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“Mi sacrifico … ma anche no!”, sabato ad Arzago Claudia Koll apre il percorso quaresimale

Un ciclo di incontri quaresimali sul tema del sacrificio. È la proposta che accompagnerà, nel cammino in preparazione alla Pasqua, le comunità di Arzago d’Adda e Casirate d’Adda, guidate da don Matteo Pini. Una serie di occasione di condivisione e riflessione che sarà aperta, nella serata di sabato 4 marzo alle 21 nella chiesa di Arzago dalla testimonianza dell’attrice Claudia Koll. Tutti i successivi incontri si svolgeranno nei martedì sera successivi in oratorio, sempre alle ore 21. Ecco il programma degli incontri.

 

Sabato 4 marzo – Claudia Koll: Senso di vuoto oppure vita piena? Il sacrificio della conversione
La prima tappa degli incontri dal titolo “Mi sacrifico… ma anche no!” è in programma la sera di sabato 4 marzo alle 21 nella chiesa di Arzago d’Adda. Porterà la sua testimonianza di conversione la celebre attrice Claudia Koll. Conosciuta per film e fiction, la sua è stata una esperienza di riscoperta della fede che l’ha portata a fondare la onlus Le opere del padre. L’attrice romana parlerà della sue esperienza missionaria verso le persone che soffrono fisicamente e psicologicamente.

Martedì 7 marzo – don Angelo Maffioletti: Castigo oppure prova d’amore? Il sacrificio nella Bibbia e nell’arte

Il secondo incontro sarà martedì 7 marzo alle 21 nell’oratorio di Arzago e avrà come relatore don Angelo Maffioletti. Il parroco di Antegnate attraverso anche la propria sensibilità e competenza artistica analizzerà il tema del sacrificio nella Bibbia e nell’arte.

Martedì 14 marzo – Voci dall’Ucraina: Fuggire oppure testimoniare? Il sacrificio nella guerra 

Una settimana dopo, martedì 14 marzo alle 21 sempre in oratorio, vi sarà una serata per riflettere su temi di grande attualità. Si parlerà di guerra attraverso Voci dall’Ucraina, podcast realizzato da don Maksym Ryabukha, prete salesiano direttore della casa Maria Ausiliatrice di Kiev. Pubblicato da Cube Radio, il podcast mette in risalto le storie di aiuto, sacrificio e fratellanza che per i motivi sbagliati si fanno sempre più frequenti nelle zone di guerra.

Martedì 21 marzo – Associazione Retrouvaille: Lascio o raddoppio? Il sacrificio nel perdono

Martedì 21 marzo la testimonianza sarà invece affidata all’associazione Retrouvaille, un servizio esperienziale per coppie in crisi (sposate o conviventi) che soffrono gravi problemi di relazione, che sono in procinto di separarsi o già separate o divorziate, ma intendono ricostruire la loro relazione d’amore lavorando per salvare il loro matrimonio in crisi, ferito e lacerato.

Martedì 28 marzo – Gruppo giovani di Agnadello: Ibiza o Lourdes? Il sacrificio visto dai giovani

Ultima tappa del percorso quaresimale sarà l’incontro, che si terrà sempre nell’oratorio di Arzago d’Adda alle 21, di martedì 28 marzo. Il gruppo dei giovani di Agnadello offrirà un’analisi su come viene intesa oggi la missione del sacrificio, soffermandosi in particolar modo sull’esperienza della fede agli occhio di un giovane, a partire anche dall’esperienza di volontariato a Lourdes.

 

La locandina del percorso quaresimale




In Cattolica con il rabbino Rav David Elia Sciunnach una viaggio nella tradizione kosher

L’importanza simbolica del cibo è una caratteristica che accomuna tutte le religioni, ma ognuna di esse esprime il suo valore spirituale attraverso tradizioni e riti molto differenti. Per scoprire ed analizzare le abitudini alimentari delle varie confessioni, il Centro pastorale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona ha dato inizio giovedì 23 febbraio al percorso “Le religioni a tavola”, nel quale durante il tempo quaresimale esponenti delle diverse religioni (ebraica, islamica, hinduista e cristiana) mostreranno come la propria tradizione spirituale interpreta e valorizza gli alimenti.

A dare il via, guardo alla religione ebraica, iè stato Rav David Elia Sciunnach, rabbino capo di Ancona e Parma, assistente rabbino capo di Milano e presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia. Al suo fianco don Maurizio Compiani, assistente di Santa Monica, e il professor Lorenzo Morelli, direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare Sostenibile, DiSTAS.

Dopo una breve introduzione del professor Morelli, ha preso la parola il rabbino Sciunnach, raccontando che cosa sta dietro alla complessa e minuziosa preparazione degli alimenti kosher, ovvero quei prodotti che caratterizzano il nutrimento e formano i pasti di un ebreo ortodosso. «Kosher significa “adatto”, un alimento kosher è quindi adatto e conforme a quello che c’è scritto nella Bibbia – ha spiegato il rabbino –: un ebreo deve evitare ogni pietanza che non è stata preparata secondo questo procedimento». L’attenzione è andata poi agli animali che si possono e che non si possono mangiare, sottolineando che «fra i mammiferi è possibile consumare carne di mucca, di vitello, di pecora e di capra, ovvero di quegli animali denominati “dallo zoccolo fesso”, cioè spaccato in due, tutti gli altri sono vietati. Per quanto riguarda i volatili, un ebreo ritiene kosher solamente quelli da cortile. Sono da evitare soprattutto i rapaci con l’artiglio. I pesci per essere mangiati devono avere pinne e squame, è quindi chiaro che molluschi o invertebrati non facciano parte dei cibi consentiti, e lo stesso divieto vale anche per tutti gli insetti».

La realtà del cibo kosher non si ferma però alla distinzione di animali adatti e non adatti, ma si addentra anche in alcuni aspetti più complessi. Infatti «un ebreo non consuma il sangue degli animali, che è considerato il simbolo della sua anima – ha continuato il rabbino Sciunnach –. Per questo durante la macellazione si lascia che il corpo si dissangui completamente, seppellendo poi il sangue per reintrodurlo alla terra dal quale è venuto. Anche l’uccisione dell’animale segue alcune regole molto specifiche: essa deve essere fatta da un rabbino che abbia sperimentato il dolore della lama sulla sua mano, così da comprendere che l’animale non deve assolutamente soffrire nel processo. Così la carne kosher di prepara con un taglio netto e preciso». La preparazione del cibo ebraico non è solamente fatta di processi da seguire, ma è caratterizzata anche da un perenne e severo controllo da parte di ebrei praticanti e credenti, che si assicurino così che la produzione di ogni alimento sia adatta e conforme alla legge.

Quando un ebreo inizia a consumare il pasto c’è una regola molto importante da seguire, che caratterizza la produzione kosher in ogni aspetto. Il rabbino ha infatti dimostrato che «non bisogna mescolare fra di loro tipi di carne diverse o di mescolarle con i latticini: ogni alimento di derivazione animale deve essere consumato nella sua semplicità, proprio per questo è necessario aspettare il tempo della digestione per poter mangiare un nuovo tipo di carne o di latticino». La tradizione ebraica è tanto rigorosa quanto antica, ma si fonda sul rispetto delle altre specie viventi in quanto creature di Dio, e disdegna ciò che nelle scritture è definito impuro.

Ascolta l’intervento del rabbino Rav David Elia Sciunnach

Il prossimo incontro sarà venerdì 3 marzo, sempre alle ore 16.30 nell’aula maglia dell’Università Cattolica di Cremona, parlando di «Cibi Halal e Haram. L’islam a tavola». Interverranno l’imprenditore ‘Abd Al-Sabur Turrini, dell’Unione islamica italiana, e padre Paolo Nicelli del Pime, professore di Studi arabi ed Islamistica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano e di Teologia presso l’Università Cattolica del S. Cuore.




A Cristo Re festa a sorpresa per il vescovo Enrico

Per i fedeli della parrocchia di Cristo Re, nel quartiere Po di Cremona, quella del 5 febbraio è stata una mattina carica di emozioni e gioia per una notizia che da qualche giorno ha cambiato la vita di don Enrico Trevisi, l’elezione a vescovo della diocesi di Trieste. Quella di domenica è stata la sua prima celebrazione festiva in parrocchia dopo la notizia della nomina e i festeggiamenti non sono certo mancati.

In chiesa la Messa delle 11.15, presieduta proprio da don Enrico; all’esterno sul piazzale i preparativi per la festa: con aperitivo in piazza per l’intera comunità. Un grande striscioni ringraziava il parroco per gli anni di ministero in parrocchia, al grido di «Congratulazioni, vescovo Enrico!».

Una sorpresa tutt’altro che attesa, ma certamente accolta di buon grado. La riprova di ciò i lunghi abbracci e le parole cariche di sorrisi e commozione che don Enrico ha condiviso con tutti i presenti. Una dimostrazione dell’affetto e del legame che nel corso degli anni si è creato e che certo non si affievolirà in seguito alla sua partenza, ma al contrario rimarrà forte e saldo. Bambini, giovani, adulti ed anziani si sono tutti riuniti nel piazzale della chiesa, ognuno con una storia diversa da raccontare per ricordare i bei momenti passati con don Trevisi nella parrocchia di Cristo Re.

«Sono sorpreso e felice della bella sorpresa che ho trovato questa mattina. Devo dire che sono proprio contento di vedere così tanta gente dove ci si vuole bene – racconta don Enrico Trevisi ai microfoni di TeleRadio Cremona Cittanova –. Mi ricordo di un regalo che i miei studenti mi fecero nel mio venticinquesimo anniversario da sacerdote: un quadro con scritto “dove ci siamo inizia il paradiso”. Questo è il significato di questo momento. Però è necessario, ad un certo punto, andarsene per poter vivere il Vangelo, un momento che capita alla vita di ogni cristiano». Riferendosi poi all’omelia da poco conclusa ha aggiunto che «è come quando ci confessiamo: nello stesso momento c’è il dolore nel ricordare i peccati commessi, ma subito arriva la gioia per il perdono del Signore, e così è anche la mia partenza, chiaramente dolorosa, ma al contempo ricca di gioia e di fede».

Un messaggio di saluto a don Trevisi dopo l’elezione a vescovo è stato letto al termine di tutte le celebrazioni domenicali, in attesa di organizzare il saluto ufficiale e accompagnare la sua ordinazione e il suo insediamento a Trieste.

 

Spiritualità, apertura e attenzione agli ultimi, gratitudine e un velo di tristezza nel saluto di Cristo Re a don Enrico Trevisi nominato vescovo di Trieste




Nell’unità pastorale Santa Maria della Pace la visita del Vescovo, don Conti: «Quando nella Chiesa sappiamo che il nostro pastore ci guida, questo ci permette di prendere coraggio»

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«La nostra comunità vuole ringraziare il Vescovo per aver fatto un cammino insieme a noi, per averci donato parte del suo tempo, ma soprattutto per averci consolati e stimolati a fare un cammino insieme. Quando nella Chiesa sappiamo che il nostro pastore ci guida, questo ci permette di prendere coraggio». Con queste parole don Ettore Conti, affiancato dai collaboratori pastorali don Luigi Carrai e don Paolo Tonghini, al termine della celebrazione che domenica 29 gennaio a Scandolara Ravara ha concluso i tre giorni la visita pastorale del vescovo Antonio Napolioni nell’unità pastorale “Santa Maria della Pace”, formata dalle parrocchie di Ca’ de’ Soresini, Castelponzone, Cingia de’ Botti, Motta Baluffi, San Martino del Lago, Scandolara Ravara, Solarolo Monasterolo e Vidiceto.

Il primo momento d’incontro che ha dato il via all’itinerario di incontri con la comunità si è svolto presso la Fondazione «Elisabetta Germani» di Cingia de’ Botti, dove fra i reparti gli ospiti hanno accolto il Vescovo fra saluti, cartelloni di benvenuto e lavori di cucito preparati a mano appositamente per quella giornata. Il presidente della fondazione Enrico Marsella ha raccontato dell’esperienza, spiegando che «la presenza del Vescovo ha un significato molto importante, ha portato parole di vicinanza e conforto ai nostri ospiti che hanno apprezzato molto la sua visita. Oggi si sono ricordati ancora una volta i valori che fondano l’eticità della nostra struttura, la dottrina sociale della Chiesa mette al primo posto l’importanza della persona, e i nostri operatori la vedono come il principio verso il quale ispirarsi».

 

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Sono stati particolarmente significativi anche gli incontri di sabato 28 gennaio con la realtà amministrativa dei vari paesi, insieme ai sindaci e agli imprenditori che operano come motore e colonna portante delle comunità, fino ad arrivare ai momenti di condivisione di idee ed esperienze che han visto come protagonisti i giovani, che con il Vescovo si son riuniti per lasciare libertà al dialogo costruttivo e sincero che caratterizza la vita di ragazzi e ragazze, concludendosi nella spensieratezza di una cena fatta in compagnia, fra risate e giochi che si sono protratti per il resto della serata.

Una particolare attenzione è stata rivolta alle singole comunità delle numerose frazioni che formano l’unità pastorale, ognuna di esse ha infatti potuto trovare un momento per incontrare il vescovo Napolioni durante i momenti di preghiera e durante le celebrazioni che si sono tenute su tutto il territorio fra venerdì, sabato e domenica.

Una tre-giorni fondata sull’ascolto e sulla condivisione, con numerosi appuntamenti che si sono alternati nelle giornate da venerdì fino a domenica, in un itinerario che ha portato il Vescovo non solo a visitare, ma proprio a vivere le comunità dell’unità pastorale, nell’incontro con i giovani e gli anziani, con i fedeli e le autorità civili.

«Tornando a casa mi metterò a riflettere su quello che abbiamo vissuto – ha affermato il Vescovo al termine della Messa di domenica – e nei prossimi giorni vi manderò una lettera che contiene i suggerimenti che abbiamo maturato, che contiene le piste su cui camminare», concludendo con l’augurio che la comunità, insieme al parroco e ai collaboratori pastorali possa continuare ad impegnarsi nella via della condivisione, strada giusta e necessaria da percorrere.

 

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La «Luce della Pace di Betlemme» accolta a Cremona sotto la Bertazzola

Puntuale alle 17 di sabato pomeriggio la “Luce della pace di Betlemme” ha fatto il suo ingresso in piazza del Comune, a Cremona, sotto la Bertazzola della Cattedrale, accompagnata dai fedeli e dagli incaricati delle comunità scout Masci di Cremona che con costanza e dedizione si sono impegnati e si impegnano tuttora a portare la fiamma che da secoli arde a Betlemme alla cittadinanza cremonese.

Il viaggio che ha condotto la luce sacra fino in Italia ha attraversato due continenti, 10 paesi, e ha coperto più di 3700 chilometri. Infatti, come da tradizione, una delegazione di scout austriaci si è recata fino a Betlemme nella Basilica della Natività, all’interno della quale ha attinto alla fiamma che da secoli arde nel punto che vide la nascita di Gesù, e che grazie all’altruismo e alla generosità delle donazioni rimane accesa e luminosa. «Luce della Pace» raggiungerà tutti gli stati d’Europa, e fra di loro anche l’Italia. Così è stata portata su un treno che, partito da Trieste, ha raggiunto Milano e Bologna. Fra le tappe anche la città del Torrazzo, dove la fiamma, raccolta a Brescia dagli scout Masci, ha poi raggiunto la piazza del Comune fino a entrare nella Cattedrale, in occasione della Messa delle 18, in attesa che il viaggio continui nei luoghi dove più c’è bisogno del calore e dell’amore del Signore.

In testa al corteo la responsabile degli scout Masci di Cremona Elisabetta Manni Rodini, che dopo la prima tappa nella chiesa di San Girolamo si è diretta in piazza del Comune, dove ad attenderla era presente anche il vescovo Antonio Napolioni che, dopo un momento introduttivo, ha chiamato i presenti ad attingere al fuoco di Betlemme per poi pregare davanti alle candele accese.

«La luce di Cristo viene da noi per indicarci il cammino che porta verso la pace – ci ha detto Enrico Gabbioneta, della comunità Masci Cremona 2 -. Pace è una parole che a volte sembra essere usata in maniera troppo leggera o addirittura incorretta, il suo significato non si limita al disdegno della guerra, ma deve porre l’attenzione sull’importanza del rispetto, verso le altre persone e verso ogni altra forma di vita, è necessario darsi da fare per poterla portare in tutto il mondo».

Essere costruttori di pace, essere uomini e donne che operano per la pace. Il tema che quest’anno ha fatto da eco alla preghiera è “Uniamo tutte le nostre forze per costruire la pace”, uno slogan che dimostra che il lavoro da compiere è comunitario, non individuale, ogni singolarità deve impegnarsi affinché il mondo possa diventare un posto più equo e più giusto, dove la fede verso il Signore sia una fiamma accesa che non si spegne mai.

Negli stessi momenti la “Luce della Pace di Betlemme” è stata accolta a Cassano d’Adda. Una fiamma che ciascuno potrà portare nelle case e nelle comunità, coinvolgendo anche altre persone e realtà.

In particolare nel fine settimana gli scout adulti del Masci la porteranno a Cremona in diverse parrocchie della città (San Bernardo, Cristo Re, San Michele, Sant’Agostino, Picenengo); martedì 20 dicembre alle 18.30 in Seminario, giovedì 22 alle 16 alla Fondazione La Pace e sabato 24 dicembre alle 16 nella chiesa dell’Ospedale.

 

L’origine dell’iniziativa

Nella Chiesa della Natività di Betlemme c’è una lampada a olio che arde perennemente da lungo tempo, probabilmente già qualche secolo dopo la venuta di Cristo. La lampada è posizionata sul punto ove si presume sia stata la mangiatoia nella quale fu messo il Salva­tore in fasce. La lampada è alimentata dall’olio donato dalle nazioni cristiane, una volta all’anno, a turno: Cristo, Luce delle genti, continua ad irradiare la sua Parola da Betlemme nel mondo intero.

Il viaggio della Luce della pace di Betlemme è iniziato nel 1986 per iniziativa degli scout austriaci. Di anno in anno, proprio grazie a questa associazione, è cresciuta la partecipazione e l’entusiasmo in ogni parte d’Europa. In Italia la Luce è arrivata subito nel 1986 a opera degli scout del Sud Tirol: la diffusione della fiammella, per alcuni anni limitata al territorio dell’Alto Adige, si è propagata presto anche nel resto dello Stivale. Nel 1994 in Veneto è stato costituito un comitato spontaneo che, nel Natale dello stesso anno, ha partecipato alla manifestazione di Vienna, portando quindi la fiamma in Italia dove, viaggiando in treno, ha raggiunto diverse località della Penisola. Da allora questo avviene ogni anno: la luce, accesa alla lampada ad olio che arde perennemente nella chiesa della Natività di Betlemme, alimentata dall’olio donato da tutte le nazioni cristiane della Terra, raggiunge così varie città italiane.

La “Luce della Pace di Betlemme” non ha solo significato religioso, ma traduce in sé molti valori civili, etici e morali accettati anche da chi non pensa di condividere una fede.

Oggi, grazie all’impegno degli scout di tutte le associazioni circa un milione di persone in Italia portano “La Luce della Pace” nelle proprie case, gruppi, associazioni famiglie, comunità, parrocchie. Donata a tutti coloro che condividono i valori di pace e fratellanza, senza distinzione di credo o razza.




«Avere il Paradiso in casa», a S. Sigismondo le monache domenicane in preghiera attorno all’urna con le reliquie dei santi

In preparazione alla Dedicazione della Cattedrale, nel pomeriggio di giovedì 3 novembre alle 17.30 nel salone degli Alabardieri di Palazzo Comunale avrà luogo la presentazione pubblica alla cittadinanza dell’adeguamento liturgico della Cattedrale, seguita due giorni dopo, nel pomeriggio di sabato 5 ottobre alle 17, in Battistero, dal canto dei Primi Vespri con la preghiera intorno alle reliquie dei santi e dei beati che saranno poste nel sepolcreto ricavato al di sotto della mensa durante il rito della Dedicazione dell’altare della Cattedrale.

Un momento particolare in cui la Chiesa cremonese potrà pregare sulle spoglie dei santi espressione della devozione e della spiritualità del nostro territorio. Una preghiera già iniziata nei giorni scorsi nel monastero di San Sigismondo dove le monache domenicane hanno custodito la preziosa urna, accompagnandola con una novena di preghiera.

In questi giorni infatti  l’urna contenente le reliquie di S. Imerio, S. Facio, S. Paola Elisabetta Cerioli, S. Vincenzo Grossi, S. Francesco Spinelli, S. Antonio Maria Zaccaria e dei Beati Enrico Rebuschini e Arsenio da Trigolo è in sosta presso il monastero di clausura in attesa di essere collocata, domenica prossima, nel nuovo altare della Cattedrale.

«Noi monache di clausura sentiamo questa sosta come un privilegio che ci fa amare ancor più la nostra vocazione – spiega la Madre Priora Caterina Aliani -. Domenica prossima noi non saremo presenti in cattedrale, la clausura, infatti, anche nelle normative più recenti emanate da Papa Francesco, esclude la partecipazione fisica a eventi importanti della comunità ecclesiale. La esclude per favorire una più intensa comunione spirituale, invisibile ma reale, in cui crediamo fortemente e che in questo caso ci è dato quasi di toccare con mano. Ci sentiamo membra vive della Diocesi e la dedicazione del nuovo altare non ci lascia indifferenti. A quell’altare della Cattedrale, centro della Chiesa locale, sul quale viene offerto il sacrificio eucaristico noi ci uniamo quotidianamente con la nostra assidua preghiera di lode».

Una preghiera che ha portato e porta nel monastero un gioioso senso di vicinanza con la Cattedrale e con tutta la diocesi: «Avere tra noi le reliquie di alcuni santi cremonesi proprio in questi giorni in cui abbiamo celebrato la festa di tutti i santi e commemorato i defunti è stato un po’ come “avere il Paradiso in casa”: li preghiamo, li onoriamo, ci sentiamo fortificate e protette dalla loro intercessione, la loro vita è per noi esempio nel nostro cammino di santità. Comunitariamente stiamo facendo anche una novena che termineremo proprio sabato, alla vigilia dell’evento».

«Si realizza per noi in questi giorni – prosegue Madre Caterina – un’occasione di grande privilegio per rinsaldare e rendere più consapevole il nostro inserimento in Diocesi. Quindici anni or sono, proprio partendo dalla Cattedrale, è iniziata la nostra presenza a Cremona. Celebravamo allora due giubilei concomitanti: il IX centenario del Duomo e l’VIII centenario di fondazione delle Monache Domenicane. Da allora i cremonesi hanno percepito la nostra presenza silenziosa come una presenza vitale. In tanti ci manifestano stima e affetto. La nostra preghiera quotidiana dà voce alle loro intenzioni di supplica e di lode e si innalza come rendimento di grazie a nome di tutti».

Alla Dedicazione del nuovo altare e all’adeguamento liturgico della nostra Cattedrale le suore domenicane di San Sigismondo si sono preparate con una catechesi tenuta dal Cappellano don Daniele Piazzi, personalmente coinvolto ai lavori in corso quale responsabile dell’Ufficio Liturgico Diocesano, che ha descritto l’iter del progetto e i vari passaggi del rito spiegando alle suore i significati simbolici dei segni liturgici che verranno utilizzati durante la celebrazione. Al termine della conferenza don Piazzi ha firmato con la Madre Priora il verbale della deposizione delle reliquie nell’urna di ottone satinato e argentato, e ha sigillato l’urna con un nastro rosso e con il sigillo di mons. Antonio Napolioni.

Questo il testo del verbale di deposizione delle reliquie nell’urna firmato da don Daniele Piazzi in qualità di e responsabile dell’Ufficio di Pastorale Liturgica e Custode delle Reliquie e come teste dalla reverenda Madre Priora M. Caterina Aliani:

Oggi domenica 30 ottobre 2022 alle ore 16 nella sala capitolare del Monastero domenicano «S. Giuseppe» in Cremona, presso S. Sigismondo, ho deposto le reliquie nell’urna costruita per la dedicazione del nuovo altare della Chiesa Cattedrale di Cremona. Vi ho inserito:

• il cranio di S. Imerio, finora depositato nella cappella delle reliquie, e con autentica del 23 giugno 1927 contrassegnata con il n. 11 nella raccolta delle autentiche della sagrestia capitolare. Togliendo dalla reliquia l’imbottitura di bambagia, ho ritrovato, nascosto all’interno del cranio, un biglietto manoscritto con l’annotazione: «Pro-memoria. 20 Ottobre 1884. Riposto e fermato di nuovo nella presente teca dal sottoscritto cerimoniere e custode delle Ss. Reliquie. Protector noster, adjuva me. Sac. Pandolfi Georgius».
Ho collocato il cranio di S. Facio, anch’esso finora depositato nella cappella delle reliquie, e con autentica del 23 giugno 1927 contrassegnata con il n. 8 nella citata raccolta.

Vi ho anche deposto le seguenti reliquie, donate alla Cattedrale da diverse Congregazioni in occasione della beatificazione o della canonizzazione dei loro Fondatorie non inventariate:
Santa Paola Elisabetta Cerioli (ex ossibus)
San Vincenzo Grossi (ex ossibus)
San Francesco Spinelli (ex ossibus)
Beato Enrico Rebuschini (ex ossibus)
Beato Arsenio da Trigolo (Migliavacca) (ex veste?)
Le suddette reliquie sono conservate in piccole scatole tras
parenti in plexiglass con incisi i nomi dei rispettivi santi o beati e legate con nastro rosso e il sigillo di mons. Antonio Napolioni. L’urna è di ottone satinato e argentato, ha la forma di piccolo sarcofago e misura cm 45 in lunghezza, cm 26 di larghezza e cm 30 in altezza. È legata da due nastri rossi recanti il sigillo di mons. Antonio Napolioni.

L’urna è di ottone satinato e argentato, ha la forma di piccolo sarcofago e misura cm 45 in lunghezza, cm 26 di larghezza e cm 30 in altezza. È legata da due nastri rossi recanti il sigillo di mons. Antonio Napolioni. Sull’urna sono incisi gli stemmi del Santo Padre Francesco, del Vescovo di Cremona, la data MMXXII e l’iscrizione: «UNA CUM HOMOBONO ET ANTONIO MARIA IN CONFESSIONE QUIESCENTIBUS HYMERII FACII PAULA ELISABETHA C. ARSENII M. FRANCISCE S. VINCENTII G. HENRICE R. PRO CREMONENSIUM ECCLESIA ORATE AD DOMINUM DEUM NOSTRUM».


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Domenica 6 novembre, durante la celebrazione, dopo il canto delle litanie dei santi, nel sepolcreto ricavato al di sotto della mensa, sarà deposta l’urna con le reliquie dei santi e beati cremonesi, dediti all’educazione e alla carità. La capsella che contiene le reliquie e che sarà deposta sotto l’altare è stata disegnata da don Gianluca Gaiardi che ha tratto ispirazione dall’arca di pietra che nella cripta del Duomo custodisce le reliquie dei santi Imerio e Archelao. Si tratta di un’urna di ottone argentato, realizzata dal laboratorio di arredi sacri Albrizzi di Vidigulfo (Pavia), delle dimensioni di 45x26x30 cm. Sul frontale dell’urna lo stemma di Papa Francesco, del vescovo Antonio Napolioni e la cifra MMXXII datano il rito di dedicazione e della deposizione dell’urna.

Nell’urna, insieme alle reliquie, è inserito anche l’atto di dedicazione per datare l’altare e attestarne la dedicazione per le generazioni future. Sulla pergamena, realizzata da monsignor Pietro Bonometti, maestro d’arte e canonico del Capitolo della Cattedrale, è scritto un testo latino, di seguito la traduzione:

Il giorno 6 novembre dell’anno del Signore 2022, decimo di pontificato di papa Francesco, nel settimo anno del suo episcopato il Vescovo di Cremona Antonio Napolioni, convocati clero e popolo, dedicò questo altare, secondo il rito del Pontificale Romano. Qui depose il capo di sant’Imerio e di san Facio, le reliquie dei santi Paola Elisabetta Cerioli, Arsenio Migliavacca, Francesco Spinelli, Vincenzo Grossi, Enrico Rebuschini Si è così portato a termine un lungo cammino che dal Concilio Vaticano II ad oggi ha visto la nostra Chiesa riflettere più volte sulla necessità di adeguare il presbiterio della Chiesa Madre ai riti del Messale Romano promulgato dal papa Paolo VI. Questo altare, sotto la direzione degli Uffici Beni Culturali e Liturgico della Conferenza Episcopale Italiana e della Diocesi, è opera di ingegno e di arte realizzata da Massimiliano Valdinoci, Maicher Biagini, Annalisa Petrilli, Francesco Zambon, Carla Zito architetti, Goffredo Boselli liturgista, Gianmaria Potenza artista, Francesca Flores D’Arcais consulente. Questo altare sia veramente immagine di Cristo, mensa festiva, luogo di comunione e del rendimento di grazie, finché Dio, a quanti ora e in futuro qui saranno riuniti, concederà di immolare per sempre il sacrificio di lode sul celeste altare dell’Agnello.

 




L’augurio del Vescovo alla Polizia: «Ognuno di voi si senta un uomo e una donna di successo non solo per gli applausi e le medaglie»

 

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Il 29 settembre, si festeggia l’arcangelo san Michele, proclamato da papa Pio XII nel 1949 patrono della polizia di Stato per la somiglianza della sua missione di protettore del popolo di Dio con quella del poliziotto, chiamato ogni giorno al servizio del cittadino.

In questa circostanza anche quest’anno agenti e dirigenti della Questura si sono ritrovati per la celebrazione che, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, è stata celebrata nella chiesa di San Pietro al Po, sul cui territorio parrocchiale si trovano gli uffici della Questura.

Presenti le massime autorità del territorio: il prefetto Corrado Conforto Galli, il questore Michele Davide Sinigaglia, il comandante provinciale dei carabinieri Giuliano Gerbo, quello della guarda di finanza Massimo Dell’Anna e dei vigili del fuoco Antonio Pugliano. Presenti anche le rappresentanze degli altri corpi di polizia del territorio e le autorità civili, con l’assessore alla sicurezza del Comune di Cremona, Barbara Manfredini. Presenti anche esponenti del mondo economico e sociale, come il cavaliere Giovanni Arvedi.

Accanto al vescovo il parroco don Antonio Bandirali, il cappellano della polizia di stato don Stefano Peretti, il cerimoniere vescovile don Flavio Meani e il diacono permanente Franco Margini

Il Vescovo dopo un primo pensiero rivolto ai giovani e all’importanza della scelta di una via di vita sicura e fruttuosa «guidando la propria canoa e schivando gli scogli» si è rivolto a tutte le forze dell’ordine con un augurio: «La coincidenza fra l’avventura umana di ciascuno di noi e il servizio che un corpo di polizia fa alla comunità mi porta a dire questo augurio: che ognuno di voi si senta un uomo e una donna di successo non per gli applausi, le medaglie e i riconoscimenti, gli scatti di carriera, che pure non guasterebbero, ma per questa intima soddisfazione del dovere compiuto, per questa serenità, per questa forza d’animo che siamo qua ad attingere alla fonte».

Dal brano del profeta Daniele, in cui si legge «ci sarà un tempo d’angoscia», il Vescovo ha rivelato che «mi è venuto da dire “eccoci, siamo noi”. Avvertiamo di essere in un tempo d’angoscia, contagioso nell’angoscia, dai motivi sanitari a quelli economici, dalla guerra allo stress», rallegrandosi però, in quanto «la riga sotto dice “in quel tempo sarà salvato il Tuo popolo”, non c’è tempo di angoscia che agli occhi di Dio e dei credenti non sia anche tempo di salvezza».

Al termine della Messa dopo la preghiera a San Michele – un’orazione di soccorso, aiuto e difesa contro le forze maligne, una richiesta che le persone fanno ogni giorno alle forze di polizia in prima linea per difendere i cittadini – ha preso la parola il questore per un momento di saluto e ringraziamento, nel quale ha sottolineato l’importanza della celebrazione che «ci aiuta a fermarci a riflettere sui valori condivisi che devono ispirare l’impegno che abbiamo assunto quando, entrando in servizio, giurammo di proteggere i cittadini e difendere le istituzioni democratiche, con i valori di onesta, legalità e giustizia, ma anche fratellanza e senso di appartenenza ad una comunità, quella cremonese, che dobbiamo servire e difendere».




Aumento costi dell’energia: il grido d’allarme delle rsa del territorio

Il vertiginoso aumento del costo dell’energia è oggi più che mai un argomento complesso e controverso che rischia di segnare in maniera irreparabile numerose realtà italiane e non solo. A far le spese del caro bollette non sono solamente i cittadini comuni, ma anche le imprese e i negozianti, e ancor più in difficoltà ci sono quelle imprese che forniscono servizi essenziali. Tra loro le case di riposo, che hanno visto quadruplicare la spesa di ogni singola bolletta: un ammontare di denaro che vedrebbe le rsa costrette ad aumentare in maniera significativa il contributo della retta richiesto agli ospiti.

La situazione è davvero tesa. Si rischia l’implosione di un sistema che tutela la salute degli anziani e dei disabili. E le ricadute potrebbero travolgere l’intera società. Non si tratta di una visione apocalittica, ma dell’allarme lanciato dalle associazioni di categoria che uniscono le rsa del territorio di Cremona e quelle dislocate in Lombardia. L’occasione è stata la conferenza stampa che nel pomeriggio di venerdì 23 settembre si è tenuto presso la sala riunioni della fondazione Opera Pia Ss. Redentore di Castelverde. Al tavolo dei relatori il presidente di A.R.Sa.C. (l’associazione delle residenze assistenziali per anziani della provincia di Cremona) Giovanni Scotti, il presidente di A.R.L.E.A. (associazione di livello regionale che rappresenta e tutela gli erogatori socio sanitari) Walter Montini e Augusto Farina, vicepresidente di A.R.Sa.C. e consigliere U.N.E.B.A. Cremona (organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo). Ha moderato l’incontro don Claudio Rasoli, responsabile comunicazione A.R.Sa.C. e presidente della Fondazione di Castelverde.

A mettere in guardia sulle conseguenze del caro bollette l’intervento di Giovanni Scotti: «Se non ci sarà una risposta concreta e reale le strutture saranno costrette a metter mano sulle rette degli ospiti già nel 2022». Perché «una bolletta è arrivata a costare 80.000 euro, a fronte dei 20.000 che era fino a poco tempo fa». Un rincaro che finirà sulle spalle degli ospiti e delle loro famiglie, con l’ipotesi di un aumento di «10 euro giornalieri sulle rette, arrivando dunque a 300 euro mensili da aggiungere a quelli attuali: una spesa che comprometterebbe molte famiglie».

Per questo nei giorni scorsi un vero e proprio grido di aiuto le sigle di rappresentanza delle case di riposo del territorio lo hanno rivolto alla Regione, attraverso una lettera destinata al governatore della Lombardia Attilio Fontana e all’assessore al Welfare Letizia Moratti. La missiva contiene la richiesta di un incontro urgente per «approfondire l’attuale situazione e condividere insieme le decisioni nelle tempistiche più appropriate». A firmare congiuntamente la lettera, insieme a Giovanni Scotti, don Roberto Rota, presidente U.N.E.B.A. di Cremona.

Ma gli aiuti regionali e governativi pare non promettano nulla di buono. Lo stanziamento di 39 milioni di euro previsto dalla Lombardia dal 1° aprile e deliberato in Giunta nei giorni scorsi non riguarda, infatti, tanto il problema energia, ma le unità di offerta operativa delle rsa. Cifra comunque irrisoria in quanto, suddivisa tra le varie rsa, si tradurrebbe in una riduzione di 1,50 euro sul rincaro giornaliero di 10 «decisamente una misura insufficiente per il problema che stiamo affrontando», ha affermato Farina.

E il contributo del Governo sull’energia, ancora non ripartito a livello regionale, non si prevede possa davvero alleviare il problema. Il tutto facendo i conti con «una legislazione obsoleta e da rivedere» che, come ha sottolineato Montini, complica ulteriormente le cose in un periodo di così drastici cambiamenti.

Con amarezza Augusto Farina rivela che «alcune strutture più piccole nelle montagne della provincia di Brescia hanno già dovuto chiudere, e gruppi privati le hanno acquisite, allontanandole dalla cura per il territorio che le distingueva nel loro rapporto con gli ospiti».

Una situazione che riguarda sul territorio migliaia di persone: sono 5mila i posti letto nelle 29 rsa della provincia, in cui lavorano 9mila persone. Ma il calcolo non include anche le famiglie degli utenti e tutti i fornitori e le attività che ruotano attorno al settore.

La conferenza stampa si è conclusa con un appello finale di don Claudio, che ha chiesto una forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto al reale rischio di chiusura di numerose rsa, con l’inevitabile ripercussione sulla vita di numerose persone e delle loro famiglie.




Affitti e servizi universitari a Cremona, arriva la start-up di un gruppo di studenti della Cattolica

Ora che il mondo è a portata di un click e l’aspetto digitale dei servizi ha assunto un ruolo cardinale nel rapporto fra consumatore e produttore si sente sempre più la necessità di portare ad un livello successivo alcuni aspetti della vita che ancora fanno fatica ad evolversi. Questa problematica è stata compresa da quattro ragazzi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona iscritti al corso di laurea magistrale Innovazione e Imprenditorialità Digitale, Matteo Borghesi, Francesco Brogliato, Ilaria Ghidini e Mattia Monte, che nel pomeriggio di martedì 14 giugno hanno presentato la propria start-up STUneeD, nata inizialmente come progetto per la Digital Startup Competition supervisionato dal professor Fabio Antoldi, docente di Strategia Aziendale e Imprenditorialità Digitale.

STUneeD, in uscita sugli store online a luglio, è attualmente supportata dall’aiuto concreto di Fabbricadigitale, ICT company specializzata nella realizzazione di prodotti e servizi digitali, ed è pensata e rivolta agli studenti sotto forma di applicazione mobile e piattaforma web. Il suo obiettivo è quello di andare a facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta nel settore dell’affitto di appartamenti e locali, in maniera tale da poter alleggerire le meccaniche di ricerca e contrattazione durante gli anni di laurea. Ci sarà anche la possibilità di ampliare il servizio fino a permettere la condivisione di testi universitari, conoscere alcuni servizi del territorio, avere informazioni sulle funzionalità dei trasporti e scoprire quali sono eventi cittadini, creando di portare il progetto cremonese anche nel resto dell’Italia.

Ilaria, uno dei membri dello progetto STUneeD, racconta che «passare dallo studio teorico all’applicazione pratica è una cosa sempre difficile, ma il supporto che ci è stato dato dall’Università Cattolica e da Fabbricadigitale ha aiutato senza ombra di dubbio. Veder realizzato il proprio progetto, la propria idea è un emozione molto stimolante che ti spinge ad affrontare, in un futuro magari non così lontano, sfide sempre più grandi ed ambiziose».

Al momento è possibile far parte del progetto iscrivendosi sul sito di Fabbricadigitale facendo click sul link in fondo alla pagina, dove sono stati già censiti 150 appartamenti che verranno pubblicizzati gratuitamente durante il primo anno di attività.

Clicca qui per la pagina di STUneeD




Presentati al Museo Diocesano i cataloghi della collezione Arvedi-Buschini

«Non è usuale il fatto che un museo venga inaugurato e subito ci possa essere una sua parte, una sua collezione, che presenti la possibilità di essere spiegata e raccontata all’interno di un catalogo. Credo, però, che sia importante presentare al pubblico la collezione Arvedi-Buschini, in quanto opere come L’Annunciazione di Boccaccio Boccacino sono un’estrema novità per il museo e forniscono innegabilmente un valore aggiunto alla proposta artistica». Con queste parole don Gianluca Gaiardi, direttore dell’ufficio Beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Cremona, ha condiviso l’emozione della pubblicazione dei due volumi della collana “La collezione di Giovanni Arvedi e Luciana Buschini”, editi dalla casa editrice Mandragora, presentati al pubblico nella mattina di venerdì 10 giugno presso la sala proiezioni del Museo Diocesano, dove sono disponibili per l’acquisto.

L’evento si è articolato nella forma di un viaggio storico, artistico e culturale che ha ripercorso e analizzato l’origine delle opere proposte, soffermandosi con particolare attenzione sulle vicende collezionistiche che hanno caratterizzato i dipinti e le sculture negli anni, fino ad arrivare al loro significato e all’analisi di alcuni dettagli di importante rilevanza, ricordando però che non bisogna sottovalutare il merito di chi raccoglie e conserva le opere d’arte, ovvero i mecenati, gli appassionati e i collezionisti, in quanto è il loro contributo che permette che queste opere possano conservarsi ed essere studiate, facendosi largo attraverso i secoli.

Hanno partecipato alla presentazione anche il vescovo di Cremona Antonio Napolioni, il sindaco Gianluca Galimberti e la signora Luciana Buschini Arvedi.

A descrivere il primo volume della collana, intitolato “Dipinti e sculture” e curato da Laura Cavazzini e Andrea De Marchi, è intervenuto il soprintendente alle Belle arti e paesaggio per le provincie di Cremona, Lodi e Mantova, Gabriele Barucca, spiegando che «la collezione consta di 18 dipinti su tavola e 7 sculture databili dal XII secolo fino ai primi anni del ‘500. Anello di congiunzione tematica della collezione è sicuramente la volontà dei donatori, ovvero dei coniugi Arvedi, di raccogliere opere con un profondo significato religioso, recuperandole con sguardo spirituale; insomma, attribuendogli il significato per il quale furono create». La collezione mostra pezzi eccellenti, in primis Boccaccio Boccacino, seguito dalla Madonna con Bambino che in principio fu una Maestà di uno scultore senese. Ci sono anche vere e proprie reliquie, come le due teste di Christus triumphans, una spoletina e l’altra pisana, che sono veramente uniche nel loro genere».

In seguito Francesco Frangi, docente di storia dell’Arte moderna e Museologia presso l’Università degli Studi di Pavia, ha analizzato con precisione il capolavoro di Boccaccio Boccacino, L’Annunciazione, ricordando che «l’artista è il fondatore della grande tradizione pittorica cremonese del ‘500 grazie principalmente al suo intervento all’interno del ciclo della cattedrale, dove grazie a lui si affermeranno nuovi artisti come Altobello Melone e Gian Francesco Bembo. L’occasione di vedere al Museo Diocesano opere di così grande spessore va sicuramente a valorizzare tutto il panorama artistico della diocesi e della provincia, già di per sé reso grande dal lascito di Boccacino che troviamo appena entrati all’interno della Cattedrale e che da sempre è lì presente».

A concludere la mattinata l’intervento di Andrea De Marchi, curatore dell’intera collana al fianco di Laura Cavazzini, che ha dimostrato l’impegno nel progetto di pubblicazione del catalogo dicendo che «nell’Università di Firenze dove insegno abbiamo organizzato un gruppo fra i migliori allievi, sia specializzandi che dottorandi, che ha lavorato con impegno alla stesura del catalogo. Per gli studenti è stato un modo di cimentarsi in prima persona lavorando direttamente sulle opere, potendole studiare e contestualizzare con criteri di ricerca scientifica. Un grande ringraziamento – ha aggiunto – va rivolto anche alla casa editrice Mandragora, che ha reso possibile la creazione della confezione finale, quella che è possibile acquistare e leggere».