Insegnanti, testimoni di speranza e di cura nell’epoca del digitale e dei conflitti

Si è tenuto presso il Seminario Vescovile di Cremona l’incontro giubilare dedicato agli insegnanti, che ha vissuto su tre momenti. Il primo, che si è svolto presso il salone Bonomelli, è stato animato da Alessandra Carenzio, Professoressa Associata di Didattica presso l’Università Cattolica.

«Questa sera – ci ha detto prima di salire sul palco – insieme alle insegnanti e agli insegnanti proveremo a lavorare attorno al tema della speranza e della cura, che sono due parole che vanno insieme, perché non c’è cura senza speranza e non c’è speranza senza cura. Sono elementi che vanno insieme, e che sono parte integrante del lavoro dell’insegnante insieme alla disciplina, al “sapere sapiente”, alla metodologia, all’ascolto, all’osservazione».

Aspetti centrali dell’insegnamento che devono essere costantemente alimentati, perché la cura e la speranza sono elementi interdipendenti e fondamentali per la professione dei docenti, specialmente in un periodo storico complesso, caratterizzato dall’impatto dei social media e degli eventi socio-politici.

In apertura la professoressa ha presentato ai docenti l’attività del CREMIT – Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia, del quale fa parte. «Siamo nati su sollecitazione dell’ufficio scolastico regionale – ha detto – e ci occupiamo di riflettere sul digitale non solo come strumento, ma come parte del nostro tessuto culturale e relazionale. Lavoriamo in sintonia con gli insegnanti e con la scuola».

Nella sua esposizione la Professoressa Carenzio ha spiegato che la cura non è fatta di gesti eccezionali, ma di attenzioni quotidiane e concrete: uno sguardo, un sorriso, una routine. Piccole azioni che creano sicurezza, fiducia e un clima positivo di apprendimento. La cura, però, non è immobile: cambia con il tempo e con le fasi della crescita, trovando sempre nuove forme per restare viva.

È tuttavia fondamentale che la cura non diventi controllo o possesso: essa è autentica solo se lascia spazio e si fonda sulla fiducia. La relatrice ha poi sottolineato che la relazione educativa è necessariamente asimmetrica, poiché l’insegnante deve essere guida, ma anche reciproca, poiché chi insegna non solo cura, ma riceve cura dagli studenti.

Il punto cardine dell’esposizione ha toccato il tema della cura di sé.
Un insegnante non può davvero prendersi cura dei propri discenti se non coltiva il proprio benessere fisico, emotivo e spirituale. La cura di sé non è un lusso né una questione estetica, ma una responsabilità professionale che permette di prevenire il burnout e di mantenere viva la motivazione.

Le esperienze più significative, ha spiegato, si sono realizzate nelle scuole e nelle comunità educative che hanno creato spazi e pratiche per sostenere sia studenti che docenti. In questo modo, la scuola diventa non solo luogo di apprendimento, ma anche di crescita reciproca, alimentata da fiducia e speranza.

Su questo punto la Carenzio ha citato il pedagogista brasiliano Paulo Freire, che ebbe a dire che insegnare richiede speranza, perché se non si ha fiducia nel cambiamento delle persone, la cura e l’educazione perdono significato.

Il Giubileo della scuola, ha concluso, è un’occasione per coltivare speranza, fiducia, corresponsabilità e passione educativa, in un contesto sociale fragile e con adulti spesso in difficoltà nel ruolo educativo. Per questo è fondamentale che gli insegnanti sappiano essere guide ed esempi positivi. Anche le neuroscienze, ha sottolineato, confermano che l’apprendimento avviene per esperienza, ripetizione e soprattutto imitazione, grazie al lavoro dei neuroni specchio. Gli insegnanti, quindi, sono chiamati a essere testimoni concreti di cura e speranza, più che a trasmetterle soltanto a parole.

Per arrivare a questo, ha esortato, occorre fare rete tra colleghi e non lavorare in compartimenti stagni, perché la cura richiede tempo e condivisione. Bisogna inoltre superare lo stereotipo della cura come prerogativa esclusivamente femminile, riconoscendo il valore educativo di maestri e maestre. La cura autentica nasce quando ciascuno si sente seguito e riconosciuto, dentro una comunità scolastica corresponsabile.

Molti gli spunti e le domande arrivate dai docenti presenti in sala, che hanno anche partecipato a un momento di elaborazione condivisa, che è poi continuato durante la cena. In questo secondo momento dell’incontro giubilare gli insegnanti hanno ricevuto una frase per ciascun tavolo, da elaborare insieme durante la cena. Piccoli frammenti tratte da opere di pedagoghi, studiosi ed esperti dell’insegnamento che hanno preceduto il terzo ed ultimo momento, che si è tenuto presso la chiesa del Seminario la preghiera giubilare con il Vescovo.