1

AC, Dialogo apre il 2024 parlando di donne

Dialogo, il periodico dell’Azione Cattolica Cremonese, apre l’anno 2024 con un numero in larga parte dedicato alle donne. Una scelta sollecitata dalla cronaca, così piena di notizie riguardanti le donne vittime di chi voleva in qualche modo possederle.

«Ogni volta che una donna dice no, rischia, nell’ambito degli affetti così come in quello civile e politico – spiegano dalla redazione di Dialogo –. Ma in generale una donna non accetta il rischio solo per se stessa: rischia in guerra perché vuole a pace; lotta contro l’emarginazione perché vuole riconosciuto il proprio diritto; rischia contro il potere perché vuole libertà, per sé e per gli altri».

Dialogo racconta alcune storie di donne “resistenti” , ciascuna in un modo suo proprio, contro ogni forma di violenza per contribuire alla cultura del rispetto e della dignità di tutti, uomini e donne. Sono le donne partigiane, le donne del vicino Oriente, le donne impegnate nella cultura come Michela Murgia, le donne cremonesi educatrici della Casa Sant’Omobono e le loro assistite, e infine le giovani donne coinvolte insieme ai loro compagni maschi nel piano educativo scolastico in atto in provincia di Cremona e Mantova, che vede a capofila il Liceo Sofonisba Anguissola. Tutte per la pace.

Nelle pagine di vita associativa: appunti sulla “giornata della pace” del 28 gennaio e alcune piste di riflessione per il futuro che il presidente diocesano uscente rivolge agli amici di AC.

 

Leggi il primo numero del 2024 di Dialogo




Disponibili online i sussidi Cei per la Quaresima

Sono disponibili, nella sezione dedicata del sito web dell’Ufficio liturgico nazionale (link diretto: liturgico.chiesacattolica.it/sussidi-liturgici-per-il-tempo-di-quaresima-e-pasqua), i primi sussidi iliturgico-pastorali per l’accompagnamento delle comunità nel cammino quaresimale e nel tempo di Pasqua.

«Per vivere con serietà l’ascesi quaresimale, siamo invitati ad assumere tre impegni – sottolinea mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei presentando la proposta–: la carità, che accorcia le distanze tra i fratelli e rende attenti alle necessità dei poveri; la preghiera, che nel frastuono ritaglia spazi di silenzio e irriga l’esistenza dell’uomo; il digiuno, che ordina i sensi e contribuisce a dare il giusto valore alle cose».

Sulla scia di queste parole, tutte le comunità potranno usufruire di questi strumenti, frutto del lavoro d’insieme di alcuni uffici e servizi della Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana coordinati dall’Ufficio liturgico nazionale.

«I suggerimenti e le proposte di questo strumento pastorale – conclude Baturi – possano essere accolti per crescere nell’arte del celebrare e per tradurre nella vita quanto nella liturgia abbiamo veduto e udito».




Il 21 gennaio è la Domenica della Parola di Dio: «Rimanete nella mia Parola»

Il 21 gennaio sarà celebrata la quinta Domenica della Parola di Dio, giornata istituita da Papa Francesco il 30 settembre 2019. Il motto di questa edizione è ripreso dal Vangelo di Giovanni: «Rimanete nella mia Parola» (Gv 8,31).

Alle ore 9.30 il Papa presiederà nella Basilica di San Pietro la celebrazione della Eucarestia, durante la quale saranno conferiti a donne e uomini laici i ministeri del Lettorato e del Catechista. L’evento sarà ripreso in diretta televisiva da Vatican Media e sarà trasmesso, in streaming, sul portale di Vatican News e in diretta dalle principali emittenti televisive del mondo, tra cui Rai Uno.

Sono a disposizione due sussidi per la preparazione della Giornata:

Sussidio Liturgico-Pastorale (cliccare qui per scaricare) a cura del Dicastero per l’evangelizzazione. Qui si possono trovare le forme più adatte ed efficaci per vivere al meglio questa Domenica, con l’intento di di far «crescere nel popolo di Dio la religiosa e assidua familiarità con le Sacre Scritture» (Aperuit illis, 15). Questo Sussidio si propone come un aiuto che si vuole offrire alle comunità parrocchiali e a quanti si raccolgono per la celebrazione dell’Eucarestia domenicale, perché questa Domenica sia vissuta intensamente.

Sussidio per la celebrazione “Kerygma” (cliccare qui per scaricare) a cura della Conferenza Episcopale Italiana. In vista della Domenica della Parola di Dio, l’Ufficio Catechistico, l’Ufficio Liturgico, l’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e l’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto hanno preparato un Sussidio con alcune proposte per la preghiera e la meditazione centrate sul “Kerygma”. Questo termine, spiega nella presentazione Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI, spiega che “il kerygma cristiano non è una nozione o una affermazione appresa a memoria: è una relazione, una esperienza concreta condotta insieme e mantenuta nel tempo con tenacia”. Le Sacre Scritture, ricorda, “ospitano questo kerygma, il racconto di quello che i nostri padri nella fede hanno sperimentato e si sono impegnati a trasmettere alle generazioni future… Grazie all’azione dello Spirito, le Scritture colmano il divario temporale tra la comunità ecclesiale di oggi e la Chiesa primitiva e preparano il cuore a fare la stessa esperien­za, la stessa sequela di Cristo, la stessa figliolanza del Padre celeste”. In quest’ottica, il Sussidio – che contiene testi, musiche, commenti e immagini – vuole essere uno “strumento per la preghiera e la meditazione personale e comunitaria”.

L’Anno della Preghiera In occasione della Domenica della Parola, si attende che il Papa dia avvio ufficiale all’Anno della Preghiera, in preparazione al Giubileo 2025. Dopo aver promosso la riflessione sui documenti e lo studio dei frutti del Concilio Vaticano II nel 2023, per volontà di Papa Francesco il 2024 sarà dedicato, nelle diocesi del mondo, alla riscoperta della centralità della preghiera.

Don Maurizio Compiani
Incaricato diocesano della Pastorale Apostolato Biblico




Laudate Deum nelle Chiese di Lombardia, appello della Consulta Regionale Ecclesiastica della Pastorale sociale e del lavoro

A pochi giorni dall’uscita dell’esortazione apostolica Laudate Deum di Papa Francesco e in occasione della Giornata mondiale del suolo (5 dicembre), la Conferenza Episcopale Lombarda, attraverso la Consulta regionale della Pastorale sociale e lavoro, ha pubblicato il comunicato “Laudate Deum nelle Chiese di Lombardia”. Un appello che intende raccogliere le preoccupazioni che tutte le comunità della regione vivono circa i temi della cura e della custodia del creato, affidato a tutti gli uomini e donne di buona volontà.

Il Papa scrive nella Laudate Deum: “Mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura”. Evidenziando che “non sono mancate le persone che hanno cercato di minimizzare” o addirittura di negare gli effetti nefasti di un modello di sviluppo, incontrollato, che non rispetta l’ambiente e le creature che lo abitano, in particolare i più fragili.

Nel documento si evidenziano alcuni aspetti: “Consumo di suolo, cambiamenti climatici, distruzione della biodiversità, inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua sono aspetti sui quali vogliamo continuare a porre l’attenzione in modo costruttivo ed urgente, non tanto per una riflessione immediatamente politica, quanto per una considerazione morale e spirituale che muova il cuore a una conversione e ad una riflessione responsabilmente rinnovata anche nell’esercizio della responsabilità politica”.

Le tematiche più urgenti e spesso dibattute, ma anche più facilmente eluse dai confronti sociali di grande impatto comunicazionale, sembrano essere quelle relative al consumo del suolo, alla distribuzione dei fanghi e degli scarti pericolosi, alla ridistribuzione delle risorse idriche ed energetiche, alla custodia delle caratteristiche geologiche del territorio in relazione all’abitabilità e alla fruizione sociale e anche spirituale del territorio.

Il documento, anche con l’utilizzo di alcuni dati significativi, mette in risalto che spesso non ci si accorge di quello che succede sul territorio e non si ha consapevolezza di tutti gli effetti di questi fenomeni: viene detto che queste iniziative portano occupazione, crescita, opportunità per i giovani, ma vengono dimenticati i costi occulti, costi ambientali e costi sociali.

Dopo una approfondita analisi della situazione, l’appello di chiude con una domanda: “Che cosa fare?” Non basata fare analisi, occorre agire, essere cittadini attivi! “La prima cosa da fare – si legge infatti subito dopo – è rendersi conto che siamo personalmente coinvolti e responsabili. Dobbiamo perciò informarci, riflettere e agire”.

Il documento si chiude con un appello alle comunità cristiane: “Più concretamente la comunità cristiana può impegnarsi a creare luoghi e momenti di discernimento e di assunzione di responsabilità morali e sociali, può sollecitare forme di dialogo e confronto con le istituzioni quali le imprese, le scuole, le università e le altre confessioni religiose, può assumere forme di comportamento responsabile e pedagogico capaci di creare mentalità responsabilmente nuove e rinnovate”.

L’obiettivo è quindi quello di costruire reti sul territorio, coinvolgendo tutti gli uomini e donne di buona volontà, per prendersi cura del creato e di tutte le creature che lo abitano. Questo sarà un’occasione per esercitare anche il ruolo di cittadini attivi nel cammino di avvicinamento alla 50° Settimana sociale dei cattolici d’Italia che si terrà a Trieste a inizio luglio. Un’occasione anche per i Gruppi Laudato si’ per un servizio al proprio territorio.

Leggi il documento completo

 

 

Santuario di Caravaggio, ricorso al Tar contro il polo logistico

Tempo del Creato, a Caravaggio riflessione su consumo del suolo e responsabilità civile

Tempo del Creato, a settembre le iniziative nelle Zone

 




AC, l’arte del discernimento nel nuovo numero di Dialogo

Un anno importante per l’AC e per la Chiesa tutta. Per l’AC è un anno che condurrà al rinnovo delle cariche associative a diversi livelli, per la Chiesa caratterizzata dlla fase “sapienziale” del Sinodo. In entrambi i casi è di vitale importanza l’azione del “discernimento”. In questo contesto Dialogo, il periodico dell’Azione Cattolica cremonese, offre ai suoi lettori una gamma di proposte di riflessione proprio sull’arte del discernimento, per usare le parole di papa Francesco.

Vanno lette in quest’ottica le testimonianze del dossier “L’AC che vorrei”, proiettate sull’immediato futuro dell’Associazione, così come l’invito del presidente Emanuele Bellani a rinverdire la fecondità delle relazioni dentro la fedeltà a Dio e agli uomini (editoriale “Ricominciamo?”) e i resoconti dei campiscuola estivi, quali esperienze vive e attuali di una incarnazione della fede nella quotidianità.

Per l’AC discernimento significa presa di coscienza del proprio ruolo odierno nella Chiesa e nel mondo, ascolto, capacità di analisi, coraggio, creatività, rinnovata passione per Dio e per gli uomini. Significa, prima di tutto, porre la Parola di Dio e la celebrazione del mistero eucaristico a fondamento di ogni proposito comunitario, nella ritualità e nella vita, come afferma don Gianpaolo Maccagni (“Si avvicinò e camminava con loro”).

 

Scarica l’ultimo numero di Dialogo




“Non distogliere lo sguardo dal povero”: l’11 novembre il convegno diocesano apre la Settimana della Carità (scarica i materiali per le parrocchie)

Un evento tradizionale, ormai, in Diocesi è la “Settimana della Carità”, quest’anno in programma dall’11 al 19 novembre, data in cui ricorre la Giornata mondiale dei poveri. Nel mezzo, il 13 novembre, la solennità di sant’Omobono, patrono della città e della diocesi di Cremona, “padre dei poveri”, vero testimone di solidarietà.

Ad aprire la Settimana sarà il convegno diocesano degli operatori della carità (Caritas e San Vincenzo de’ Paoli) in programma dalle 9 alle 12 presso il Centro pastorale diocesano di Cremona e al quale è necessario iscriversi attraverso l’apposito form (per iscriversi: www.diocesidicremona.it/convegnocarita23). L’incontro – dal titolo “Non distogliere lo sguardo dal povero” – sarà aperto da un momento di preghiera guidato dal vescovo Antonio Napolioni.

“E se non avessimo la… comunità?” . La domanda viene posta direttamente dal titolo dell’intervento del pedagogista milanese Giorgio Prada, che si soffermerà sulla necessità di creare comunità: perché per parlare di comunità che si prendono cura dei più fragili, bisogna che queste comunità esistano.

A concludere la mattinata, due testimonianze: la prima riguarderà l’impegno della Zona pastorale 1 nell’ambito della carità, una valorizzazione del lavoro d’insieme che sarà esposta da alcuni volontari zonali; subito dopo quella di un gruppo di ragazzi del polo scolastico “G. Romani” di Casalmaggiore” coinvolti in iniziative di raccolta e distribuzione alimentare in collaborazione con la San Vincenzo de’ Paoli di Casalmaggiore.

Scarica la locandina del convegno e il post social

 

«Ci auguriamo che questi giorni possano diventare un’importante occasione per richiamare le nostre comunità intere (educatori, operatori della carità e del terzo settore, credenti e non credenti) ad adottare uno stile basato sulla reciprocità – racconta don Pierluigi Codazzi, direttore di Caritas Cremonese –. Confidiamo anche che, nonostante le enormi fatiche di emergenze che si susseguono, non si cada nella sfiducia verso il futuro e che cresca la convinzione che un cambiamento sia possibile».

Un auspicio per contrastare il dato emerso dall’ultima ricerca degli Osservatori della povertà: tra le persone che si rivolgono ai centri Caritas della Lombardia quasi 6 su 10 vivono in situazioni di precarietà economica, così come le vivevano le loro famiglie di origine. Persone che, quindi, sperimentano le stesse difficoltà attraversate dai loro genitori e rischiano di lasciarle in eredità ai loro figli. «Se riuscissimo a interrompere la catena intergenerazionale della povertà – afferma ancora don Codazzi – non soltanto aiuteremmo una persona oppure una famiglia, ma eviteremmo che altri subiscano questa fatica di vivere fin dall’inizio della propria esistenza. E, forse, aiuteremmo anche le nostre comunità cristiane a uscire da una sorta di rassegnazione e di isolamento, fatta di ricordi di un passato che sicuramente non ritorna».

Parallelamente alla dimensione diocesana, che si concretizza nel convegno dell’11 novembre, la Caritas diocesana invita tutte le comunità a valorizzare la “Settimana della Carità” con occasioni di sensibilizzazione, riflessione e preghiera. In particolare nei due weekend le parrocchie sono invitate a promuove – in loco o davanti ai supermercati – una raccolta di generi alimentari, da destinare poi alle persone più bisognose.

Di pari passo, la proposta per bambini e ragazzi: giochi e attività per i più piccoli, e film per i più grandi, per affrontare, sensibilizzando anche i più giovani, i temi della solidarietà e della carità.

«Ci inseriamo nel percorso di cambiamento e di comunione della nostra Chiesa – conclude il direttore di Caritas Cremonese –. È una sfida sicuramente difficile. La speranza cristiana mostra in modo particolare la sua verità proprio nelle situazioni di fragilità: non ha bisogno di nasconderle, ma le sa accogliere con discrezione e tenerezza, restituendole, arricchite di senso, al cammino della vita. Questo è il nostro specifico contributo».

 

Sussidi per vivere la Settimana della carità 2023:




In Lombardia la povertà si trasmette da una generazione all’altra

 

Quante probabilità esistono per i minori cresciuti in un contesto di povertà di accedere, una volta adulti, a una vita agiata? Al contrario, quanto è forte il rischio di rimanere intrappolati in percorsi di fragilità e deprivazione e quindi in storie di povertà? A partire dalla ricerca nazionale “L’anello debole”, pubblicata un anno fa da Caritas italiana, le Caritas lombarde hanno promosso un’indagine finalizzata ad approfondire il fenomeno della trasmissione intergenerazionale della povertà nella regione più popolosa e ricca d’Italia, presentata nella mattinata di venerdì 20 ottobre nella sede di Caritas Ambrosiana, a Milano. Il rapporto “Pavimenti appiccicosi. La povertà intergenerazionale in Lombardia”, promosso e curato dalla Delegazione regionale Caritas, è la prima declinazione regionale della ricerca nazionale di Caritas Italiana e si basa su evidenze raccolte dai Centri d’ascolto ed elaborate dagli Osservatori delle povertà e delle risorse delle dieci Caritas diocesane che fanno capo alla Delegazione lombarda. Le storie e le esperienze di 1.700 beneficiari dei centri Caritas delle diocesi lombarde (il 7,1% del campione esplorato dalla ricerca nazionale). Il testo, oltre a elaborare dati quantitativi, propone testimonianze e approfondimenti qualitativi. Presente a Milano anche Alessio Antonioli, del Centro d’ascolto di Caritas Cremonese, che ha partecipato al lavoro di ricerca.

 

Il rapporto “Pavimenti appiccicosi” – download

 

«Ci siamo accorti che anche nella regione più ricca d’Italia il problema della povertà come fatica che si tramanda, se non addirittura come destino, è un tema rilevante – ha esordito don Roberto Trussardi (direttore di Caritas Bergamo, delegato regionale Caritas) –. Alle Caritas di Lombardia spetta il compito di fare scelte e avviare progetti che diano risposte concrete al fenomeno. Il Rapporto sottolinea che per spezzare la catena della povertà intergenerazionale i soli aiuti materiali non paiono risolutivi, se non affiancati da accompagnamenti a lungo termine basati su relazioni di fiducia e dall’inserimento attivo delle persone in povertà nelle rispettive comunità. Ciò è fondamentale per superare la sfiducia nel futuro e la convinzione che un riscatto non sia possibile, che spesso attanagliano i poveri, orientandoli a uno stile di vita passivo, basato sull’assistenzialismo».

«Come spezzare la catena di trasmissione delle povertà – si è chiesta Vera Pellegrino (sociologa, consulente di Caritas Italiana, curatrice della ricerca) –? Anzitutto potenziando le opportunità scolastiche, educative e formative, soprattutto in alcuni ambienti, come le periferie urbane. Poi, provando a incidere sull’offerta di lavoro dignitoso, perché la presenza di working poor è forte, e operando sulla fiducia, da parte delle persone in povertà, rispetto al fatto che un buon lavoro possa realmente cambiare la loro vita. E intervenendo infine sulla “narrazione di sé” che i poveri fanno, per superare lo stigma di cui sono vittime e l’autoesclusione che arrivano a infliggersi, attraverso il potenziamento dell’autostima e della partecipazione alle reti comunitarie».

«Un monito fornito da questa ricerca è che la povertà interessa tutti, essendo penetrata in profondità nelle nostre comunità – ha osservato Davide Maggi (economista, Fondazione Cariplo) –. Il cambiamento d’epoca in cui ci troviamo impone di affrontare questo fenomeno, di estrema complessità, non in ottica riformativa, ma trasformativa. Creando logiche connettive tra tutti i soggetti (istituzionali, sociali, comunitari) che devono affrontarlo: bisogna lavorare in modo coordinato sulla capacitazione, soprattutto dei giovani, affinché provino ad andare oltre il condizionamento derivante dalla povertà della propria famiglia d’origine».

 

SCARSA ISTRUZIONE, LAVORO CHE PEGGIORA, MAGGIORE INDIGENZA

Il confronto tra la condizione degli assistiti lombardi e quella delle loro famiglie di origine ha permesso di misurare il grado di mobilità intergenerazionale delle persone in stato di povertà, con particolare riguardo a tre dimensioni specifiche: istruzione; occupazione; condizione economica.

Riguardo all’istruzione, i genitori degli assistiti Caritas in Lombardia si collocano su livelli formativi molto bassi: tra le madri prevale la licenza elementare (46%), tra i padri la licenza media inferiore (37,3%). Significativa anche la presenza di persone senza titolo di studio (6,1% tra le madri e 4,6% tra i padri) o l’incidenza di chi risulta analfabeta (4,6% tra le madri, 1,2% tra i padri). Di contro, la percentuale di laureati e diplomati è bassa: il 9% dei padri e il 3,9% delle madri hanno conseguito il diploma di media superiore; tra le madri non figurano laureate, solo il 3,9% tra i padri.

Nel passaggio tra generazioni, non si registra una grande mobilità ascendente. Tra i figli lombardi prevale la licenza media inferiore, come tra i genitori, anche se con percentuali doppie (65,2%, contro il 37,3% del padre e il 31,7% della madre). Addirittura, si segnala una mobilità discendente rispetto al grado di studio più elevato: solo il 2% dei figli è laureato (i padri sono il 3,9%).

Riguardo al lavoro, i beneficiari Caritas in Lombardia si collocano per lo più nel gruppo delle occupazioni non qualificate (44,7%) e a seguire nel gruppo delle professioni qualificate delle attività commerciali e servizi (25,2%), come conduttori di impianti e conducenti di veicoli (18,4%) e nelle professioni tecniche (11,7%). Rispetto al dato nazionale, i beneficiari lombardi sembrano più presenti nelle professioni tecniche (11,7% contro 8,2%) e come conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili, conducenti di veicoli (18,4% versus 6,8%), ma al contempo sono maggiormente occupati nelle professioni non qualificate (lombardi: 44,7%; italiani: 34%).

Dal confronto con le occupazioni dei padri, emerge che in Lombardia il 45,9% dei beneficiari Caritas ha sperimentato una mobilità ascendente rispetto ai padri (i figli si sono collocati su posizioni occupazionali più qualificate), il 19,4% è rimasto allo stesso livello e più di un terzo ha peggiorato la posizione (34,8%). A livello nazionale, la mobilità discendente (42,8%) prevale su quella ascendente.

Sul versante della condizione economica, tra i beneficiari lombardi degli interventi Caritas ben due terzi ritengono di essersi impoveriti rispetto alla famiglia di origine (63%), il 21,3% di vivere in continuità con lo standard dei propri genitori e solo il 15,8% pensa di avere migliorato le proprie possibilità economiche. Tale ripartizione è analoga a quella rilevata con i dati nazionali, ma la percezione di impoverimento tra i lombardi è maggiore rispetto al dato italiano (63% versus 55,3%), mentre la percezione di miglioramento è più contenuta (Lombardia 15,8%, Italia 19,8%)

 

ORIGINE STRUTTURALE, BASSA CAPACITÀ REDISTRIBUTIVA

In conclusione, nelle storie di deprivazione intercettate dal circuito Caritas in Lombardia, i casi di povertà ereditaria pesano per il 59,3%. Quasi sei persone su dieci, insomma, risultano vivere una condizione di precarietà economica in continuità con la propria famiglia di origine, mentre i poveri “di prima generazione” sono il 40,7%.

Tali dati dimostrano, quindi, l’esistenza di una condizione di trasmissione intergenerazionale delle fragilità, che richiama i cosiddetti sticky grounds, i “pavimenti appiccicosi” della letteratura sociologica. I dati regionali sono, in termini generali, simili a quelli nazionali, a riprova del fatto che il problema ha un’origine strutturale, dovuta al peggioramento delle condizioni di vita dei poveri: accade in generale in Italia, ma nemmeno una regione avanzata e dinamica come la Lombardia riesce ad attenuare tale tendenza.

Infine, il dato è allarmante, sia a livello regionale che nazionale, anche in considerazione del peggioramento delle condizioni di vita, avvertito rispetto alla famiglia di origine da una percentuale consistente di persone coinvolte dal fenomeno (40%): ciò pone profondi interrogativi sulla capacità redistributiva e inclusiva, nel tempo, del nostro paese e della nostra regione.

 

SFIDUCIA NEL FUTURO, TENDENZA ALL’ASSISTENZIALISMO

La seconda parte della ricerca presenta l’analisi di interviste svolte a beneficiari Caritas e di focus group con operatori e volontari dei centri Caritas delle diocesi lombarde. L’analisi qualitativa conferma alcune delle evidenze emerse da quella quantitativa; in particolare, mette in risalto la stretta correlazione tra povertà e bassa scolarità, che risulta aver condizionato pesantemente i percorsi di vita degli intervistati, sia perché ne ha limitato l’accesso al mondo del lavoro, sia perché ha impedito loro di dotarsi degli strumenti per orientarsi nella complessità contemporanea.

Dalle interviste, poi, emerge la rilevanza della questione abitativa: tutte le persone incontrate vivono in una casa popolare, o hanno fatto domanda per averla, o sono alla ricerca di un’abitazione migliore.

Altro dato rilevante: più della metà degli intervistati svolge o ha svolto il ruolo di caregiver di un parente (genitori, figli) o di una persona cara malata; in questi casi, oltre alle difficoltà economiche entrano in gioco quelle dovute all’assenza o alla debolezza delle reti familiari ed extrafamiliari.

Il Rapporto, di conseguenza, sottolinea che per spezzare la catena della povertà intergenerazionale i soli aiuti materiali non paiono risolutivi, se non affiancati da accompagnamenti a lungo termine basati su relazioni di fiducia e dall’inserimento attivo delle persone in povertà nelle rispettive comunità.

Infine, tra le cause che alimentano la trasmissione della povertà, vi sono la sfiducia nel futuro e la convinzione che un riscatto non sia possibile. Tali atteggiamenti accomunano molti degli intervistati, non consentono di affrontare attivamente i problemi e facilitano uno stile di vita passivo, basato sull’assistenzialismo. Le persone che “ereditano” povertà fanno fatica a fare progetti con l’obiettivo di migliorare la loro condizione sociale. Questa fatica limita il loro percorso personale, e rischia di trasmettere ai figli un senso di fatalismo e di inadeguatezza: la catena intergenerazionale della povertà, in assenza di un’adeguata attenzione e di politiche conseguenti, rischia di perpetuarsi meccanicamente, mettendo a repentaglio esistenze individuali, storie famigliari, equilibri sociali.




Martedì 17 ottobre giornata nazionale di digiuno, preghiera e astinenza per la pace e la riconciliazione

 

La Presidenza della CEI ha deciso di promuovere una Giornata nazionale di digiuno, preghiera e astinenza per la pace e la riconciliazione. La data scelta è martedì 17 ottobre, in comunione con i cristiani di Terra Santa secondo le indicazioni del cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, che a nome di tutti gli Ordinari, ha chiesto alle comunità locali di incontrarsi “nella preghiera corale, per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, di giustizia e di riconciliazione”.

In un momento di grande dolore e forte preoccupazione per l’escalation di violenza in Medio Oriente, l’invito della Presidenza della CEI è rivolto alle comunità diocesane perché aderiscano all’iniziativa. Per l’occasione è stato predisposto uno schema di preghiera (cliccare qui per scaricare).

Nel frattempo, domenica 15 ottobre, in tutte le celebrazioni eucaristiche, può essere adottata questa intenzione: “Padre misericordioso e forte: ‘tu non sei un Dio di disordine, ma di pace’. Spegni nella Terra Santa l’odio, la violenza e la guerra, perché rifioriscano l’amore, la concordia e la pace. Preghiamo”.

La sera di sabato 14 ottobre, invece, la Diocesi di Cremona invita a pregare per la pace in occasione del Rosario aux flambeau che il vescovo Antonio Napolioni presiederà alle 21 al Santuario di Caravaggio.

 

Rosario per la pace sabato sera al Santuario di Caravaggio




Papa Francesco nella Laudate Deum: “Di fronte alla crisi climatica non reagiamo abbastanza”

Di fronte alla crisi climatica “non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura”. Otto anni dopo la Laudato si’, Papa Francesco con l’esortazione apostolica Laudate Deum lancia un nuovo appello “alle persone di buona volontà” e alle forze politiche a partire da una certezza:

“l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti”.

Per Francesco, infatti, “si tratta di un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana”. “Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti”, la tesi del Papa, che elenca gli effetti tangibili di

“una malattia silenziosa che colpisce tutti noi”.

No, allora, alla tendenza a “minimizzare” il problema o addirittura a metterlo in ridicolo, considerandolo una questione “solo ambientale, ‘verde’, romantica” e non invece – quale è – “un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli”. Anche nella Laudate Deum – come aveva fatto con la Laudato si’ – Bergoglio contesta ogni riduzionismo sulla crisi climatica, che “richiede un coinvolgimento di tutti”:

tutta la società “dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli”.

Non sono i poveri che fanno troppi figli la causa della crisi climatica, scrive Francesco denunciando i falsi luoghi comuni in materia. Non è vero che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico porteranno a una riduzione dei posti di lavoro: al contrario, “milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico”, come l’innalzamento del livello del mare o la siccità. Anche all’interno della Chiesa cattolica circolano “opinioni sprezzanti e irragionevoli”, ma l’origine antropica del cambiamento climatico “non può più essere messa in dubbio”. Le grandi potenze economiche, invece, si preoccupano solo di “ottenere il massimo profitto al minor costo e nel minor tempo possibili”.

“Non possiamo più fermare gli enormi danni che abbiamo causato. Siamo appena in tempo per evitare danni ancora più drammatici”,

l’appello del Papa.

“La possibilità di raggiungere un punto di svolta è reale”, ma è “urgente una visione più ampia”, all’insegna della “responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo”.

La pandemia di Covid-19 “ha confermato che quanto accade in qualsiasi parte del mondo ha ripercussioni sull’intero pianeta”, sottolinea Francesco, ribadendo due convinzioni di fondo: “tutto è collegato”, come si legge nella Laudato sì, e “nessuno si salva da solo”, come ha ripetuto a più riprese durante la pandemia e nella Fratelli tutti.

Nella Laudate Deum, come aveva fatto nella Laudato si’, il Papa stigmatizza ancora una volta il “paradigma tecnocratico”, che in questi otto anni ha conosciuto “un nuovo avanzamento”, grazie all’intelligenza artificiale.

“Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo. In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità”.

“Dobbiamo tutti ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti”, sostiene Francesco: “il nostro potere è aumentato freneticamente in pochi decenni. Abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo

siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza”.

“La decadenza etica del potere reale è mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso di essi”, incalza il Papa, che stigmatizza “la logica del massimo profitto al minimo costo e a livello politico e diplomatico auspica un

“multilateralismo dal basso” che “non dipende dalle mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi e che abbia un’efficacia stabile”.

Tra le proposte, quella di dare più spazio ad “aggregazioni e organizzazioni della società civile”. In sintesi, più “democratizzazione” nella sfera globale, anche tramite “una nuova procedura per il processo decisionale e per la legittimazione di tali decisioni, poiché quella stabilita diversi decenni fa non è sufficiente e non sembra essere efficace”: “non sarà più utile sostenere istituzioni che preservino i diritti dei più forti senza occuparsi dei diritti di tutti”.

La Cop28 di Dubai “può essere un punto di svolta”,

se porta ad una “decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente”, afferma Francesco passando in rassegna le conferenze sul clima, con i loro progressi e fallimenti.

“Dobbiamo superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali”,

l’indicazione di rotta: “Corriamo il rischio di rimanere bloccati nella logica di rattoppare, rammendare, legare col filo, mentre sotto sotto va avanti un processo di deterioramento che continuiamo ad alimentare”, il grido d’allarme finale: “Supporre che ogni problema futuro possa essere risolto con nuovi interventi tecnici è un pragmatismo fatale, destinato a provocare un effetto-valanga”.

M.Michela Nicolais (AgenSir)

 

Leggi l’esortazione apostolica Laudate Deum del Santo Padre Francesco
a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica

 

 

 

Con la Chiesa di Francesco, in cammino con i poveri e con il Creato




Diocesi lombarde, indagine su oratori e volontariato: “Terreno fertile per la crescita dell’impegno per il bene comune”

“La Casa del Dono” è “uno sguardo sull’oratorio per esplorare, indagare e portare alla luce, con il metodo proprio di una ricerca, quanto e come il contesto e il metodo oratoriano sia generativo in ordine alla gratuità e al dono di sé”. Lo si legge in “La Casa del Dono. Indagine sugli oratori lombardi e il volontariato”, presentata il 2 ottobre all’Università Cattolica di Brescia. “Chi abita o ha abitato l’oratorio sa bene che, come in una famiglia, tutte le attività e le iniziative si reggono quasi esclusivamente grazie alla condivisione che le persone fanno di se stesse per la crescita degli altri, in particolare di chi è più giovane”. L’oratorio è stato, in questo senso, “la casa del dono” per “generazioni di persone che in esso hanno speso tempo, energie, passione”; ma è stato “la casa del dono” anche “per quanti, a vario titolo, hanno beneficiato di tanta gratuità e di innumerevoli servizi, spesso nascosti, a sostegno delle attività educative e pastorali in esso promosse”.

Si tratta di un contributo di Odl (Oratori diocesi lombarde), in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, per celebrare la Giornata nazionale del dono (4 ottobre). “In un contesto attraversato da forti cambiamenti e caratterizzato da consistenti spinte verso il logoramento dei legami sociali”, Odl ha realizzato, con il supporto del Cesvopas (Centro studi sul volontariato e la partecipazione sociale) dell’Università Cattolica di Brescia, “uno studio esplorativo con l’obiettivo di comprendere in che modo gli oratori riescano ad essere anche oggi un terreno fertile per la crescita di quella cultura del dono e dell’impegno per il bene comune che sta alla base dei processi di rigenerazione dei legami sociali, comunitari, ecclesiali e civili”.

Come nasce una cultura del volontariato? Dove e come si forma e cresce la sensibilità e la disponibilità al volontariato? Che cosa la favorisce? Sono alcune delle domande su cui i relatori hanno svolto riflessioni a partire dai risultati dell’indagine, realizzata e pubblicata anche grazie al contributo di Regione Lombardia. Sono intervenuti: Giovanni Panzeri, direttore di sede dell’Università Cattolica di Brescia; Pierluigi Malavasi, direttore del dipartimento di Pedagogia dell’Università Cattolica; don Stefano Guidi, coordinatore di Odl (Oratori diocesi lombarde); mons. Pierantonio Tremolada, vescovo di Brescia; Diego Mesa, coordinatore della ricerca; Livia Cadei, direttrice di Cesvopas. Conclusioni di mons. Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano e delegato della Conferenza episcopale lombarda per la pastorale giovanile.

“In oratorio donare (il proprio tempo, le proprie capacità…) è normale. Questo dato – non certo scontato e alquanto prezioso – rende l’oratorio e le esperienze in esso vissute un ambiente privilegiato per assimilare, in modo del tutto naturale o quasi per gioco (nel senso più alto di questa espressione) lo stile proprio del volontariato. È questo un dato interessante, soprattutto se consideriamo il valore che ha oggi la presenza e la funzione del volontariato dentro i meccanismi dell’attuale contesto socio-culturale”.

“Nel contesto lombardo gli oratori svolgono un ruolo storicamente rilevante non soltanto nell’ambito della formazione religiosa, ma anche in quella civile e sociale dei cittadini. Uno dei tratti peculiari dell’oratorio è dato dal fatto che il suo funzionamento si regge sulla partecipazione attiva dei volontari intesi come espressione visibile della gratuità e dell’intento educativo e testimoniale della comunità cristiana verso i più giovani”. Lo si legge nella corposa ricerca (140 pagine) intitolata “La Casa del Dono. Indagine sugli oratori lombardi e il volontariato”.

“L’oratorio è ‘casa del dono’ perché si conferma via privilegiata e consolidata per quell’‘imparare facendo’ che è spesso alla base di tante scelte di impegno, responsabilità e partecipazione in ambiti diversi (civile, sociale, politico, assistenziale…)”. La ricerca di Odl su oratori e volontariato cita una espressione cara a don Lorenzo Milani e alla sua scuola di Barbiana. “In oratorio – vi si legge – alle giovani generazioni è infatti offerta l’occasione di esercitarsi nell’appassionante passaggio dall’essere beneficiario, all’essere protagonista di un servizio o di una azione educativa”; in oratorio “ci si può sperimentare e progressivamente coinvolgere, lasciandosi appassionare da una dinamica di ‘restituzione del bene’ che permane nella memoria e nell’impegno di tanti volontari”. L’indagine illustrata oggi a Brescia specifica: “Certamente oggi questo processo ha bisogno di essere meglio accompagnato e custodito. Anche all’oratorio si chiede di guardare ai propri volontari e ai giovani che si apprestano a mettere a frutto i propri talenti per il bene degli altri con più attenzione e con maggior cura dei passaggi e della formazione. È certamente una nuova e ulteriore sfida che è posta alle comunità cristiane perché l’ambiente e l’attività dell’oratorio sia ancora e sempre ‘casa del dono’, dove si impara che ‘c’è più gioia nel dare che nel ricevere’ (At 20,35)”.

«La ricerca promossa dagli oratori delle diocesi lombarde», che porta il titolo “La Casa del Dono”, intende «approfondire la situazione del volontariato presente negli oratori della Lombardia. Da sempre – spiega don Stefano Guidi, coordinatore di Odl – gli oratori sono una miniera del volontariato e anche un vivaio del volontariato. Mi sembra tuttavia che su questo tema del volontariato si possono portare alcune osservazioni».

Don Guidi specifica: «La prima osservazione è questa: il termine volontariato riesce a descrivere abbastanza bene l’espressione dell’impegno individuale ma dimentica alcune componenti fondamentali di questa stessa esperienza. Innanzitutto la fonte di ispirazione, la ragione profonda per cui il volontariato viene scelto e praticato. In oratorio ci si ispira al vangelo, allo stile umano di Gesù, che si è fatto incontro a tutti a partire dai loro bisogni dalle loro necessità, a partire dalla situazione reale in cui ciascuno si trovava».

Una seconda riflessione è questa: «Il termine volontariato non riesce da solo a dare ragione all’esperienza comunitaria che rappresenta a tutti gli effetti il punto di arrivo e il punto di partenza di ogni vera esperienza di volontariato. In oratorio – sostiene don Guidi – il volontario non è mai un soggetto isolato dagli altri, è sempre insieme. Il volontariato praticato in oratorio è un’esperienza di comunità, che arriva dalla comunità e che costruisce la comunità». Il volontariato in oratorio «è sempre proiettato verso la fraternità e verso la costruzione dell’amicizia sociale più ampia».

La terza riflessione «che possiamo svolgere a partire dal tema del volontariato riguarda il suo sviluppo sociale e politico. Non si tiene sufficientemente conto di come l’esperienza del volontariato sia alla base di ogni possibile successivo sviluppo nella linea dell’impegno sociale e politico a favore del proprio territorio. Anzi c’è una riflessione che sembra quasi separare questi diversi aspetti della vita sociale dimenticando le profonde correlazioni esistenti tra di essi. Il volontariato in oratorio non è mai un volontariato soltanto per l’oratorio. Ma spinge ciascuno, a partire dall’oratorio, ad abitare con uno stile nuovo ispirato al servizio evangelico ogni situazione della vita».

Don Guidi esprime «una parola di ringraziamento. Perché questa ricerca ci ha mostrato ancora una volta, sempre che ce ne sia bisogno, di come anche l’oratorio contribuisce a portare nella vita di ciascuno non solo il senso dell’utilità e della funzionalità, ma specificamente il valore della gratuità, della dedicazione del proprio tempo per gli altri, per scoprire insieme proprio in questo dono di sé il segreto di una felicità più grande e più vera».