza così umana e divina ci interpella nel quotidiano per poter assumere uno stile di vita immerso nel Mistero. Ripercorrendo alcune tappe della vita di Maria, possiamo scorgere nel suo cammino i passi da lei compiuti che rendono credibile ancora oggi la speranza.
“Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1,28), è il saluto dell’Angelo a Maria. È un’espressione tipica che indica la presenza di Dio in occasione di un incarico o di una missione da affidare, è un invito esplicito a credere con fiducia alla presenza del Signore. Maria è consapevole che il Mistero la supera e, pur rimanendo in contatto con forti emozioni, non si blocca, anzi si domanda tra sé e sé il senso del saluto e cerca Dio che abita nella profondità della sua esistenza. La libertà di Maria si gioca nella relazione con Dio da cui si sente amata e prediletta. È la fiducia in Lui che la porta a dare forma alla speranza.
Chiamata a partecipare alla realizzazione del Suo progetto, gioisce, ma non si esalta, non si sente arbitro degli accadimenti, non dimostra espressioni di onnipotenza. Maria ancora oggi indica la strada da percorrere per ritornare ad essere testimoni di vita piena: vivere le relazioni sull’esempio dell’amore Trinitario.
Donna dell’ascolto, dell’accoglienza della vita nell’attimo presente traduce il suo sì a Dio in comportamenti credibili.
Maria, dopo aver pronunciato il suo “Eccomi” a Dio, portando con sé Cristo, subito rende concreta la prossimità e la sua vicinanza alla cugina Elisabetta, andando in fretta a servirla. L’incontro tra Maria ed Elisabetta dimostra la dimensione umana di due donne che si accolgono nella gratuità alla presenza di Dio.
Maria, donna della generatività, ci fa cogliere come procedere lungo il cammino della vita con speranza: ella vive davanti al Signore con atteggiamento adorante nel cuore, considerando l’altro un dono di Dio da curare e da custodire nella concretezza.
Durante le nozze di Cana (Gv 2,1-5) Maria dimostra una grande capacità di sintesi: con uno sguardo concreto sulla situazione, si accorge che ai commensali manca il vino. Non parte da un’analisi sterile o da considerazioni parziali giudicanti, si ferma ad un dato di realtà e presenta il problema a Gesù, a cui chiede il suo intervento, mentre invita i servitori a fare ciò che Egli dirà loro (cfr. Gv 2,5).
L’attenzione al particolare coniugata con una visione globale della realtà permette a Maria di non chiudere gli orizzonti e di aprirsi a nuove possibilità. Non è spinta da vedute individuali: rimane sempre in relazione con gli altri. Struttura il tempo non a scopo difensivo, ma accogliendo e donando l’amore, poiché dà significato ad ogni momento penetrando gli avvenimenti alla presenza di Dio. Donna della speranza individua nelle difficoltà delle alternative per il bene e la cura degli altri.
Sotto la croce (Gv 19,25-27) Maria è in silenzio, avvolta dal dolore, perché anche per lei è giunta la sua ora. Nella solitudine incontra l’Altro, Gli riconosce lo spazio, interagisce e si abbandona a Lui e, in questa comunione senza riserve, continua a farsi dono, a rispondere di sé agli altri.
La sua chiamata alla maternità non termina con la morte del Figlio, infatti Gesù, ormai in croce, vedendo la madre e il discepolo che egli amava, disse a Maria: “Donna, ecco tuo figlio!” e al discepolo: “Ecco tua madre”. E da quel momento il discepolo la prese con sé.
Sulla croce, dopo aver donato tutto, Gesù compie ancora un atto d’amore, chiede a Maria la custodia di Giovanni, simbolo della Chiesa, e a Giovanni di accogliere con sé Maria. È il testamento spirituale che Gesù lascia ai credenti. Maria, che con il suo sì radicato nella fede ai piedi della croce, diviene madre della Chiesa, partecipa fino in fondo all’ora di Cristo, accogliendo in sé tutta l’umanità.
Quando pensiamo di non avere più nulla da dare, Maria ci insegna a non pensare a noi stessi, a non rimanere chiusi nel dolore, ma ad avere il cuore aperto per essere dono per gli altri,
I discepoli, dopo l’ascensione di Gesù, si riuniscono insieme ad alcune donne e a Maria nel cenacolo (cfr. At 1,12-14), luogo dove avevano celebrato con Gesù l’ultima cena. La presenza di Maria, la piena di grazia, è per loro uno stimolo per vivere con fede l’accaduto, per credere che il Signore è veramente presente nella loro vita. La Madre di Gesù li aiuta a guardare al di là del limite razionale, per scorgere l’oltre di Dio.
In questo tempo in cui siamo tentati di non vedere la luce in fondo ai nostri tunnel, perché abituati ad avere tutto e subito, Maria ci esorta a credere anche all’impossibile, perché l’ha sperimentato personalmente durante la sua vita.
Terminato il corso della vita terrena, Maria fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo: è ciò che ha proclamato il papa Pio XII nel 1950 come dogma di fede con la Costituzione apostolica Munificentissimus Deus.
Papa Francesco durante l’Angelus del 15 agosto 2016 ha detto: “L’Assunzione di Maria è un mistero grande che riguarda ciascuno di noi, riguarda il nostro futuro. Maria, infatti, ci precede nella strada sulla quale sono incamminati coloro che, mediante il Battesimo, hanno legato la loro vita a Gesù, come Maria legò a Lui la propria vita. La festa di oggi ci fa guardare al cielo, preannuncia i “cieli nuovi e la terra nuova”, con la vittoria di Cristo risorto sulla morte e la sconfitta definitiva del maligno. Pertanto, l’esultanza dell’umile fanciulla di Galilea, espressa nel cantico del Magnificat, diventa il canto dell’umanità intera, che si compiace nel vedere il Signore chinarsi su tutti gli uomini e tutte le donne, umili creature, e assumerli con sé nel cielo”.
L’esperienza di Maria ci esorta a seguire il Signore per diffondere ovunque la speranza. Solo accogliendo da lei l’invito a vivere in ogni istante quello che Gesù ci dirà, renderà sempre più umana e divina la nostra vita fondata sulla fede in Cristo in atteggiamento di prossimità verso tutti.
La certezza che dal cielo Maria continua a vegliare e ad intercedere presso il Padre per tutta l’umanità, ci rende capaci di essere sempre segni di speranza.
Diana Papa (AgenSir)