Commemorazione dei defunti. Il Vescovo: «Memoria in prospettiva di salvezza»
Indossando i paramenti viola, il vescovo e i sacerdoti – i canonici del Capitolo e il rettore della Cattedrale – hanno fatto il loro ingresso sulle note dell’Eterno riposo, che riprende le parole del Salmo, per dare inizio alla Messa nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti. Quest’anno il 2 novembre cade di domenica, «bellissima coincidenza», che avviene ogni sette anni, come ha ricordato il vescovo Antonio Napolioni all’inizio della liturgia, «e che dà il vero senso del nostro sguardo nei confronti di uomini e donne delle generazioni che ci hanno preceduto».
Proprio sul “fare memoria” si è soffermato il vescovo nell’omelia. Una memoria che potrebbe essere anche divisiva: «Una memoria conflittuale, di parte e non riconciliata semina solitudine, – ha messo in guardia il vescovo – vizia il nostro giudizio. Addirittura, alimenta l’odio tra le persone, tra i popoli. Anche in Italia, nella nostra terra!». «E invece il Signore ci chiama: ci attira a sé come una calamita d’amore incandescente per fare di noi, come ha promesso, una cosa sola». Il cuore di Dio è come «una fornace che trasmette vita eterna»; e la memoria dell’Eucarestia rende questo giorno, di solito un po’ più melanconico, ricco di gratitudine per gli esempi, gli affetti e tutto ciò che si è ricevuto da chi ci ha preceduto».
Monsignor Napolioni ha sottolineato, infatti, come commemorare significhi portare avanti quell’eredità storica – personale, famigliare – in una prospettiva di salvezza. «C’è un unico Grande Vivente nel quale le nostre piccole vite si incastonano come gemme di un grande gioiello. Commemorare significa dunque guardare al Signore Gesù e dirgli grazie perché averci spalancato le porte del cielo, della vita eterna. E dunque la morte non ci fa più quella paura tremenda».
I cari defunti sono così tanti che non si possono contare. «Questo popolo è tutto nel cuore di Dio, toccato dalla grazia, dalla tenerezza del padre. Che si ricorda di noi», ha aggiunto il vescovo. «Eccola la commemorazione più potente, non solo quella che facciamo tra noi. Evitando separazioni, confronti, precedenti, esclusioni. Non ci riusciamo: spesso anche al cimitero si vedono le differenze tra le caste. La vera commemorazione è quella che nel cuore di Dio avviene con la sua memoria».
Non un Dio contabile né algoritmico, che guarda ai numeri e alle colpe, ma che si schiera dalla parte dell’umanità desiderosa di riconciliazione. «E allora non dobbiamo temere se noi o tanti altri ci presenteremo a Lui con delle colpe, con conti in sospeso, con gravi macchie nell’anima. Il Signore continuerà a purificarci nella sua memoria. E accanto a lui chi c’è a darci sicurezza? Lo sguardo di Maria, per alimentare la nostra speranza di arrivare tutti insieme in questa Casa dove la memoria per le meraviglie di Dio ci sazierà all’infinito».