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Visita ad limina, i vescovi Lombardi accolti da Papa Francesco

Foto con Papa Francesco ©Vatican Media – Tutti i diritti riservati

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È durato circa un’ora e tre quarti l’incontro dei Vescovi della Lombardia con Papa Francesco, in programma nella mattinata di giovedì 1° febbraio nell’ambito della Visita ad limina della Conferenza episcopale lombarda, iniziata lunedì 29 gennaio e che si concluderà venerdì 2 febbraio.

Il momento vissuto dai vescovi lombardi con Francesco è stato all’insegna di un dialogo intenso che ha spaziato dai temi più generali a questioni più specifiche.

«Il Papa ci ha messi subito a nostro agio», racconta a caldo il vescovo Antonio Napolioni. «È stato un dialogo nel quale tutti noi abbiamo avuto modo di intervenire e nel quale sono stati toccati tanti argomenti decisivi per la vita e il futuro delle nostre comunità».

Tra le principali questioni affrontate nel dialogo con il Santo Padre, le ragioni e i segni di speranza in una società affaticata e confusa, la sfida dell’evangelizzazione, l’importanza di educare alla pace, la spiritualità dei sacerdoti e la priorità del servizio per i diaconi. E ancora: l’attenzione del vescovo alla Vita consacrata, l’importanza di diffondere la lettura popolare del Vangelo, l’accoglienza di tutti nella Chiesa e l’accompagnamento di ciascuno nel cammino che deve compiere.

Nell’incontro, all’indomani della festa di san Giovanni Bosco, non è mancato il riferimento a una delle caratteristiche più tipicamente lombarde in campo educativo: gli oratori. «Il Papa – racconta ancora il vescovo Napolioni – ha espresso grande apprezzamento per gli oratori e stima per i preti che vi si dedicano, stando vicino ai bambini così come fanno anche agli anziani, rilevando l’importanza che questi luoghi rivestono nella vicinanza alle persone e nell’accompagnare la crescita dei ragazzi. È stata sottolineata la necessità di valorizzare le inquietudini dei giovani e svegliare quelli appiattiti».

«Il Papa si è dimostrato attento su tutto», conclude il vescovo. «Davvero in tutti noi c’è stata grande soddisfazione per questo incontro e per l’attenzione paterna ricevuta dal Papa, che ha apprezzato anche la bella e feconda comunione tra noi vescovi lombardi».

Tanti dunque i temi affrontati e gli stimoli offerti dal Santo Padre, sui quali i vescovi lombardi hanno iniziato a riflettere subito dopo l’incontro con il Santo Padre con un momento di confronto e risonanza a fine mattinata, dopo la preghiera sulle tombe dei Pontefici.

La Visita ad limina è iniziata lunedì 29 gennaio con gli incontri che i vescovi lombardi hanno avuto con i responsabili e gli operatori del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita aspotolica. Guarda la photogallery del primo giorno

Martedì gli incontri al Dicastero per i Vescovi e in quello per il Clero; nel pomeriggio i confronti al Dicastero per le Chiese orientali e alla Pontificia commissione per la tutela dei minori. Guarda la photogallery del secondo giorno

Mercoledì i vescovi lombardi erano stati al Dicastero per la Dottrina della fede, in quello per la cultura e l’educazione e in Segreteria di Stato (II Sezione), concludendo poi nel pomeriggio con la tappa al Dicastero per la comunicazione. Guarda la photogallery del terzo giorno

Nel pomeriggio del 1° febbraio l’incontro presso la Segreteria generale per il Sinodo, concludendo poi la giornata al Pontificio Seminario Lombardo.

La mattinata di venerdì sarà ancora particolarmente intensa con gli incontri al Dicastero per l’evangelizzazione (I Sezione), al Dicastero per il culto divino e al Dicastero per l’evangelizzazione (II sezione), concludendo con l’Eucaristia a San Paolo fuori le mura.

 

 

Chiese lombarde, un cammino comune per la famiglia e la vita

Iniziata la a Visita ad limina dei Vescovi lombardi

Verso la Visita ad limina, il punto su Beni culturali e Diaconato Pemanente

Visita ad limina, mons. Napolioni e i vescovi lombardi a fine gennaio dal Papa




Iniziata la a Visita ad limina dei Vescovi lombardi

Gli incontri di lunedì mattina nei Dicasteri

È in programma dal 29 gennaio al 2 febbraio in Vaticano la Visita ad limina, dei Vescovi lombardi. Il programma ufficiale è iniziato lunedì mattina con la Messa presieduta in San Pietro dall’arcivescovo Mario Delpini e concelebrata dagli altri vescovi della Lombardia. Tra loro naturalmente il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, che subito dopo ha proposto la “positio” al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, dove i vescovi Lombardi hanno incontrato il prefetto, card. Kevin Farrel, il sottosegretario Gleison De Paula Souza e i sottosegretari Gabriella Bambino e Linda Ghisoni. Successiva tappa al Dicastero per il servizio della sviluppo umano, concludendo la mattinata al Dicastero per gli istituti di vita consacrata.

Gli incontri proseguiranno nella giornata di martedì 30 gennaio dopo la Messa in San Giovanni in Laterano presieduta dal card. Oscar Cantoni, vescovo di Como: in mattinata il Dicastero per i Vescovo e quello per il Clero; nel pomeriggio il Dicastero per le chiese orientali e la Pontificia commissione per la tutela dei minori, entrambi scelti dai vescovi lombardi e sarà ancora il vescovo Napolioni a introdurre i lavori sulla tutela minori.

Giovedì è previsto l’incontro con il Santo Padre, alla presenza anche del vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi.

La Messa di lunedì mattina in San Pietro

 

La visita dal limina

Si tratta di un momento importante per la vita delle dieci Diocesi della Regione ecclesiastica lombarda, rappresentando un adempimento che affonda le sue radici in tempi remoti. Infatti, l’espressione ad limina Apostolorum risale ai primi secoli della storia della Chiesa e, nel linguaggio canonico, con limina Apostolorum sono indicate le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, come spiega monsignor Giuseppe Scotti, segretario della Conferenza episcopale lombarda.

Monsignor Giuseppe Scotti

Cosa si intende, in concreto, quando si parla di Visita ad limina?
«Si tratta fondamentalmente di un pellegrinaggio delle Chiese lombarde che, per motivi ovviamente logistici, è oggi compiuto dai Vescovi. Un pellegrinaggio che si realizza alle tombe degli Apostoli, nell’incontro con il Papa e con i Dicasteri della Curia romana che lavorano con il Santo Padre per il bene della Chiesa. Si svolge quindi in un lasso di tempo abbastanza prolungato di lavoro anche per i Vescovi, che saranno impegnati quotidianamente nel suo adempimento. Magari, come spesso accade, sui media si parlerà semplicemente dell’incontro con papa Francesco, perché questo momento, in programma l’1 febbraio, rappresenterà un po’ il clou del pellegrinaggio. Tuttavia, l’andamento sarà molto più articolato, perché prevede incontri con 15 Dicasteri della Curia romana su 22. Dato che si prevede che il dialogo nei Dicasteri duri mediamente fra l’ora e l’ora e mezzo, si capisce che l’impegno è assai significativo».

Parteciperanno tutti i Vescovi di Lombardia?
«Sì, i dieci Vescovi delle altrettante Diocesi della Regione e, per quanto riguarda la Chiesa ambrosiana, anche i tre ausiliari e io come segretario. Saremo dunque 14, compreso il Metropolita di Lombardia, monsignor Mario Delpini e vivremo i giorni della Visita soggiornando tutti presso l’Istituto di Maria Bambina. Un bel segno di condivisione, così come sarà la concelebrazione della Messa ogni mattina».

Vi è stato un cammino di preparazione della Visita che ha coinvolto, per esempio nella nostra Chiesa, gli uffici di Curia per raccontare le singole realtà?
«Sì, e questo dice bene come è stato pensato e realizzato il percorso di avvicinamento e di preparazione. Bisogna ricordare che l’ultima vera Visita ad limina fu compiuta nel 2007 – durante l’episcopato del cardinale Tettamanzi -, mentre fin dall’inizio del XX secolo il diritto canonico prevede che siano fatte ogni cinque anni. In effetti vi fu nel febbraio del 2013 – guidata dall’allora metropolita, il cardinale Scola -, ma poiché papa Benedetto aveva appena rinunciato si trattò solo di un semplice saluto. Poi è arrivato il Covid e quindi siamo giunti al 2024. È chiaro che fare un check-up della situazione delle Chiese in Lombardia, dopo così tanti anni, sia stato molto laborioso. Infatti ogni Diocesi ha preparato un dossier in media di 600-700 pagine, per le 23 domande alle quali si è dovuto rispondere, illustrando la situazione delle Diocesi stesse, dei sacramenti, della Pastorale, degli Uffici amministrativi… Insomma, uno sguardo a 360 gradi. L’incontro con i Dicasteri vaticani non trova certamente i Vescovi impreparati o alle prese con qualcosa di non conosciuto, perché nella Conferenza episcopale lombarda ogni presule ha una delega per specifici ambiti. Per esempio il nostro Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, vescovo delegato per l’Osservatorio giuridico, guiderà l’incontro con la Segreteria di Stato, presentando i temi, tenendo conto, ovviamente, che la Segreteria ha uno sguardo internazionale e monsignor Agnesi presenterà la situazione lombarda. Monsignor Delpini prenderà invece la parola al Dicastero per il Clero. Monsignor Vegezzi e monsignor Raimondi interverranno, rispettivamente, alla II Sezione del Dicastero per l’Evangelizzazione e alla Segreteria generale del Sinodo; io, delegato per la Comunicazione, al Dicastero omonimo. La Visita si concluderà con la celebrazione del 2 febbraio nella Basilica di San Paolo fuori le Mura».

Annamaria Braccini (chiesadimilano.it)

 

Chiese lombarde, un cammino comune per la famiglia e la vita

Verso la Visita ad limina, il punto su Beni culturali e Diaconato Pemanente

Visita ad limina, mons. Napolioni e i vescovi lombardi a fine gennaio dal Papa




Verso la Visita ad limina, il punto su Beni culturali e Diaconato Pemanente

Il vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti, ricopre due importanti incarichi all’interno della Conferenza episcopale lombarda (CEL): è delegato e presidente della Consulta regionale per i Beni culturali e l’edilizia di culto e delegato per il Diaconato permanente. Lo abbiamo intervistato per saperne di più.

Eccellenza, quali sono prima di tutto i compiti previsti dal suo ruolo?

«Le deleghe detenute da ogni vescovo lombardo sono relative a vari ambiti pastorali della vita della CEL; il compito delle due consulte di cui mi interesso io è assicurare un rapporto tra questi organismi e la CEL stessa. Le consulte lavorano per il cammino delle chiese in Lombardia: all’interno della Consulta regionale per i Beni culturali esistono due incaricati regionali (uno per i beni culturali e l’altro per l’edilizia di culto) che sono due architetti, Carlo Capponi di Milano e Alessandro Campéra della diocesi di Mantova. Dal punto di vista organizzativo, chi detiene la gestione del lavoro della Consulta sono i due incaricati che, sentendomi e consultandomi, stabiliscono ordine del giorno e temi da affrontare. Il mio compito è riportare in CEL determinati temi per ottenerne orientamenti. Per esempio, un mese e mezzo fa è stato redatto un accordo quadro tra la Regione ecclesiastica Lombarda e la Regione Lombardia che riguarda i beni culturali ecclesiastici, frutto di uno scambio e di un confronto importanti. Il mio è, quindi, un compito di raccordo, partecipo a ogni riunione e tengo le fila dei rapporti con gli architetti».

Com’è la situazione dei beni culturali della Chiesa Cattolica in Lombardia? Quali criticità e quali punti di forza?

«Le chiese lombarde hanno un patrimonio di beni culturali immenso che non riguarda solo le chiese stesse e gli oggetti che vi si trovano, ma anche archivi e biblioteche. In Lombardia, poi, c’è una forte tradizione e una popolazione molto elevata distribuita per ben dieci diocesi. In ogni diocesi gli uffici locali portano avanti un lavoro di catalogazione e di accompagnamento delle singole parrocchie su questioni legate a restauri e lavori. Una delle criticità su cui stiamo lavorando oggi è potenziare la manutenzione ordinaria in modo tale che i beni vengano conservati in buono stato senza interventi emergenziali e conseguente dispendio notevole di risorse. Per questo, abbiamo voluto creare momenti di incontro tra rappresentanti delle diocesi e professionisti esperti dal mondo laico ed accademico che aiutino i nostri operatori a conoscere meglio gli aspetti legislativi ma anche cosa significa conservare un bene culturale con un’opera preventiva. Grazie agli architetti Capponi e Campéra, abbiamo organizzato diversi incontri anche con crediti formativi. Per quanto riguarda l’Edilizia di culto, ci sono nuove normative e il lavoro deve essere interconnesso con le Sovrintendenze, è importante che ci siano competenze e maturità sul valore sacro e liturgico di ogni chiesa. Una delle criticità che riscontriamo è legata alle risorse umane ed economiche che andrebbero aumentate. Altro punto fragile è che su alcune pratiche ci sono tempi lunghi per ottenere i permessi di Ministero e Sovritendenza. Non per cattiva volontà degli enti preposti, ma perché anche qui le risorse umane sono limitate: un esempio classico sono le famose VIC, le Verifiche di interesse culturale, perizie numerose che spesso si accumulano e rischiano di non trovare risposte in tempi ragionevoli».

Quali sono i progetti su cui il settore sta lavorando per il mantenimento dei tesori artistici e culturali della Lombardia?

«Vogliamo continuare a portare avanti gli incontri regionali con gli esperti; con l’Assessorato regionale rivedremo l’accordo quadro che risale ad un paio di anni fa non tanto nel suo impianto di fondo (secondo il quale la Regione riconosce che i beni culturali ed ecclesiastici sono una risorsa per tutta la comunità) ma nell’idea di creare nuove pratiche per partecipare a bandi e finanziamenti. Infine, c’è un progetto pilota attivato dalla Regione ecclesiastica del Piemonte che permette l’accesso a chiese poco utilizzate ma di grande valore tramite una applicazione e speciali dispositivi per aprire la chiesa e accedere ad una visita. Alcune chiese, infatti, si trovano su percorsi escursionistici o religiosi e sono luoghi non sempre aperti. Grazie all’app, turisti e pellegrini potrebbero accedervi, ovviamente in sicurezza e sotto sorveglianza, anche se sono poco frequentate dal punto di vista celebrativo; partner disponibile a sostenere l’iniziativa è la Fondazione Cariplo. Attualmente il progetto è in via di gestazione e in attesa di fare una esperienza pilota in qualche diocesi lombarda. In Piemonte ha avuto un riscontro positivo sia per i visitatori che per le comunità locali: a disposizione c’è anche una guida digitale che permette la lettura delle opere d’arte sia dal punto di vista culturale che religioso. La Chiesa Cattolica, infatti, si interessa di beni culturali non solo per questioni di conservazione (che sono comunque molto importanti) ma anche perché essi hanno una grande forza evangelizzante per coloro che li ammirano».

Rispetto, invece, alla seconda delega, quella relativa al Diaconato Permanente, e all’importanza della figura del diacono oggi per la Chiesa Cattolica: quanti sono i diaconi permanenti in Lombardia ad oggi? e qual è il percorso spirituale che possono intraprendere?

«Nella nostra regione, come in tutto il resto d’Italia, c’è una attenzione al diaconato permanente che si traduce anche con l’attività della Consulta regionale che prevede la presenza di responsabili, delegati per la formazione, un incaricato regionale (don Filippo Dotti) e poi un vescovo delegato che sono io. È difficile quantificare la presenza dei diaconi in Lombardia, per via del fatto che il diaconato permanente è una istituzione rilanciata dal Concilio Vaticano II non come mero passo per il presbiterato, ma come ministero in forma di dedicazione alla Chiesa che può essere concesso a uomini già sposati o celibi (questi ultimi devono però assumersi l’impegno del celibato). In tutte le regioni ecclesiastiche, quindi, l’attivazione è stata temporalmente diversa: ci sono diocesi che lo esercitano da 30 anni ed altre da appena una decina e il numero diventa fluttuante; di massima si può dire che sono circa quattrocento. Il diacono deve compiere un cammino di formazione che parte dal discernimento e che prosegue con l’accoglienza come candidato agli ordini e con una formazione anche teologica (a Pavia, per esempio, è necessario conseguire la laurea breve di tre anni in Scienze Religiose). Durante il percorso si ricevono Lettorato e Accolitato e poi il Diaconato. Della Consulta Regionale fanno parte i delegati, sia presbiteri che diaconi, che accompagnano il cammino formativo sia di coloro che si stanno preparando che i chi è già diacono e per cui vale la formazione permanente. A livello regionale c’è un documento consegnato ai vescovi lombardi per sollecitare maggiore attenzione nelle singole chiese, perché il ministero è ancora poco conosciuto e valorizzato: per questo, durante l’anno vengono organizzati momenti di ritiro aperti ai diaconi ed a coloro che sono in formazione. Ogni due anni si svolge un convegno regionale su un tema scelto dalla consulta e concordato con diversi diaconi di ogni diocesi. Alcuni vengono con le loro famiglie: in questi ultimi anni, infatti, si tende a coinvolgere anche le mogli dei diaconi perché, ricordiamolo, è necessario il permesso esplicito della consorte per diventare diacono; inoltre, riteniamo giusto ascoltare la loro voce perché il matrimonio può diventare un ambito di testimonianza».

La figura del diacono permanente è di supporto all’operato dei sacerdoti. Quali sono gli incarichi che ricoprono e le attività previste dal loro ruolo? E ancora: si è parlato spesso di prevedere un quid economico per il loro operato, cosa ne pensa? È un passo opportuno oppure no?

«Dal punto di vista sacramentale il diacono ha ricevuto il sacramento dell’Ordine e fa parte di un Ordo, ma ha una vita da laico. Se è sposato ha una famiglia, diversamente ha sicuramente un lavoro perché il diacono deve essere autonomo e indipendente dal punto di vista economico. È capitato che a qualche diacono sia stato chiesto un servizio a tempo pieno in una diocesi e in quel caso la persona riceve uno stipendio, ma normalmente non è così. Ricordiamo che il diacono può dare una testimonianza anche attraverso il proprio lavoro. Ritengo il diacono una figura molto importante che va capita e proposta bene: non è un “mezzo prete” e nemmeno un suo sostituto o una “creatura ibrida”, ma è un battezzato che ha ricevuto un sacramento specifico e che è chiamato a svolgere un ministero in due campi, quello della carità (persona che anima e sostiene la testimonianza della carità ovunque sia chiamato a servizio) e quello di essere uomo del Vangelo. Può, infatti, predicare anche durante le celebrazioni come servizio alla Parola. Apparterrebbe al diacono anche la cura dei beni della Chiesa e spesso è una figura che si affianca agli economi diocesani. Una volta ricevuta l’ordinazione, il diacono riceve anche un incarico dal vescovo a servizio di una unità pastorale oppure di enti diocesani come le Caritas o in servizi nelle carceri. Il servizio è ampio, d’intesa con il presbitero di riferimento: è capitato che ci fossero anche diaconi responsabili di unità pastorali, ma questo non è l’ideale perché così il diaconato rischia di prendere una forma di sostituzione che non è inerente alla figura; è chiaro però che con la riduzione dei presbiteri quest’ultima possa essere una eventualità. Preferisco però pensare al diacono come a una figura di riferimento per alcune parrocchie o per un ambito specifico di una unità pastorale. Certo, è importante capire che il diacono è una figura di valore, caratterizzata da una sua vocazione specifica e con la sua centralità: comprendere questo richiede un lavoro comunitario ma anche una assunzione di coscienza da parte dei diaconi stessi che devono vivere il loro ruolo portando la testimonianza anche con la loro professione, come accade qui a Pavia, dove si favorisce una modalità evangelica del lavoro. I nostri presbiteri, dal canto loro, devono imparare a valorizzare il diacono: ho esempi positivi nei quali la specificità del diacono viene percepita e diffusa. Credo, in ultima analisi, che la figura del diacono sia una risorsa preziosa da valorizzare al più presto».

Simona Rapparelli (Il Ticino)




Visita ad limina, mons. Napolioni e i vescovi lombardi a fine gennaio dal Papa

Da lunedì 29 gennaio a venerdì 2 febbraio il vescovo Antonio Napolioni, insieme agli altri presuli lombardi, sarà in Vaticano per la Visita ad limina. Un momento di condivisione tra la Chiesa universale e le Chiese particolari che presenteranno la propria situazione negli incontri che i vescovi delle Chiese di Lombardia, guidati dal metropolita mons. Mario Delpini, avranno nei diversi Dicasteri vaticani e incontrando Papa Francesco.

La Visita ad limina apostolorum, nata come pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, nei secoli si è consolidata come pellegrinaggio regolare dei vescovi di tutto il mondo sulla tomba di Pietro e come momento di confronto e condivisione con il Santo Padre.

«La Visita ad limina è – spiega mons. Massimo Calvi, vicario generale della Diocesi di Cremona – un’occasione di condivisione per le Diocesi di tutto il mondo che, in questa occasione, esprimono e rafforzano il loro senso di appartenenza alla Chiesa universale».

La Visita ad limina si vive solitamente ogni cinque anni, ma per le Chiese di Lombardia l’ultima risale al febbraio 2013. Nella settimana romana i vescovi lombardi incontreranno i 12 Dicasteri previsti dal protocollo, più tre a loro scelta: i vescovi che nella conferenza episcopale lombarda sono riferimento per l’ambito apriranno l’incontro con la “ponenza”, esponendo quanto riscontrato in questi anni rispetto a ogni settore, evidenziando le caratteristiche pastorali proprie della regione ecclesiastica lombarda, tra ricchezze, potenzialità e criticità. Il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, interverrà al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita e alla Pontificia commissione per la tutela dei minori.

Punto di partenza sono le relazioni che tutte le Diocesi hanno compilato nelle scorse settimane e già presentato in Vaticano. «In occasione delle Visita ad limina le Diocesi sono invitate a predisporre un’ampia relazione sul loro stato di vita – precisa a questo riguardo mons. Calvi – cercando di illustrare ciò che esse hanno impostato, sotto i vari punti di vista, negli anni trascorsi dal precedente incontro con il Santo Padre. Naturalmente anche la Diocesi di Cremona ha preparato questa relazione, che cerca di descrivere ciò che è avvenuto, nel bene e nel male, in questo decennio». Una stesura avvenuta dopo un lungo processo cui hanno preso parte insieme al vescovo e ai suoi più stretti collaboratori, tutti i responsabili degli uffici di Curia sotto con il coordinamento proprio del vicario generale e del cancelliere don Paolo Carraro.

«Sicuramente la relazione presenta la vita della Diocesi in maniera articolata e complessa – racconta il vicario generale –. Mette in relazione le risorse umane e spirituali che la Chiesa locale vive, ma non nasconde le situazioni più problematiche». E aggiunge: «Si può dire che alcuni problemi che si affacciavano come iniziali, nel tempo hanno maturato un radicamento maggiore. Basta pensare alla decrescita della partecipazione alla vita liturgica. O a tutti i problemi che emergono nelle famiglie, che si trovano a procrastinare sempre di più il matrimonio, magari preferendo la convivenza. E un segnale di preoccupazione arriva anche rispetto alla denatalità, in crescita come il numero degli anziani, spesso soli. Anche la diminuzione del clero, pur se per il momento ancora contenuta, è un altro elemento di cui si evidenzia il fenomeno, che noteremo sempre di più in futuro».

Un decremento della popolazione di circa 10 mila abitanti, dai 370.564 del 2013 ai 360.328 del 2023, con un calo anche dei fedeli cattolici, passati da 326.096 a circa 300 mila (quasi mille bambini battezzati di differenza tra le due annate, 2.031 nel 2013 e 1.215 nel 2023). Come sottolineato dal vicario generale, il calo riguarda anche i presbiteri diocesani, che nel 2013 erano 328, mentre ora “solo” 269. Controtendenza rispetto a questi dati, invece, il numero dei seminaristi diocesani: in 7 frequentavano il Seminario vescovile di Cremona nel periodo dell’ultima Visita (su un totale di 15, compresi i seminaristi provenienti da altre diocesi), mentre attualmente sono 10.

Tuttavia, non mancano elementi positivi «che fanno ben sperare». «Penso alla crescita di consapevolezza del ruolo dei laici e della loro ministerialità, o all’impegno nel rinnovamento dell’iniziazione cristiana – sottolinea mons. Massimo Calvi –. La nostra Diocesi, inoltre, in questi anni è stata impegnata nel ripensamento della presenza sul territorio, con la revisione delle zone pastorale e la costituzione di unità pastorali, per aiutare le parrocchie a unire le forze e avere una presenza pastorale sempre più significativa». Segnali di vita cui si aggiungono i tanti segni di speranza, «come i giovani che intraprendono il cammino della vita presbiterale e consacrata con grande generosità, o che semplicemente vivono con impegno la vita dei nostri oratori e della nostra pastorale giovanile».

La Visita ad limina sarà certo l’occasione per un bilancio della vita delle Chiese locali, ma anche l’invito a non rinchiudersi nell’ambito diocesano senza respirare quel senso di appartenenza alla Chiesa universale che continua a camminare verso il futuro ispirata dallo Spirito Santo.

 

A Roma dopo 11 anni

Durante l’ultima Visita ad limina dei vescovi della Lombardia, avvenuta nel febbraio 2013, fu monsignor Dante Lafranconi, allora vescovo di Cremona, a presentare la situazione diocesana agli occhi di Papa Benedetto XVI. A guidare la delegazione dei vescovi lombardi a Roma l’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Nella sua breve relazione riguardante la Chiesa cremonese, il vescovo Lafranconi illustrò al Pontefice in particolare la visita pastorale effettuata, tra il 2005 e il 2011, in tutte le parrocchie della diocesi. Oltre a questo, furono messi in luce in particolare due significativi temi: l’impegno di evangelizzazione dei più «lontani» dalla Chiesa e il processo di rinnovamento dei percorsi dell’iniziazione cristiana nelle parrocchie. Papa Benedetto XVI, nel 2013, ribadì la necessità della Lombardia di riconoscersi sempre di più come «cuore credente dell’Europa». Una Chiesa, quella lombarda, che il Santo Padre aveva già definito «viva, ricca di dinamismo della fede e di spirito missionario» nella precedente Visita ad limina, quella del 2008. In quel caso, a guidare i vescovi della Lombardia, era stato il cardinale Dionigi Tettamanzi.




Chiese lombarde, un cammino comune per la famiglia e la vita

Sarà il vescovo Antonio Napolioni a presentare nei Dicasteri vaticani quanto e come le Diocesi lombarde hanno camminato e lavorato insieme negli ultimi dieci anni sul tema della pastorale familiare e su quello della tutela minori. Da domani, infatti, inizia la Visita ad limina dei vescovi della Lombardia, un pellegrinaggio a Roma sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, l’incontro con il Santo Padre per descrivere le situazioni locali, «un momento che rende ancora più manifesta la collegialità quale dimensione necessaria per la Chiesa sinodale», come l’ha definita il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei.

Dal 2013 (data dell’ultima Visita ad limina) la Consulta regionale di pastorale familiare, formata dalle coppie incaricate in ogni diocesi di occuparsi di questi temi insieme a sacerdoti, religiosi, diaconi permanenti, ha fatto passi da gigante. «Si riunisce minimo quattro volte l’anno in un clima di passione, condivisione e impegno, tanto che stiamo coltivando una formula residenziale ogni settembre per impostare l’anno», spiega Napolioni, vescovo delegato in regione per la Pastorale per la famiglia e la vita. I campi di lavoro e di riflessione non sono stati pochi: «La stesura di orientamenti comuni per la preparazione al matrimonio; il confronto sulla pastorale delle persone separate, divorziate o di nuova unione, il sostegno alla rete dei consultori familiari di ispirazione cristiana, le problematiche relative al gender, il percorso di accoglienza e studio dell’Amoris laetitia allargato non solo ai membri della consulta, per avere una sensibilità condivisa e responsabili ben formati». Da quest’ultimo tema è nata la lettera Camminiamo famiglie pubblicata dai vescovi lombardi e rivolta a sacerdoti e comunità «per testimoniare – spiega Napolioni – la comunione nel recepire le prospettive aperte dall’Amoris laetitia che poi i singoli vescovi hanno dettagliato dal punto di vista operativo». Le diocesi lombarde sono oggi in cammino con la volontà di favorire «il protagonismo degli sposi e della famiglia nella vita della comunità cristiana», chiarisce ancora il vescovo di Cremona che terrà la «ponenza» (così si chiama l’esposizione introduttiva) al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.

«In diocesi si lavora per avere esperienze pilota sul valore della comunità cristiana come famiglia di famiglie». Così il vescovo racconta poi l’impegno in Diocesi di Cremona per perseguire l’idea di Chiesa vissuta come «corresponsabilità tra preti, consacrati e sposi». Si tratta di uno dei temi più importanti su cui lavora la Consulta regionale di Pastorale familiare. «La famiglia è la trama della vita comunitaria e deve nelle parrocchie dettare, in un certo senso, il linguaggio e l’agenda della parrocchia». Si sta cercando di «caratterizzare alcuni luoghi pastorali pensandoli non più solo al maschile o al clericale grazie al contributo di consacrate e famiglie». Alcuni esempi: la Casa di Maria a Caravaggio, la Pastorale giovanile, la Caritas, il Seminario. L’obiettivo è leggere la comunità come una famiglia in una «sinfonia di visioni».

E in cammino la Lombardia è anche per quanto concerne la Tutela dei minori, per la quale il vescovo Napolioni è referente regionale e su cui «la Cei – chiarisce – ha espresso nel 2019 delle linee guida, sulla scorta delle quali è stato organizzato un servizio regionale (che ha un vescovo responsabile, un coordinatore e un gruppo di esperti) e parallelamente dei servizi in tutte le diocesi». Sono stati attivati centri di ascolto, corsi di formazione, realizzati sussidi anche per affrontare la tutela dei minori sul web e attività varie di prevenzione. Questo perché «ci dev’essere la massima fiducia nella Chiesa».

 

Visita ad limina, mons. Napolioni e i vescovi lombardi a fine gennaio dal Papa