Ancora tante emozioni e riflessioni dopo l’esperienza di volontariato a Salvador de Bahia

 

Nel pomeriggio di domenica 7 settembre a Castelleone, presso il Santuario della Misericordia, vi sarà l’occasione per condividere le esperienze dell’edizione 2025 di #cosebelle: proposte estive significative rivolte ai giovani della diocesi di Cremona mettendo in sintonia quanto offerto da uffici diocesani, associazioni ecclesiali e gruppi di volontariato. Iniziative diverse per destinatari, soggetti organizzatori, periodo, stile e finalità, perché ciascuno possa trovare l’opportunità più adatta per sé o per il proprio gruppo di amici, il cui racconto – per voce dei protagonisti 0150 diventerà ulteriore occasione di crescita e formazione nel momento condiviso di Castelleone.

Tra queste proposte c’è anche il mese di servizio svolto ad agosto da alcuni giovani a Salvador de Bahia (Brasile), nella parrocchia Gesù Cristo Risorto, di cui è parroco il cremonese don Davide Ferretti (presente dal 2019, dopo aver preso il testimone da un altro cremonese, don Emilio Bellani). Un esempio concreto di gemellaggio ecclesiale e fraternità tra Chiese sorelle.

La missione di Salvador de Bahia, dopo diversi anni di servizio pastorale, è nata ufficialmente nel 2018, con l’accordo tra la Diocesi di Cremona e l’Arcidiocesi di Salvador de Bahia. Dal 2020 si è consolidata con progetti educativi, liturgici e sanitari. Ogni anno, delegazioni cremonesi visitano la missione, rafforzando il legame fraterno. La loro azione incarna il Vangelo vissuto nelle periferie del mondo.

Inoltre, don Ferretti ha potuto contare anche sulla presenza stabile di due “fidei donum” laici: dopo il cremonese Marco Allegri, da alcuni anni è presente a Salvador de Bahia Gloria Manfredini, laica cremonese impegnata in attività pastorali e sociali. Una presenza, la loro, che testimonia una dedizione costante ai bisogni spirituali e materiali della comunità bahiana, spesso segnata da povertà e violenza.

Anche quest’anno il mese di agosto è stato l’occasione per spendere un tempo di servizio all’estero. Una proposta accolta con entusiasmo da un gruppo di ragazze: Sono volate oltreoceano Francesca Viola, Yodit Bacchi, Isabel Bedeschi, Ester Ruggeri, Marta Magnaghi e Lisa Rodini, accompagnate da don Piergiorgio Tizzi. Il gruppo è stato accolto dalla comunità locale con calore e semplicità, immergendosi nella vita quotidiana dei quartieri più poveri della città. Le giornate si sono alternate tra momenti di servizio, animazione per le attività dei più piccoli, visite alle famiglie e condivisione con i coetanei del luogo. Non sono mancati tempi di preghiera, riflessione e confronto, durante i quali le ragazze hanno potuto rileggere, alla luce del Vangelo, ciò che stavano vivendo.

L’esperienza ha permesso loro di toccare con mano le contraddizioni di una realtà difficile, ma anche di scoprirne la bellezza, la forza della fede e la solidarietà concreta che unisce le persone. Hanno raccontato di essersi sentite parte di una grande famiglia, dove il poco che si ha si condivide con generosità. L’incontro con volti, storie e sorrisi ha lasciato un segno profondo nei loro cuori, aprendo nuove domande e desideri. Un’esperienza che, come loro stesse hanno affermato, «ha cambiato dentro».

«Per me l’esperienza in Brasile – afferma Marta Magnaghi, bergamasca di Arcene che si è unita al gruppo diocesano – è stata un’occasione per venire a contatto con un modo di vivere che non conoscevo, l’opportunità per capire di più le varie sfaccettature che differenziano le vite delle persone. In Brasile ci siamo relazionate con persone di una cultura diversa, con le quali abbiamo condiviso momenti, non certo sufficienti per conoscerci a fondo, ma abbastanza per cogliere ognuno qualcosa dell’altro, scoprendo che lì ci sono difficoltà che noi nella nostra vita quotidiana non siamo abituati ad affrontare, ma nonostante questo percependo sempre di essere accolti».

«È stata – le fa eco Isabel Bedeschi, dell’unità pastorale Madre di Speranza di Cremona – un’esperienza unica, che ci ha fatto conoscere una realtà diversa dalla nostra. Una realtà che, pur nelle difficoltà, è riuscita ad accoglierci al meglio che poteva. Una realtà fatta di persone disponibili e sempre pronte ad entrare in relazione con noi, con luoghi e cibi straordinari che una volta nella vita bisogna provare. Un’esperienza che, oltre a essere stata formativa per il nostro essere, è riuscita a formarci un’idea su una realtà diversa dalla nostra. Per questo dico che è un’esperienza sicuramente da rifare».

Le relazioni hanno avuto ruolo fondamentale. «L’esperienza in Brasile – sottolinea Francesca Viola, dell’unità pastorale Cafarnao di Vescovato – ci ha permesso di assaporare una nuova realtà, spogliandoci della nostra visione occidentale, e di avvicinarci ogni giorno di più alle persone che vivono il bairro. Abbiamo conosciuto bambini, ragazzi e persone anziane che lasciavano trasparire la loro ospitalità e umanità, nonostante le difficoltà che tutti i giorni affrontano. Quello che più mi è rimasto nel cuore è stato l’abbraccio di una bambina, alla fine dell’allenamento di danza: io non la conoscevo, era il primo giorno che noi sconosciuti eravamo in parrocchia, era la prima volta che vedevo l’allenamento. Eppure, una volta terminato, è venuta ad abbracciarmi».

Quella di Salvador de Bahia e della favela è certamente una realtà complessa, come ha potuto constatare anche Ester Ruggero di Fontanella: «L’esperienza in Brasile mi ha colpita per i suoi forti contrasti: la bellezza della natura e l’accoglienza delle persone convivono con la povertà e le difficoltà quotidiane. Ricordo la musica che riempiva le strade del bairro e i sorrisi dei bambini, sempre desiderosi di essere visti e accolti. È stato davvero bello vedere la creatività di Gloria al doposcuola, nel laboratorio di pittura e al nido: trasformava anche i materiali più semplici in attività fantasiose ed educative che regalavano momenti di allegria e stupore ai tanti bambini che la comunità accoglie. Grazie all’aiuto di don Davide abbiamo avuto la possibilità di approfondire il vissuto delle persone del bairro e ci siamo resi conto di quanto ogni giorno sia una sfida che è necessario affrontare con resilienza».

«La missione in Brasile – aggiunge la cremonese Lisa Rodini, di Cristo Re – non è stata solo l’occasione per incontrare un nuovo mondo, ma anche una lezione ad andare oltre quello vecchio, adattandoci a dinamiche altrui senza giudicarle. Al di là dei posti visti, abbiamo toccato con mano l’accoglienza e l’umanità delle persone del bairro, che, tanto quanto le problematiche e i contrasti, fanno parte dell’identità di questi quartieri. Nonostante la tenerezza dei bambini, ciò che mi ha colpito di più sono stati gli anziani, contenti anche solo del fatto che noi sconosciuti fossimo lì nelle loro case a passare del tempo con loro e commossi perché c’è ancora qualcuno come don Davide e Gloria che non li ha dimenticati».

«L’esperienza in Brasile è stata un frullatore di emozioni, pensieri, informazioni nuove… – confessa Yodit Bacchi di Ossolaro – È difficile raccontare qualcosa, perché le parole sembrano sempre troppo banali, troppo semplici per racchiudere la complessità di ciò che si è vissuto. La parola che forse riesce a riassumere meglio l’esperienza è “condivisione”: di vite diverse, di modi di credere e di vivere la parrocchia, familiari ma differenti, di piccoli momenti di vita quotidiana, di speranze e paure che assumono tutt’altro significato in un mondo che non puoi capire se rimani aggrappato alle tue convinzioni. Un grande grazie quindi a don Davide, a Gloria, ai ragazzi e a tutte le persone che ci hanno accolto e ci hanno fatto sentire un po’ più a casa anche a 8mila km di distanza».

«Mentre camminavo per le strade del bairro di quella grande città – ricorda don Piergiorgio Tizzi, vicario dell’unità pastorale Madre della Speranza di Cremona – o sostavo di fronte all’oceano di casette (preferisco questo termine rispetto a quello un po’ pregiudizievole di baracche o favela), che si affacciano su una baia meravigliosa dal punto di vista naturalistico, penso che mi animassero gli stessi pensieri e le stesse amozioni dei primi occidentali che esplorarono quelle terre: ovvero la sensazione di trovarsi di fronte all’enormemente grande, un infinito che può atterrire i saggi che accolgono con umiltà la propria piccolezza, come anche eccitare i superbi che pensano di poterlo dominare e ridurlo agli orizzonti delle proprie impressioni individuali. Grazie al servizio semplice di don Davide e di Gloria, io e le mie compagne di viaggio siamo poi entrati in contatto con le persone che frequentano la parrocchia e abitano in quel quartiere, sperimentando come a ogni latitudine ogni uomo e donna siano chiamati a rispondere agli stessi interrogativi e ad assumere le stesse responsabilità verso se stessi e gli altri, abitando una società che è attraversata da contraddizioni come quella italiana (a onor del vero più problematiche rispetto a quelle nostrane), ma con una differenza: la presenza di tantissimi bambini e giovani».