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Suore Adoratrici a fianco dei più deboli anche in Africa e in America Latina

Le Adoratrici nella missione di Trenque Lauquen in Argentina
Da sinistra: suor Carla Zappulla, suor Philomene Fayé, Regina Crespi Alomar e suor Veronica Sanvito

 

L’istituto delle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento, con la sua Casa madre a Rivolta d’Adda, viene fondato alla fine dell’800 da san Francesco Spinelli. In pochi anni vengono aperte comunità in tutta Italia e nel 1958 si realizza un altro desiderio di don Francesco: andare in terra di missione. Si aprono così le comunità in Congo, Sénégal, Camerun, Colombia e Argentina. Abbiamo chiesto a suor Carla Zappulla di raccontarci l’esperienza a Trenque Lauquen, città di circa 50mila abitanti a ovest di Buenos Aires dove lei è nata e dove le Adoratrici sono presenti dal 2003.

Suor Carla, di che cosa si occupano le Suore Adoratrici in Argentina?

«La nostra comunità è ben inserita nella vita parrocchiale: io coordino la pastorale della scuola parrocchiale, che parte dal nido e arriva fino alle scuole superiori. Stiamo creando un cammino di fede per tutti i 1.200 ragazzi che ci sono affidati. La cosa bella è che tutti mi danno fiducia e mi aiutano in questo difficile compito. Suor Veronica Sanvito si dedica alla Caritas e alle visite agli ammalati in ospedale; suor Philomene Fayé è al servizio di alcune comunità periferiche della nostra parrocchia. Infine ci occupiamo di una casa di spiritualità. A causa della pandemia e per mancanza di risorse in passato purtroppo era stata un po’ trascurata, ma ora con l’aiuto prezioso della gente la stiamo ristrutturando ed è tornata a vivere: le persone sono in ricerca continua di questo tipo di luoghi».

Lei è argentina ed è nata proprio a Trenque. Dopo aver trascorso gli anni della formazione in Italia, come è Una mano tesa oltre ogni confine stato tornare a casa?

«Molto bello. Da un lato c’erano paure che si sono sciolte nel tempo. Dall’altro la fiducia nel Signore che dona la grazia degli inizi. Quando siamo arrivate qui, a novembre scorso, la comunità è stata rinnovata. Il Signore non ci ha mai deluse: ci ha accompagnate sempre, anche in momenti difficili. Non era scontato riuscire a inserirci in una realtà tanto grande e complessa e vivere pienamente questo primo anno, invece ci hanno accolte da subito, si sono aperte porte e abbiamo visto la fecondità di realtà che non immaginavamo così ricche».

Parlava di paure sciolte nel tempo. Ce le può confidare?

«Un po’ di timore riguardava il rapporto con la mia famiglia d’origine: per la vita che abbiamo scelto noi consacrate non possiamo stare così vicini quotidianamente e temevo di non riuscire a mantenere il giusto equilibrio. Invece i miei familiari hanno riconosciuto il mio cammino. È l’ennesima prova che il Signore opera in tutti, anche nella mia famiglia».

Che desideri coltivate per la vostra comunità?

«La mia speranza è quella di continuare a essere in continuo dialogo con la comunità parrocchiale e che questa si allarghi sempre più. Il mio desiderio più grande è che la casa di spiritualità sia sempre più viva. Ci sono molti laici impegnati nella vita parrocchiale, ma avremo sempre più bisogno di luoghi come questo per riposarci nel Signore, pregare e incontrarlo, per poi continuare a lavorare e servire. Questo luogo può essere fecondo per tutta la zona. Penso che questa sia la chiamata del nostro tempo. Tutte noi suore qui lo crediamo».

Dove avete sperimentato la fecondità?

«Dopo i primi mesi di preparazione e preghiera intense, abbiamo accolto Regina Crespi Alomar come postulante. È la prima volta che qui accompagniamo una giovane nel primo periodo di formazione. Raccogliamo l’eredità del bene che hanno fatto le suore che c’erano prima. Regina è stata un bel regalo del Signore, che in questo modo ci rende madri».

 

Il saluto di suor Carla Zappulla




Suor Elena Serventi: «In Mozambico ho imparato la gioia dei piccoli»

Per le religiose dell’istituto delle Suore Francescane Missionarie di Susa gli anni che precedono i voti perpetui sono dedicati a esperienze che chiedono loro di vivere pienamente una vita a servizio della Chiesa nel mondo. Lo sa bene suor Elena Serventi, originaria di Cingia de’ Botti, che per nove mesi ha vissuto in Mozambico.

Suor Elena, dove ha prestato servizio?

«Il mio istituto ha in Mozambico due fraternità e io sono stata in entrambe. A Catembe, villaggio della periferia della capitale Maputo, siamo presenti da tre anni; a Morrumbene, nella diocesi di Inhambane, da 27 anni collaboriamo con la Diocesi di Brescia che ha inviato lì il sacerdote fidei donum don Pietro Marchetti Brevi».

Che tipo esperienza ha fatto?

«A Catembe è stato avviato un progetto di doposcuola per i bambini: davo il mio aiuto lì e nelle altre attività della fraternità. A Morrumbene mi sono dedicata alle attività della pastorale e svolgevo il mio servizio anche nella scuola dell’infanzia parrocchiale: mi occupavo principalmente di catechesi e accompagnamento dei giovani. Ho anche curato le adozioni a distanza: le offerte che arrivano dall’Italia sono fondamentali per l’istruzione dei bambini che non possono permettersi la retta scolastica, ma che sono particolarmente meritevoli».

Ha attraversato momenti di difficoltà?

«I mesi sono trascorsi senza ostacoli particolari. Ci sono le difficoltà quotidiane che si possono incontrare quando bisogna adattarsi a uno stile di vita completamente diverso dal proprio. Per mia fortuna, però, conoscevo già il portoghese».

Ha parlato di uno stile di vita diverso dal nostro…

«Sì, la parola chiave è essenzialità. La cosa più d’impatto che si incontra una volta arrivati è la condizione di povertà in cui versa il popolo mozambicano. Il sistema economico è fortemente arretrato e questo si ripercuote sulle condizioni di salute e sull’istruzione».

Come si è sentita di fronte alla povertà?

«Vedere un popolo che soffre e che spesso non conosce una via d’uscita è doloroso, ma non mi sono mai sentita abbattuta. Purtroppo la povertà impone dei limiti dei quali chi vive in Europa non è consapevole. Le istituzioni e la burocrazia non aiutano, anzi, spesso sono di ostacolo».

Ora che è tornata in Italia, che cosa le manca di più del Mozambico?

«Tante cose: soprattutto l’apertura, l‘allegria, la generosità e l’accoglienza che caratterizzano i più poveri. Provano sempre una grande gioia e la sanno trasmettere a chi è vicino. Penso che siano dei maestri nell’arte dell’esprimere questo modo di approcciarsi alla vita con il canto. Anche nelle celebrazioni liturgiche; le loro Messe sono una vera e propria festa, con canti, balli e strumenti musicali».

Che cosa ha imparato?

«Che la grazia di Dio si manifesta più chiara dove la potenza dell’uomo è debole e così la fede, la speranza e la carità trovano un terreno di maggiore disponibilità. L’uomo occidentale crede di poter decidere da solo di tante cose, del proprio tempo. Ma forse si sbaglia. Ho conosciuto comunità che si arrabattano per guadagnare un piatto di riso per pochi giorni, ma non perdono mai la disponibilità e l’apertura verso i fratelli e verso Dio».

 

Il saluto di suor Elena Serventi




“Ispiera”, un raggio di sole nella missionarietà dei nostri territori

In occasione dell’assemblea plenaria del Clero, tenutasi lo scorso 19 ottobre in Diocesi, è stato presentato e distribuito a tutti i sacerdoti della diocesi Ispiera, opuscolo pubblicato a un anno di distanza dal Festival della missione. Durante il Festival, dal titolo Vivere per dono, vissuto un anno fa a Milano, si sono delineate interessanti piste di riflessione sul tema dell’evangelizzazione. Da lì, gli uffici missionari della Diocesi della Lombardia, i membri delle consulte diocesane e gli animatori missionari di diverse comunità lombarde hanno ripreso gli spunti più interessanti usciti durante l’evento e hanno redatto questo piccolo opuscolo, che non è la sintesi di tutti gli interventi, ma lo spunto per riprendere e approfondire ciò che sta maggiormente a cuore alla Chiesa: l’evangelizzazione.

«Il testo porta lo strano titolo di Ispiera – spiega don Umberto Zanaboni, incaricato diocesano per la Pastorale missionaria –. Ispiera è un sottile raggio di sole che, penetrando attraverso una fessura in un ambiente buio, lo illumina». Un termine che compare nel Codice Riccardiano 1341 come traduzione di un passo del vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo in cui si narra un gioco d’infanzia di Gesù che cavalca l’ispiera del sole. «Un piccolo raggio di luce, insieme ai molti altri che risplendono nelle nostre comunità – prosegue il sacerdote –: un raggio di luce, in questo tempo difficile di sfide e cambiamenti, per aiutare le nostre comunità ad alzare gli occhi e vedere i campi che già biondeggiano per la mietitura (cfr. Gv 4,35). Questo contributo frutto della riflessione di altri fratelli e sorelle nella fede possa essere utile per accendere il fuoco della missione nei nostri territori».

Uno sguardo dunque attento al valore della missione, che ha preso lo slancio con il Festival dello scorso ottobre e che si appresta a vivere una stagione da protagonista nelle Chiese locali.

Anche a Cremona ha iniziato infatti a prendere forma una piccola équipe missionaria diocesana, formata sia da sacerdoti che da laici, con l’obiettivo di proporre momenti di sensibilizzazione su tematiche della missionarietà. Il gruppo attualmente è formato da don Umberto Zanaboni, don Andrea Lamperti Tornaghi, Marco Allegri, Chiara Allevi, Marta Ferrari, Gloria Manfredini e Matteo Righetti. «L’obiettivo è quello di allargare sempre di più i nostri orizzonti – conclude don Zanaboni – soprattutto ai giovani, che sono più sensibili alla mondialità».

 

Scarica la versione integrale di “Ispiera”




Salvador de Bahia, festa per i 15 anni della parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado

Si è conclusa con un po’ di festa la settimana che ha celebrato i 15 anni della parrocchia Jesus Cristo Ressuscitado a Salvador de Bahia, in Brasile, di cui è parroco il sacerdote cremonese “fidei donum” don Davide Ferretti. Una settimana che ha visto l’intera comunità riunirsi tutte le sere alle 19 nelle diverse cappelle della parrocchia per la celebrazione della Messa e che ha trovato il suo culmine prima nella Messa del 14 settembre, giorno della dedicazione della chiesa, 15 anni fa, e poi domenica 17 settembre con la solenne concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Salvador de Bahia, il cardinale Sergio da Rocha.

Nell’omelia il porporato, oltre a sottolineare l’importanza di sentirsi famiglia in parrocchia, ha voluto spronare la comunità a continuare nel cammino di testimonianza per costruire una società fondata sull’amore.

Dopo la Messa le realtà cattoliche della parrocchia (l’asilo Giovanni Paolo II, l’asilo e il rinforzo scolastico dell’associazione Primo Maggio, il rinforzo scolastico chiamato Kilombo, il centro educativo Giovanni Paolo II) hanno presentato alcuni piccoli spettacoli preparati da bambini e ragazzi. A suggellare la festa dei 15 anni il balletto preparato dalla scuola di danza della parrocchia. Il tutto si è svolto in un grade clima di amicizia e allegria.

Da sottolineare che sono anche arrivati via internet gli auguri di padre Ignazio Lastrico, sacerdote del Pime e primo parroco della parrocchia, insieme anche a quelli del cremonese don Emilio Bellani, che per undici anni ha servito questa parrocchia passando poi il testimone a don Ferretti. Gli auguri sono stati molto apprezzati, essendo ancora forte il loro ricordo nella comunità.




In Costa d’Avorio una Messa nel ricordo di don Mario Cavalleri

È ancora forte il ricordo del sacerdote cremonese mons. Mario Cavalleri, deceduto il 9 marzo 2020 durante la pandemia di Coronavirus, e del suo impegno a favore degli ultimi, sul territorio e non solo. In particolare a Sekrobgo, nel distretto di Tissadalé, in Costa d’Avorio, dove il prossimo 16 settembre sarà celebrata una messa in suo suffragio in quel villaggio sperduto che ha aiutato, in quella chiesa – “Notre Dame de l’esperance” – che mons. Cavalieri aiutò a costruire e che ora è diventata parrocchia.

La comunità parrocchiale di Sekrobgo, tanto grata e tanto legata al sacerdote cremonese, ha deciso di esprimere una memoria riconoscente per tutto il suo prodigarsi per il Paese africano. Nei suoi venti viaggi nel Continente Nero don Cavalleri ha portato a termine tanti progetti, grazie anche alla generosità di molti cremonesi: oltre alla chiesa sono stati costruiti l’ambulatorio, un reparto di maternità e il campo da calcio.

Una vita, durata la bellezza di 104 anni, dedicata alla carità e al sostegno alle fragilità. Una vita impreziosita anche dalla sua “Casetta”, un’esperienza di carità e di accoglienza durata circa trent’anni, prima presso la casa vicariale della Cattedrale e poi in via Patecchio, nel centro di Cremona. Le porte della “Casetta” sono state aperte a una moltitudine di persone: poveri della città, etilisti, tossicodipendenti e poi profughi in cerca di un futuro migliore.

 

Biografia di mons. Cavalleri

Don Mario è nato il 9 novembre nel 1915 alla cascina Bulgaro di San Marino dove il padre Alessandro era fattore. Entrò giovanissimo nel Seminario di Cremona mentre risiedeva a Castelnuovo del Zappa nella cui parrocchia si impegnò da subito come ministrante sotto la guida di Angelo Dondeo, fratello del vescovo Virginio.

Il 18 maggio 1940, al mattino presto, alla presenza di pochissime persone, l’ordinazione sacerdotale per le mani dell’arcivescovo Cazzani. Don Mario fu quindi destinato alla comunità di Sesto Cremonese guidata da don Achille Carpi, con il quale il novello sacerdote trascorse nove anni.

Nel 1949 il trasferimento a Rivolta d’Adda dove era parroco mons. Stefano Renzi. Don Mario, nato in campagna, si trovò subito a suo agio frequentando le tante cascine della borgata.

Una grave malattia costrinse il giovane prete a un ricovero presso l’ospedale Fatebenefratelli dei Pilastroni di Brescia e, quando fu dimesso, non tornò a Rivolta ma fu inviato al ricovero di Castelverde, dove c’era un piccolo reparto per sacerdoti.

In seguito fu nominato vicario della Cattedrale (il cui parroco era mons. Carlo Boccazzi) e mansionario del Capitolo, compito che attese per ben cinquant’anni fino a quando, nel 2006, il vescovo Lafranconi lo nominò canonico effettivo.

Nel 2010, in occasione dei 95 anni, monsignor Cavalleri pubblicò la propria autobiografia, dal titolo “Sulla cresta dell’onda suo malgrado”: un agile volumetto nel quale il sacerdote racconta con semplicità di cuore la sua lunga esistenza segnata fin da subito dalla sofferenza: la morte per annegamento del fratellino Ottorino e lo strazio della mamma Palmira.

Don Mario è conosciuto a Cremona soprattutto per la sua “Casetta”, un’esperienza di carità e di accoglienza durata circa trent’anni.

La sconfinata carità di don Cavalleri è giunta anche in Africa: nei suoi venti viaggi nel Continente Nero il sacerdote cremonese ha portato a termine tanti progetti, soprattutto in Costa d’Avorio.

Don Mario era anche poeta e musicista.

Nel corso della sua lunghissima esistenza mons. Cavalleri ha attraversato tante stagioni della vita sociale ed ecclesiale, lasciando in ogni occasione il segno della sua originale testimonianza a sostegno dei poveri e dei diseredati dei quali si è sempre occupato con quel suo tratto inconfondibile capace di mescolare alle opere la curiosità, il candore e l’allegria.




Salvador de Bahia, comunità in festa per il rinnovo dei voti di irma Renata

È stato un giorno di festa l’8 di settembre, festa della natività di Maria, nella comunità di Gesù Cristo Risorto, a Salvador de Bahia, in Brasile. Irma Renata (sorella Renata) ha rinnovato i voti temporanei per un altro anno. Attorniata da alcune suore della sua congregazione, da giovani e adulti della parrocchia ha detto di nuovo il suo “sì”.

Irma Renata è una suora della congregazione delle “Figlie della Chiesa” e da più di un anno sta aiutando in parrocchia, in modo particolare con la catechesi dei giovani. Insieme a don Andrea e alla catechista Nilzetze tutti i sabato sera aiuta i giovani in un cammino spirituale e di appartenenza alla chiesa. Un cammino importante che la suora aiuta a vivere con il suo entusiasmo e la sua allegria.

«Qualcuno a Cremona – sottolinea il parroco don Davide Ferretti – si ricorderà di Irma Renata. Con i giovani, infatti, ha passato una settimana nella nostra diocesi di Cremona prima di vivere a Lisbona l’esperienza della giornata mondiale della gioventù. Dal Brasile vi chiediamo di accompagnarla con la preghiera».




Da Salvador de Bahia il grazie a Cremona per l’accoglienza e la condivisione dei giorni della Gmg

«A una settimana dal nostro rientro a Salvador de Bahia, solo qualche riga per ringraziare la Diocesi di Cremona per l’opportunità che ci è stata data di vivere una settimana in Italia e di partecipare alla Giornata mondiale della gioventù. Un’occasione unica per i giovani, che terranno nel cuore e nella mente questi meravigliosi giorni. Semplicemente grazie!». Il messaggio arriva dalla parrocchia di Gesù Cristo Risorto, a Salvador de Bahia, con le parole del parroco della comunità brasiliana, il sacerdote “fidei donum” Cremonese don Davide Ferretti.

Il pensiero va anzitutto alle famiglie che si sono rese disponibili ad ospitarli, agli amici che li hanno accolti e accompagnati nei giorni in Italia e ai coetanei che hanno avuto modo di conoscere in occasione del raduno internazionale. Senza dimenticare naturalmente coloro che hanno espresso la propria vicinanza al gruppo brasiliano in modo meno evidente, ma comunque tangibile nel ricordo nella preghiera e nell’affetto. Un rapporto chiamato a consolidarsi ulteriormente attraverso l’impegno e le iniziative dell’Ufficio missionario diocesano.




A Salvador de Bahia la festa “Junina” nella parrocchia di don Ferretti

Il mese di giugno racchiude le ricorrenze di tre importanti figure della fede cattolica: sant’Antonio (di origine portoghese, quindi veneratissimo in Brasile), san Giovanni e san Pietro. Il ricordo di questi tre santi e la coincidenza con le “vacanze invernali” ha dato origine nell’interno della Bahia alle feste “Junine”, tra canti e musiche popolari con la fisarmonica (chiamati forrò), vestiti tradizionali dei contadini dell’interno della regione, balli tipici e piatti della tradizione (arance, mais, pop-corn, arachidi, torte di farina di mais e liquore).

Anche la parrocchia di Jesus Cristo Ressuscidado di Salvador de Bahia ha organizzato, domenica 11 giugno, la sua festa “Junina”. Le varie comunità si sono organizzate per la vendita dei prodotti tipici, i giovani hanno sfornato pizze e dolci vari, qualche gioco per i bambini e molta musica. Nella quadra, ovvero il nuovo campo coperto recentemente inaugurato in parrocchia, si sono avvicendati danze, canti e qualche spettacolo delle ragazze del corso di ballo.

«Una domenica pomeriggio diversa, con la presenza di tante famiglie, di giovani, adulti e anziani, senza litigi o contese – spiega il parroco, don Davide Ferretti –, ma solo con il desiderio di incontrarsi e di stare un po’ insieme serenamente. Anche questo è un segno e una testimonianza della presenza della chiesa cattolica».




A Salvador de Bahia la parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado in festa per la Prima Comunione di 11 ragazzi

Domenica 21 maggio nella parrocchia Jesus Cristo Ressuscitado, a Salvador de Bahia (Bahia), si sono celebrate le Prime Comunioni. 11 ragazzi dai 10 ai 13 anni, provenienti da due diverse comunità della parrocchia, dopo alcuni anni di preparazione sono arrivati a questo momento importante per la crescita della loro fede e della appartenenza alla Chiesa.

Il cammino di preparazione ai sacramenti a Salvador de Bahia è un po’ diverso rispetto a quello italiano. I ragazzi, nella maggior parte dei cas,i non hanno alle spalle delle famiglie che li possano accompagnare e seguire: sono loro stessi che, attraverso qualche catechista o amico più grande, cominciano il cammino e, non senza difficoltà o cedimenti, arrivano ai sacramenti.

Nella gran parte dei casi si parte da zero e, con grande pazienza, ogni sabato pomeriggio i catechisti introducono i ragazzi alla conoscenza di Gesù e della Chiesa.

«Nel caso poi di questi ragazzi più giovani – racconta don Davide Ferretti, parroco di Jesus Cristo Ressuscitado – accompagnandoli pian piano ai sacramenti ci si rende veramente conto di come lo Spirito Santo faccia “miracoli”».

Il 21 maggio nella parrocchia di Salvador de Bahia è stato un giorno di festa. La chiesa gremita più del solito e con la presenza di alcuni genitori che non entravano in chiesa da anni, ma con negli occhi chiaramente con una certa apprensione ed emozione.

Come sempre succede qui, è finito tutto con un po’ di festa, il taglio della torta e la consegna del Vangelo. È la Chiesa che cammina.




Tra preghiera e attività, celebrata la festa parrocchiale di “Jesus Cristo Ressuscitado”, a Salvador de Bahia

Giorni di festa per la comunità di “Jesus Cristo Ressuscitado”, a Salvador de Bahia, in Brasile. La parrocchia satellite della diocesi di Cremona, guidata da don Davide Ferretti, ha infatti celebrato, nel weekend del 16 aprile, la festa parrocchiale, che, come da tradizione, si tiene la domenica dopo Pasqua.

Durante la settimana che ha preceduto l’evento, la parrocchia si è preparata con la celebrazione della Messa nelle varie comunità. A celebrare, don Andrea Perego, collaboratore parrocchiale a Salvador de Bahia, che ha lanciato alcuni spunti per riflettere sul valore della parrocchia e sulla costruzione della comunità.

La festa ha quindi ufficialmente preso il via sabato 15 aprile con il torneo di calcetto per i ragazzi nati negli anni 2009 e 2010. Per la prima volta, oltre alle squadre del bairo, ha partecipato anche una squadra di un’altra parrocchia, la parrocchia del “Sacro Cuore di Gesù”. Il torneo, molto equilibrato, ha visto trionfare i “padroni di casa” ai calci rigore.

Il giorno seguente, alle 8, ha avuto inizio la processione per le vie del quartiere e, alle 9, la Messa presieduta dal vescovo ausiliare di Salvador, mons. Valter Magno. Durante l’omelia il vescovo ha invitato la comunità a vivere la misericordia, in un periodo non facile per la città, e a costruire la comunità, vero luogo di fede, intorno all’Eucarestia e alla Parola. A seguire, sempre in chiesa, la presentazione di quattro balletti del corso di danza.

Festa è anche incontro, per questo si è proseguito con il pranzo comunitario, caratterizzato dalla feijoada, il tipico piatto brasiliano a base di fagioli, preparata per circa 150 persone dal gruppo delle signore della cucina. A seguire, un momento ludico con il Bingo a premi.

«La nostra è una parrocchia giovane, che ha poco meno di 15 anni – ha spiegato il parroco, don Davide Ferretti –, ma che, in mezzo ai problemi e alle difficoltà, sa ritrovarsi per vivere la comunità».