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Blasfemia al “Cremona Pride”. Il Vescovo: «Esprimo dolore, mio e della comunità cristiana»

All’indomani della manifestazione “Cremona Pride” tenutasi sabato 4 giugno in città, raccolgo lo sconcerto di numerosi cittadini, credenti e non credenti, per la presenza di immagini offensive ed evidentemente blasfeme, che non possono avere alcun valore educativo o comunicativo di valori e diritti. Sono gesti che non fanno bene a nessuno, e che feriscono anche i tanti che si stanno impegnando con reciproco rispetto per una società senza discriminazioni.

Esprimo il dolore mio e della comunità cristiana, nel desiderio di imparare sempre dalla Madre di Dio e dell’umanità uno sguardo di accoglienza, comprensione e riconciliazione verso tutti. La Chiesa cremonese, impegnata in un aperto dialogo sinodale con tante voci ed esperienze delle proprie comunità e della società civile, alimenterà nella preghiera l’ulteriore impegno di annuncio e dialogo, che questi tristi episodi non hanno la forza di intaccare.

+ Antonio, vescovo




Inventiamo un altro “Monopoli” che ci appassioni all’equità




Pentecoste in Cattedrale: primo compito della Chiesa è l’unità

«Come gli Apostoli, usciamo dal nostro cenacolo e andiamo ad evangelizzare il mondo». Questo l’invito che il presidente del Capitolo della Cattedrale di Cremona, mons. Ruggero Zucchelli, ha rivolto ai fedeli durante la solenne celebrazione nel giorno di Pentecoste.

Domenica 5 giugno, infatti, la Messa delle 11in Duomo è stata presieduta da Zucchelli, a pochi giorni di distanza dai festeggiamenti per l’anniversario della dedicazione della chiesa madre della diocesi.

Ed è proprio di Chiesa che il presidente del Capitolo ha parlato nella sua omelia, facendo  riferimento al brano degli Atti degli Apostoli proposto dalla liturgia del giorno: «Viviamo in un mondo di profonde divisioni ‒ ha commentato ‒ anche nella Chiesa. Spesso le nostre comunità faticano a vivere in armonia. Ma non dimentichiamo che realizzare l’unità è il primo compito di ogni cristiano e di ogni uomo».

Unità che non è mai fine a se stessa, secondo mons. Zucchelli, perché con la Pentecoste «comincia la missione proclamata dal Signore nel giorno della sua Ascensione: annunciare al mondo la sua Parola. Si tratta di una missione sconfinata, che supera le nostre forze. Proprio per questo motivo, oggi, siamo invitati a rendere grazie a Dio che ci ha donato il suo Spirito per sostenerci e accompagnarci».

Centralità dell’azione del Padre e testimonianza da parte dei credenti. Intorno a queste due dinamiche ruota la festa di Pentecoste, «che non è semplice memoria ‒ ha concluso mons. Zucchelli ‒ ma occasione di preghiera, riflessione e rendimento di grazie per la presenza di quel fuoco capace di riscaldarci e illuminarci, affinchè ciascuno di noi possa scoprire in quale modo il Signore lo chiami a portare avanti la missione della Chiesa».

Con la festa di Pentecoste si è chiuso, a livello liturgico, il tempo di Pasqua, con la comunità cristiana che, da ora in avanti, sarà chiamata a continuare a vivere ed annunciare, nella propria quotidianità, la Buona Notizia che il Risorto ha affidato ai credenti di ogni tempo.




Alla Casa delle Arti e del Gioco Mario Lodi continua a fare scuola




Ci troviamo (ancora) all’oratorio tra bar, campetto e chiesa




E se restassimo a guardare mentre toccano, sporcano, assaggiano…




Un pettine per aiutare le donne a sciogliere i nodi dell’azzardo




La mia porta dei sogni




Attentato di Pentecoste, il dolore della comunità nigeriana a Cremona: «Nel nostro Paese si rischia la vita ogni giorno»

«Siamo scoraggiati davanti alla sparatoria avvenuta in Nigeria durante la festa di Pentecoste». Parla con voce triste padre Patsilver, sacerdote nigerino guida spirituale della comunità africana anglofona a Cremona. «Siamo affranti perché è uno dei tanti soprusi a cui la popolazione è soggetta ogni giorno». La voce è rotta da una sorta di rassegnazione che a tratti diventa voglia di gridare al mondo il disagio vissuto dal suo popolo.

«Non vengono mai individuati colpevoli, pare che non ci sia voglia di una svolta da parte delle autorità». Ed ecco che ad un tratto la rassegnazione lascia spazio ad una denuncia. «Tutto il mondo deve sapere – aggiunge don Patsilver – che non si tratta di un caso isolato. Ovunque in Nigeria si rischia la vita sempre. Io stesso sono tornato qualche tempo fa nella mia terra, nella parte orientale della Nigeria, per festeggiare i 90 anni di mia mamma con le mie sorelle. Non potevo uscire dopo le 18 di sera. C’è da avere paura. Nessuno è sicuro».

Un quadro politico e socio religioso complicato che emerge da un racconto segnato dal dolore. «Non si tratta solo di scontri religiosi, ma tra tribù per il potere sul territorio». Le cronache parlano di scontri tra pastori nomadi Fulani, per lo più islamici e agricoltori Yoruba, stanziali e cristiani. Ma tutto effettivamente resta poco chiaro. «È una situazione complessa», conferma il padre che appartiene alla comunità di San Paolo.

Al Migliaro da gennaio, ogni quarta domenica del mese si ritrova la comunità anglofona dei nigeriani. «Stiamo muovendo i primi passi, per ora siamo poco più di una ventina ma anche perché la gente non sa che esiste questa comunità», spiega la loro guida spirituale. Il giorno di Pentecoste avevano celebrato alle 11 e poi tornati nelle loro case hanno appreso come tutti dai tg la notizia. «Ci siamo subito sentiti al telefono. Eravamo turbati e tristi».

Rapimenti e uccisioni pare siano all’ordine del giorno ma lo sconforto per un futuro che pare incerto prevale ogni volta che irrompono nelle loro vite queste notizie. «Qui a Cremona le famiglie nigeriane con i bambini sono ben inserite ma non possono che guardare con preoccupazione al loro Paese d’origine dove la pace sembra non trovare mai casa perché manca una volontà di cambiamento». Resta il conforto della preghiera, unica speranza insieme alla denuncia.




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