1

“Siamo nati e non moriremo mai più”, la vita di Chiara Corbella Petrillo a Vicomoscano (AUDIO)

Non è la storia di Chiara Corbella Petrillo che fra Vito D’Amato è venuto a raccontare in una chiesa gremita, quella di Vicomoscano, sabato 9 marzo in occasione del sesto incontro del ciclo Testimoni per l’anno pastorale 2018-2019. Non la storia di una giovane donna che il 13 giugno 2012, “dopo aver detto a tutti Ti voglio bene”, muore a seguito di un tumore alla lingua, dopo aver attraversato la sofferenza per la perdita di due figli neonati. Non è la sua storia narrata a conquistare giovani e famiglie rimasti in silenzio per due ore in attesa di capire; ma la sua persona, la stessa Chiara, accompagnata tra i presenti, quasi in punta di piedi, da quello che, durante la sua vita terrena, è stato la sua guida spirituale e che, ora che Chiara non c’è più, è diventato il suo migliore testimone.

Le parole di fra Vito, accattivanti e fuori dagli schemi, vengono affiancate alla proiezione del video dei funerali di Chiara, una festa gioiosa, e della sua ultima testimonianza da Medjugorje dove aveva voluto essere accompagnata dagli amici più cari nella richiesta della grazia.

“Siamo nati e non moriremo mai più” non è solo uno slogan che Chiara ha detto in un momento di riflessione o di ispirazione; non è nemmeno solo il titolo della sua biografia scritta da due amici intimi, Simone Troisi e Cristiana Paccini. “Siamo nati e non moriremo mai più” è il suo stile di vita, la sua capacità, innata nella fede, di relazionarsi con il mondo (e con il male che ha vissuto) sempre a partire dal cuore, un cuore colmo di Cristo.

“Che cosa affascina di Chiara, al punto da fare tradurre in 14 lingue la sua biografia?” è la domanda con cui fra Vito apre l’incontro. “La sua vita imperfetta, affascina” la risposta che ci inquieta. Come definire normalmente imperfetta la vita di una donna che ha perso due bimbi e ha avuto il coraggio di una terza gravidanza portata a termine rinunciando alle cure che  l’avrebbero, forse, salvata da un tumore che nel frattempo si era impossessato del suo corpo? Eppure fra Vito vuole specificare anche questo: “Non dite che Chiara non si è curata! L’ha fatto, ma scegliendo i tempi e i modi meno pericolosi per il suo bambino”.

Il tentativo di fra Vito è quello di smontare una visione fideistica che disegnerebbe Chiara come paladina della fede, donna speciale perché ha sofferto in coerenza con i valori cristiani, disposta a rinunciare alla sua vita in maniera rassegnata per il bene di suo figlio. Non è così. Chiara è stata vitale e combattiva, ma si è sempre lasciata condurre dalla fede che la sua famiglia e la sua storia personale le avevano regalato. Chiara è la santa della porta accanto. È la testimone di una santità a cui tutti possiamo e dobbiamo ambire.

“Nella fede c’è un momento in cui ti devi affidare e devi lasciare che qualcuno si prenda cura di te” è una delle parole di Chiara che vengono regalate ai fedeli presenti perché “Siamo nati per un atto di amore, viviamo per amare ed essere amati, moriamo per conoscere l’amore vero di Dio”.

Il ciclo di incontri terminerà sabato 11 maggio ore 21 con l’intervento della dott.ssa Elsa Belotti dal titolo “Pillole di vita per la coppia cristiana”.

Sara Pisani




Il vescovo ha celebrato l’Annunciazione al Santuario della Fontana

Si è svolta lunedì 25 marzo presso il Santuario della Fontana, alla presenza del vescovo Napolioni e di numerosi sacerdoti della zona, la celebrazione festiva dell’Annunciazione a Maria.

La S. Messa, che è stata animata dalla Corale del Santuario, ha avuto avvio con un pensiero che Napolioni ha voluto dedicare, proprio nella giornata in cui papa Francesco si è recato in un altro luogo di culto mariano, la Santa Casa di Loreto, “a chi casa non ha, a chi vive nella solitudine, nella disperazione e nella miseria” perché “soprattutto per questi figli di Dio viene il Signore”.

“Oggi c’è da impazzire di gioia e di impegno. Oggi c’è da vivere senza dimenticare chi siamo!”.

È con questa particolare esortazione che ha avuto inizio l’intervento del Vescovo, il cui fulcro si è concentrato sulla necessità per l’uomo di ricevere Dio nella sua vita, per supplire alle fragilità e debolezze che spesso lo allontanano dall’originario progetto di amore del Padre.

Maria, proposta dalla Chiesa quale modello di accettazione di ciò che può colmare la distanza tra uomo e Dio, è la ragazza scelta da Dio stesso per annullare, attraverso il Verbo fatto carne, la lontananza dovuta al peccato.

“Oggi è la festa di ciò che Maria rende possibile con il suo sì -dice ancora il Vescovo-. Maria chiede a noi di guardare a lei per dire il nostro sì” perché “quel seme di umanità pieno di divino che viene attraverso Maria è tutto per noi”.

In Cristo vero Dio e vero uomo, nel Dio che nell’incarnazione “ha assunto tutta l’umanità con tutti i colori della pelle”, scorgiamo la nascita dell’uomo nuovo, che tutti sa accogliere e abbracciare immersa nell’unità con Dio.

Altra parola chiave di questa celebrazione, allora, è stata unità. “Perché questa Chiesa sia una famiglia unita, quale segno che il Signore vuole che noi diamo al mondo” la personale preghiera dei fedeli pronunciata dal Vescovo. Un’unità di cui, sull’esempio del Santuario, da sempre luogo di pace e di accoglienza, grazie alla costante collaborazione con i sacerdoti delle parrocchie e con il popolo di Dio impegnato a rendere culto a Maria,  si deve far portavoce tutta la Chiesa.

La messa si è conclusa con un sentito ringraziamento di p. Eugenio Peroini, Rettore dei Frati Cappuccini, al Vescovo per la sua presenza nella semplicità e a quanti si impegnano costantemente perché il Santuario sia luogo di incontro e fratellanza.

Sara Pisani




“L’ora della Terra”, a Casalmaggiore Mastrojeni parla di cambiamenti climatici

Si è tenuto sabato 30 marzo presso la Biblioteca Mortara di Casalmaggiore, all’interno delle celebrazioni per l’Earth Hour 2019, “L’ora della terra”, incontro voluto dal circolo Acli cittadino, Anpi, Persona e Ambiente, Amurt e Coop. Nonsolonoi, che ha avuto come protagonista il diplomatico e giornalista Grammenos Mastrojeni.

L’intervento del relatore è stato introdotto da alcune parole tratte da “Tu non uccidere” di don Primo Mazzolari (1955) lette dal prof. Roseghini: “Esigiamo subito di mettere veramente in pratica le norme della giustizia onde giungere a una più equa distribuzione delle ricchezze”. Il rapporto tra pace e distribuzione della ricchezza già intuito da don Primo, e che oggi annovera tra le sue cause principali anche i cambiamenti climatici, è stato al centro dell’intensa relazione che il diplomatico Mastrojeni ha offerto alla platea giunta numerosa anche da oltre provincia.

L’incipit del suo ragionamento, a cui è stato portato dalla proiezione del video Climate change it changes everything (del Global Catholic Climate Movement), ha riguardato la cura che del creato gli uomini devono tornare ad avere. “Quel che dicono le principali religioni sull’uomo – ha ricordato Mastrojeni- è esattamente quel che ci chiede la natura”: occorre fondare un’ecologia integrale (termine caro a papa Francesco e filo conduttore della sua enciclica Laudato si’) capace di ripristinare l’originaria armonia tra il creatore e le creature, che sappia superare il caos creato dal cambiamento climatico e riportare all’equilibrio iniziale.

Per il relatore, il vero problema del cambiamento climatico non sarebbe da riscontrarsi nelle catastrofi naturali, ma nell’imprevedibilità che esse portano con sé, ossia nella loro ingestibilità, cui spesso le popolazioni e gli Stati non sanno far fronte.

“Le persone pensano in maggioranza che cambiamento climatico significhi surriscaldamento del pianeta. In realtà esso ha a che fare con il caos e l’imprevedibilità dei fenomeni”. Il vero problema dunque starebbe non tanto nell’aumento di un grado delle temperature, che andrebbe letto come diretta conseguenza dell’imprigionamento di energia dovuta all’effetto serra, ma nelle ripercussioni che questo porterebbe con sé. “Se gli scienziati dicessero che l’aumento di un grado corrisponde a un’energia paragonabile a quella di 400mila bombe nucleari esplose in un giorno – prosegue – tutti ci renderemmo conto dell’enorme quantità di energia fuori controllo presente nell’ecosistema terrestre”.

Questa stessa energia fuori controllo genererebbe il caos in alcune aree sensibili del pianeta, rappresentato da desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, salinizzazione dei terreni costieri. I contraccolpi sarebbero fame, conflitti, terrorismo, traffici illeciti, migrazione forzata e quant’altro riveli una debolezza delle società, come l’espandersi di possibili contesti di illegalità non facilmente gestibili. Tra i quali Mastrojeni annovera in primis le cosiddette migrazioni ambientali, delle quali dice essere “movimenti forzati di popolazione”, che dipendono in larga misura dai cambiamenti climatici. Pertanto “la vera soluzione per fermare le migrazioni forzate, che spesso si rivelano migrazioni illegali, non è la politica del muro – con la quale Mastrojeni intende la chiusura della fortezza Europa – ma il cambiamento dei nostri stili di vita”.

 

Sara Pisani




A Vicomoscano la testimonianza di Fabrice, giovane seminarista togolese

Un racconto speciale quello che sabato 6 aprile ha echeggiato tra le pareti del salone dell’oratorio di Vicomoscano, penultimo appuntamento del ciclo di conferenze “Testimoni” organizzato dall’unità pastorale di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara. A testimoniare la sua formazione e la sua fede in Cristo un giovane togolese, Fabrice Sowou Kossi, ventinovenne arrivato in diocesi un anno fa direttamente dal Togo per affrontare 7 anni di formazione nel Seminario di Cremona e poi tornare in patria per svolgere il proprio ministero. Fabrice presta il suo servizio domenicale da seminarista proprio nella parrocchia di Vicomoscano.

I giovani seminaristi togolesi della Comunità di MiJeMa (Missionari di Gesù e di Maria), fondata da padre Emmanuel Amouzou-Dye, anch’egli seminarista negli anni ‘80 a Cremona, raggiungono il territorio cremonese e vivono, oltre agli anni di studio, anche la possibilità di entrare in contatto con la realtà delle parrocchie cui sono destinati. Così è stato per Fabrice, che ha voluto ricompensare Vicomoscano della bella accoglienza e presentare il suo Paese d’origine e la sua storia.

Dopo una breve descrizione per immagini del Togo, nazione dell’Africa occidentale che si affaccia sul Golfo di Guinea e che confina con Benin e Ghana (e condivide con quest’ultimo l’usanza di dare un secondo nome ai bambini in base al giorno della settimana in cui vedono la luce), Fabrice ha raccontato della sua vita, simile a molte altre vite di bambini togolesi, che restano orfani sin da piccoli o vengono abbandonati dai genitori, vessati da un’estrema povertà.

“Quando avevo 7 anni mio padre è morto di malattia in pochi giorni e a un anno di distanza dalla sua scomparsa mia madre ha lasciato me e mia sorella orfani di entrambi i genitori” racconta Fabrice tra la commozione dei presenti. La speranza di poter costruire un futuro migliore lo spinge ad abbandonare la sorella e ad attenderlo, dopo diverse peregrinazioni anche sofferenti, l’orfanotrofio fondato dallo stesso padre Emmanuel e gestito da una congregazione di suore. Lui che veniva dalla povertà – “un solo pasto al giorno” dice più volte – percepisce la vita in orfanotrofio come un paradiso.

“Avere un tetto, libri per studiare, mangiare tre volte al giorno, per me era il paradiso”. Davvero strana coincidenza che di lì a poco il ragazzo che intravedeva la salvezza nella prima opera fondata da padre Amouzou-Dye sarebbe poi entrato a far parte della sua stessa congregazione. Quando nel 2011 Fabrice viene accolto nella comunità dei Frati Missionari di Gesù e Maria la vita per lui cambia: i primi quattro anni di studio, i primi voti nel 2015, l’annuncio da parte di padre Emmanuel che sarebbe partito con altri due confratelli per l’Italia, destinazione diocesi di Cremona.

Quella stessa comunità da cui Fabrice proviene è da sempre legata a Cicognolo, da quando il suo padre fondatore vi prestò servizio. Qui è stata fondata, proprio per dare continuità all’amicizia coltivata negli anni con padre Emmanuel, l’onlus “Amici di Don Emanuele”, che ogni anno sostiene i diversi progetti portati avanti dai padri togolesi: un centro di formazione professionale per apprendere competenze meccaniche, idrauliche e di lavorazione dei metalli e del legno; un centro sanitario; un centro agricolo; un centro di accoglienza per bambini orfani. Ogni anno parte da Cicognolo un container ben stipato pieno di generi di prima necessità oltre che di materiali che possono migliorare la logistica dei centri professionali. Per questo ai presenti è stato sollecitato un aiuto, non solo necessariamente economico ma anche di partecipazione al viaggio poiché, per usare le parole di don Ottorino Baronio, parroco a Vicomoscano, “qui ci sono esperienze di vita e l’offerta va bene ma bisogna mettere al centro l’incontro con le persone”.

Il percorso per Fabrice è ancora lungo e probabilmente presenterà molte scelte. L’augurio è quello di vivere sempre con la stessa passione con cui in una sera qualunque ha raccontato il suo passato e ha gettato uno sguardo al futuro.

Sara Pisani




Nel Duomo di Casalmaggiore lettura drammatizzata della Passione

Una celebrazione della Domenica delle Palme davvero speciale quella che si è tenuta il 14 aprile nel Duomo di Casalmaggiore. Dopo la benedizione dei rami di ulivo nel cortile interno all’oratorio Maffei, cuore dell’azione liturgica è stata la lettura drammatizzata della Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo il Vangelo di san Luca, affidata dal parroco Rubagotti a un gruppo tanto inusuale quanto motivato di speciali parrocchiani.

Se lo scorso anno era stata una sacra rappresentazione della Passione tenuta all’esterno della chiesa di san Francesco ad attirare i fedeli, per l’apertura della Settimana Santa 2019 la  Commissione Evangelizzazione del Consiglio pastorale ha deciso di proporre alla comunità una lettura animata del Vangelo delle Palme, che permettesse ai presenti di sentirsi maggiormente partecipi nell’ascolto e coinvolti nella riflessione personale.

Con la collaborazione alla regia del prof. Gian Carlo Roseghini e alla lettura di giovani e meno giovani tra cui un talentuoso Sebastiano Fortugno – che ha dato voce alle parole di Cristo – si sono alternate battute individuali e parti corali, che sono state possibili grazie alla disponibilità di un gruppo eterogeneo di parrocchiani convinto che “uniti in Gesù si fanno piccole e grandi cose”. Venti minuti di “alto livello” come li ha definiti il parroco don Claudio Rubagotti al temine della Messa.

Ha contribuito alla buona riuscita della celebrazione anche la presenza della Schola Cantorum del Duomo di Casalmaggiore diretta dal maestro Eugenio Negri.

Sara Pisani




Le suore Francescane Missionarie di Assisi in visita a Casalmaggiore

Il lunedì dell’Angelo per la parrocchia di Santo Stefano in Casalmaggiore è stato segnato da un momento davvero speciale: hanno fatto visita alla città e ai luoghi sacri loro cari le suore Francescane Missionarie di Assisi. Fondatore dell’ordine nel 1702, infatti, padre Giuseppe Antonio Marcheselli, frate minore conventuale, nato a Casalmaggiore (dove pure gli sono dedicati un palazzo e una via) nel febbraio del 1676.

Qui venne battezzato il 21 febbraio nel fonte cinquecentesco tutt’ora custodito presso la chiesa di San Francesco, prima tappa delle religiose. Una mezz’ora per sostare in preghiera, dopo aver ricevuto una calorosa accoglienza dal parroco don Claudio Rubagotti, che ha fatto loro da cicerone. E poi subito pronte per raggiungere il Duomo, dove le sorelle hanno potuto ammirare i tesori e le tele ivi esposti.

Da ultimo, prima della partenza per Vicenza sui luoghi di madre Angela Maria del Giglio (co-fondatrice dell’ordine insieme a padre Marcheselli), le religiose hanno visitato il Santuario Madonna della Fontana, dove Marcheselli era solito pregare sin dall’infanzia, accompagnato dalla madre. Proprio qui si conservano i ritratti originali di padre Marcheselli e della sorella Chiara.

Una giornata di particolare significato per queste suore, provenienti da Paesi anche molto lontani (la maggioranza tra loro è di origine asiatica), ma tanto vicine alla città di Casalmaggiore.

Sara Pisani




A Casalmaggiore candidati sindaci a confronto sulla Dottrina Sociale della Chiesa

Un confronto tra candidati sindaci originale quello promosso dal circolo ACLI di Casalmaggiore mercoledì 24 aprile presso l’Auditorium Santa Croce della città. Tema della serata, infatti, la Dottrina Sociale della Chiesa, dipanata nei suoi numerosi ambiti attraverso una decina di domande inerenti a lavoro, ambiente, welfare. Sono intervenuti I candidati delle uniche due liste finora presentate, che concorreranno per il ruolo di primo cittadino alle elezioni amministrative del 26 maggio prossimo: il sindaco uscente Filippo Bongiovanni per Casalmaggiore al centro e Fabrizio Vappina per Il Listone e CNC Casalmaggiore la nostra casa.

L’organizzazione della serata ha previsto che ai candidati venissero proposte una decina di domande finalizzate a esprimersi sui temi della pastorale sociale (pochi minuti il tempo a disposizione per ciascuna risposta) e che poi dal pubblico, presente numerosissimo, venissero raccolti altri stimoli più legati al territorio e alla politica locale.

 

Qui i temi principali analizzati durante il dibattito:

Sul sociale e il lavoro

  1. Stimolare la partecipazione alla politica e alla vita della città – Offrire ai giovani e agli adulti spazi di incontro e di aggregazione
  2. Progettare un nuovo welfare efficace, sostenibile e partecipativo – Conoscere ed integrare le comunità immigrate – Aumentare l’attenzione verso i gruppi marginali e devianti
  3. Lo sviluppo del lavoro nei vari settori economici – Accompagnare i giovani in un percorso di scelta educativa e professionale

Sull’ambiente

  1. Stimolare una economia circolare e sostenibile (agricoltura e foreste – industria e artigianato – commercio e servizi)
  2. Beni comuni: acqua pubblica / privata, consumo di suolo, infrastrutture
  3. Migliorare la qualità del nostro paesaggio e territorio, urbano ed extraurbano

Domanda conclusiva

  1. Aprire la nostra comunità al territorio limitrofo

 

Molte le occasioni in cui i presenti hanno potuto riferirsi ai numerosi documenti del Magistero della Chiesa relativi ad accoglienza dei migranti, a dignità del lavoro, a salvaguardia dell’ambiente. Molti i pontefici citati, da Benedetto XVI con l’enciclica Caritas in veritate (per comprendere il valore dell’accoglienza e dell’integrazione delle popolazioni migranti) a Francesco con la Laudato sì’ (per un’ecologia integrale della persona nel rispetto del creato e di tutte le creature)  e con l’esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit (dedicata ai giovani).

Perché, come dichiarato in apertura da Vappina, “occorre far riferimento alle encicliche della pastorale sociale per non limitarci a parlare di argomenti che sono i nostri senza averli filtrati attraverso i contenuti della Dottrina Sociale della Chiesa”.

Molti anche i momenti in cui, in quasi perfetto accordo tra loro, i candidati sindaci, strizzando l’occhio così alle numerose associazioni presenti sul territorio, hanno ricordato il valore del volontariato, in un’ottica di sussidiarietà, attribuendo alla Dottrina Sociale della Chiesa un’auspicata partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Vita del territorio a cui sono chiamati a partecipare anche e soprattutto le nuove generazioni, che – per citare Bongiovanni – “penso siano in difficoltà a trovare una collocazione all interno di questa società perché a volte ci sono adulti non più all’altezza del compito di educatori. In futuro il welfare andrà ripensato valorizzando e promuovendo quelle iniziative che vedano riportare al centro la persona e le sue relazioni, quelle vere, quelle reali”.

Il confronto si è concluso con una serie di domande dal pubblico relative ad ambiente (sottosuolo, diserbanti e biodiversità, riduzione della plastica) e turismo (attrattiva del fiume Po).

Il prossimo appuntamento promosso dal circolo ACLI di Casalmaggiore si terrà martedì 30 Aprile alle 20.45, sempre presso l’Auditorium Santa Croce, dal titolo “L’Europa che vogliamo”. Relatore sarà il professor Filippo Pizzolato, docente di diritto presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano.? Locandina dell’evento

Sara Pisani




Convivere insieme in pace ed armonia: a Casalmaggiore una serata di confronto tra religioni

Una serata di altissimo livello quella organizzata dall’Associazione culturale Arrahma (misericordia la traduzione in italiano) che si è svolta a Casalmaggiore sabato 27 aprile, intitolata “Convivere insieme in pace ed armonia”. A sedere al tavolo dei relatori i rappresentanti di diverse religioni presenti sul territorio casalasco, per condividere l’idea che la convivenza tra espressioni di fedi differenti sia non solo auspicabile, ma assolutamente possibile.

Per la cristiani Cattolici era presente il parroco di Santo Stefano e San Leonardo, don Claudio Rubagotti; per i cristiani Evangelici (comunità pentecostale) il pastore Antwith; per il Sikhismo, Gursharan Singh; e a rappresentare l’Islam, invitato da una moschea di Milano, l’imam Mahmoud Najib.

Nella sala preposta all’evento, l’auditorium Santa Croce di Casalmaggiore, nemmeno una sedia è rimasta libera. Fianco a fianco, occhi negli occhi, donne e uomini di diverse regioni del mondo hanno fatto risuonare un canto nuovo. Con la loro stessa presenza hanno seminato un germe di rinnovata vita comunitaria. Qualcuno ha detto che era dai tempi di don Paolo Antonini (colui che nel 1989 aprì proprio a Casalmaggiore la prima Casa dell’accoglienza) che non si respirava un’aria così intensa di dialogo interreligioso. E tutti, o quasi, ne hanno avuto la  concreta percezione.

L’incontro, che è stato moderato dai giornalisti Marco Bazzani de La Provincia e Nazzareno Condina di Ogliopo News, si è aperto con un intervento di quest’ultimo che ha dichiarato il senso di una serata come questa, facendo memoria che “Casalmaggiore è la terra di un prete che ha fatto dell’accoglienza la sua primaria necessità”. Evidente il riferimento alla storia della comunità casalasca che tra gli anni ’80 e ’90 è stata raggiunta dalle prime migrazioni e ha visto convivere pacificamente nella Casa dell’accoglienza “Don Bosco” una decina di nazionalità diverse. Notevole coincidenza che uno dei relatori (il pastore protestante Antwith) fosse stato tra gli ospiti del don Bosco: appena presa la parola, ha ricordando don Paolo e lo ha ringraziato a distanza di 20 anni, definendolo “grandissimo profeta”.

È seguito l’intervento introduttivo di Bazzani che, citando la Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II (28 ottobre 1965) e gli incontri interreligiosi di Assisi indetti per la prima volta da Giovanni Paolo II nel 1986, ha dimostrato che il dialogo interreligioso è fondante tutta la dottrina del Magistero della Chiesa Cattolica da più di cinquant’anni a questa parte.

Tutti i relatori sono stati capaci, con un rispetto e un’eleganza a cui non siamo più abituati, di ragionare sul valore della conoscenza delle reciproche diversità, sfogliando le pagine dei propri libri sacri o dei documenti magisteriali alla ricerca di ciò che unifica, di ciò che crea senso di appartenenza alla medesima comunità, la si chiami famiglia umana o cittadinanza italiana. O perché no, cittadinanza casalasca. Perché anche di questo si è sentito parlare: di integrazione del migrante nel paese di accoglienza, pur mantenendo fede alle proprie origini anche nella diversità religiosa; e di convivenza pacifica tra chi, nella medesima condizione di ospite su questa terra, è chiamato a ricordare di essere fatto della stessa materia umana, che qualcuno direbbe è materia dei sogni.

Quale sintesi della serata alcuni concetti chiave espressi dai relatori.

Empatia. Con questo concetto ha aperto il suo intervento il rappresentante del Sikhismo invitato dalla Comunità Sikh di Casalmaggiore. Empatia come riconoscimento dell’altro a partire, come è tipico di questa religione monoteista che si fonda sul concetto di uguaglianza, dal più debole, dal povero, dall’ultimo. Nel tempio Sikh di Casalmaggiore il langar (la cucina) è aperta 24 ore su 24, notte e giorno, per chiunque (sikh e non, straniero e italiano) abbia necessità di mangiare un pasto caldo.

Ricordando il valore della gerarchia per la Chiesa Cattolica e del primato petrino, don Rubagotti si è soffermato sul dialogo interreligioso come qualcosa di indiscutibile. “Se il Papa ad Abu Dhabi ha incontrato il Grande Imam di Al-Azhar, succede qualcosa che non è opinabile: non si può camminare da soli. Tutti i raggi sono il nostro futuro, italiani e non. Se non siamo capaci di abbracciarci la nostra fede sarà sconfitta”. Il riferimento è a NA2: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni […] che non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”.

L’imam Najib ha sottolineato, a partire dal Corano, come il dialogo sia tutto per sconfiggere le paure. E questo è dimostrato dal fatto che Dio stesso ha dialogato con le sue creature. “Noi dobbiamo essere come le dita della mano, diverse ma unite. Esse lavorano insieme in modo armonioso” perché “la nostra convivenza è una realtà, un destino. Sta a noi fare di questa realtà una punizione o un privilegio, un vantaggio”. E ha riportato l’esempio della città di Milano in cui si mette in pratica quanto detto grazie al lavoro svolto da don Giampiero Alberti: 10 imam incontrano mensilmente 10 preti cattolici per studiare insieme il documento Nostra Aetate e condividere le proprie religioni. E ha lanciato l’appello alla comunità islamica casalasca di pensare di aprire la moschea (che invero qui non è presente se non come luogo di incontro in un retro bottega) all’intera cittadinanza, perché conoscendosi si superino le diffidenze.

Il pastore pentecostale Antwith, rappresentante della comunità ghanese protestante, accompagnato al tavolo da una Abigail, giovane di seconda generazione. Entrambi hanno ricordato il valore dei giovani che sono ponte tra le famiglie e il territorio e che chiedono di mescolarsi (nel volontariato, nella scuola, nel lavoro) con i giovani italiani, per “elevarsi come esseri umani”.

Sara Pisani




L’Europa al centro della relazione del prof. Filippo Pizzolato

Si tenuto martedì 30 aprile, presso l’auditorium Santa Croce di Casalmaggiore, l’incontro “Europa com’è, Europa che vogliamo” organizzato dal circolo ACLI locale. Relatore il prof. Filippo Pizzolato, docente di Diritto dello Stato preso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, nonché uno dei maggiori esperti di questioni europee.

Presentato da Francesco Caffelli del circolo ACLI, il relatore ha avuto modo di analizzare le complesse questioni riguardanti il processo di unificazione europea, sottolineando l’inadeguatezza del dibattito pubblico, ridotto ad una disputa tra opposte fazioni Europa sì-Europa no, sovranisti contro federalisti.

Il prof. Pizzolato, stimolato dagli interventi dei presenti, ha invece sottolineato come la sfaccettata vicenda dell’integrazione europea possa essere risolta solamente accelerando i processi di armonizzazione delle varie istituzioni. «Se guardiamo in faccia i fallimenti dell’Unione Europea, dobbiamo ammettere che sono frutto di un’incompiutezza. Di Europa ce n’è troppo poca, non troppa!».

Eppure è inconfutabile che questa UE ha accumulato diversi fallimenti, soprattutto in settori che hanno rivelano le maggiori criticità quali le politiche di accoglienza, quelle economiche e la politica estera. Quest’ultima era, a ben vedere come è stato ricordato, già evidente nel dibattito sulla costituzione dell’allora Comunità Europea tra il segretario della Democrazia Cristiana e Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e il grande intellettuale cattolico Giuseppe Dossetti. Dibattito che non è mai stato risolto fino in fondo.

Il futuro dell’Europa, quindi, si gioca perseguendo la strada di un’integrazione per livelli successivi, ovvero la cosiddetta “Europa a due velocità”. Con quali criteri andrebbero individuati gli Stati componenti il nucleo centrale attorno al quale costruire la nuova Europa? Il criterio fondamentale, secondo il relatore, risiederebbe nella convinzione espressa dall’opinione pubblica dei singoli Stati  rispetto al progetto di un’Europa più integrata.

Sara Pisani




Le reliquie dei S. Teresa di Lisieux e dei genitori a Casalmaggiore aprono la “Festa della famiglia”

Avrà inizio mercoledì 8 maggio la “Festa della famiglia” delle Parrocchie di Santo Stefano e San Leonardo in Casalmaggiore. Appuntamento importante nella vita della comunità, la festa venne introdotta da don Marco Tizzi negli anni ’80 e, dopo una pausa durata alcuni anni, venne reintrodotta con l’arrivo di don Marco Notarangelo, vicario parrocchiale responsabile anche del Gruppo famiglie.

Proprio al Gruppo famiglie don Marco ha affidato il compito di pensare, stilare e realizzare un programma fatto di momenti di riflessione, ma anche di svago, divertimento, cucina, spazi riservati ai bambini, cinema  e spettacoli per grandi e piccini. Il senso della festa è sperimentare il valore della famiglia quale luogo originario del privato e del pubblico, quale momento di nascita e crescita della prima micro-società con la quale ogni essere umano, a qualsiasi latitudine, si trova a dover fare i conti. Fondamento della società e della Chiesa stessa.

Interessanti gli spunti di riflessione sul tema della famiglia oggi, ma anche di apertura al territorio e alla Diocesi. In questo senso, da lunedì 6 a venerdì 10 maggio, saranno accolte nel Duomo di Santo Stefano in Casalmaggiore le reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino e dei suoi genitori, i coniugi Luigi e Zelia Martin, anch’essi canonizzati dalla Chiesa.

Data la volontà degli organizzatori di far coincidere la festa con il loro arrivo in città, a significare che dall’esempio di questa Santa famiglia si può ancora imparare, la festa è stata anticipata al mese di maggio (quando da tradizione si tiene a giugno). L’inaugurazione è prevista mercoledì 8 alle ore 21 in Duomo con la Veglia di preghiera condotta dal parroco don Rubagotti e da padre Sangalli, dei Carmelitani Scalzi e postulatore della causa per la canonizzazione dei coniugi Martin. Lo stesso padre Sangalli terrà un incontro il 9 maggio alle ore 21 in Duomo.

È dovuta invece alla collaborazione con La città dei bambini iniziativa, alla sua quarta edizione, organizzata dal Comitato Slow Town e FIAB Oglio Po, la partecipazione a “In lupo fabula, chi ha paura del lupo”, spettacolo di fiabe con i Casalmattori che si terrà sabato 11 alle ore 16 in via Baldesio. Per i bambini spazio alla fantasia anche venerdì 10 alle ore 21 quando verrà proiettato un film adatto a loro (per poter lasciare i genitori alla visione di “Fire Proof”) e domenica pomeriggio alle ore 18.30 con lo spettacolo “Aladdin”. Tutte le iniziative per bambini vedranno la presenza di educatori per la dovuta assistenza.

Ogni sera cena e spettacoli sono previsti sul piazzale antistante il Duomo, per aprirsi alla cittadinanza e vivere ancora di più la dimensione della “Chiesa in uscita” tanto cara a papa Francesco.

 

Locandina con il programma completo

Sara Pisani