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«Con il Signore e con la gente», i Consigli pastorali parrocchiali insieme verso nuove prospettive di partecipazione, corresponsabilità e servizio

«Una vita che accende»: il tema-guida proposto in diocesi per l’anno pastorale in corso ha ispirato l’incontro “Consigli pastorali per un discernimento comunitario”, occasione di riflessione, approfondimento e condivisione tra i moderatori delle Unità pastorali, i parroci e i vicepresidenti dei Consigli pastorali della diocesi. Numerosa la partecipazione, nella mattinata di sabato 2 dicembre in Seminario, alla presenza del vescovo Antonio Napolioni, caratterizzata e animata da un tangibile spirito collaborativo e corresponsabile.

Dopo l’introduzione di don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero e il coordinamento pastorale, che ha richiamato le ragioni della convocazione e che ha tracciato le linee fondamentali del cammino sinodale che attende e coinvolge tutte le comunità, il vescovo Napolioni ha offerto la sua riflessione, a partire dalle coordinate di fondo di questo nostro tempo e della Chiesa che vive «in esso, con esso, per esso» e che è invitata dal Concilio a guardarlo con simpatia e compassione evangelica: una Chiesa, per questo «mai fine a se stessa, perché è a servizio del Regno di Dio».

Il Vescovo si è quindi soffermato sul cammino sinodale in senso stretto: tutto il popolo di Dio – ha sottolineato – «è chiamato a camminare insieme, vivendo la sinodalità in stile diffuso; ripartendo dal fondamento battesimale non solo della vita cristiana individuale, ma dalle dinamiche ecclesiali e pastorali; in discernimento dello Spirito; con il Signore e con la gente, con la realtà tutta intera, attualizzando il dono della comunione e la chiamata alla missione di nuove dinamiche di partecipazione, corresponsabilità e servizio, come lo sono e lo saranno le ministerialità laicali, istituite e di fatto. Coinvolgendo tutti: adulti e giovani, uomini e donne, ricchi e poveri, ministri  e laici». Allora – ha concluso – «la Chiesa sarà fatta di comunità magari più piccole, ma vive, minoranze creative in cui si sperimenta il Regno di Dio con una gioia motivata, credibile e contagiosa».

Al vescovo Antonio hanno fatto eco Walter Cipolleschi e Diana Afman, delegati sinodali diocesani, che hanno fatto il punto del percorso sinodale e delle prospettive future, testimoniando in prima persona la comunione con la Chiesa italiana grazie anche agli incontri vissuti a Roma e di quanto di questa comunione si possa fare tesoro.

I partecipanti hanno dunque proseguito la mattinata suddivisi in gruppi. La Parola di Dio ne è stata al centro, condivisa con il metodo della Conversazione nello Spirito, prima di concludere con la messa in comune di quanto recepito e donato, «proprio come avviene – ha osservato il vescovo – in una grande e bella famiglia».

 

Il testo della riflessione del Vescovo

 

Ascolta l’intervento del vescovo Napolioni

 




Venerdì sera alle 20.30 in Cattedrale il card. Matteo Zuppi (presidente Cei) interviene all’assemblea ecclesiale di inizio anno pastorale

Dopo il pellegrinaggio diocesano al Santuario di Caravaggio di domenica 24 settembre (leggi qui), l’intera Chiesa cremonese è chiamata a vivere insieme altri tre momenti di particolare significato ad apertura del anno pastorale, sul tema “Una vita che accende” (leggi qui). Occasioni di Chiesa che intendono offrire uno slancio rinnovato per l’intera comunità nel segno di un’esperienza di comunione cui il Sinodo ha abituato.

 

 

In particolare nella serata di venerdì 29 settembre, alle 20.30 in Cattedrale, sarà il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi, ad aiutare a tracciare l’orizzonte per il cammino per il nuovo anno pastorale, a partire dall’icona evangelica di Emmaus e alla luce del percorso del Sinodo svolto in Italia, presentando la fisionomia di Chiesa che si vuole vivere oggi. L’occasione sarà appunto l’assemblea ecclesiale cui tutte le componenti ecclesiali sono invitate a partecipare. La serata sarà aperta focalizzando l’attenzione sull’immagine dei discepoli di Emmaus attraverso un monologo cui seguirà l’annuncio della Parola. Cuore dell’evento sarà quindi la prolusione del cardinale Zuppi, cui seguirà l’invocazione dello Spirito a più voci. Dopo la benedizione a ogni zona pastorale e parrocchia o unità pastorale sarà consegnata una lampada, segno di quella luce che accende la vita dando nuovo slancio all’annuncio da parte dei discepoli.

 

Preghiera e riflessioni che continueranno il giorno successivo, sabato 30 settembre, in occasione del Convegno diocesano che dalle 9.30 alle 17 si svolgerà in Seminario. Circa 300 gli iscritti tra sacerdoti, religiosi e laici impegnati nelle comunità e nelle associazioni ecclesiali nei diversi campi della pastorale. Ad aprire la mattinata, nel salone Bonomelli, sarà l’intervento del giornalista Riccardo Maccioni, caporedattore del quotidiano Avvenire (che sostituirà Marco Tarquinio, impossibilitato all’ultimo a partecipare), cui è stato chiesto di offrire una fotografia e una lettura delle grandi sfide del cambiamento epocale che si è chiamati a vivere come società e, soprattutto, come Chiesa. Un’analisi che ciascuno dei presenti sarà chiamato a fare propria e condividere con gli altri attraverso l’esperienza a gruppi che concluderà la mattinata, attraverso la metodologia della “conversazione nello Spirito” che il Sinodo ha proposto. Dopo il pranzo, i presenti saranno chiamati ad approfondire alcune delle questioni decisive messe in cantiere della Chiesa cremonese attraverso alcuni laboratori sinodali. Queste le tematiche in esame: la missione come prossimità ai territori nelle dinamiche sociali e democratiche; la carità diffusa, tra vecchie e nuove povertà; le sfide educative e la generatività di una comunità che valorizza tutte le vocazioni; la corresponsabilità e i ministeri nelle comunità; il dialogo tra linguaggi della cultura e dell’arte, nella fede e nelle liturgia. La preghiera del Vespro alle 16 nella chiesa del Seminario chiuderà l’intensa giornata.

 

Infine domenica 1° ottobre, alle 20.30 in Cattedrale, l’intera Diocesi sarà chiamata a unirsi nella gioia delle ordinazioni diaconali di due seminaristi che il prossimo giugno diventeranno sacerdoti: Valerio Lazzari di Vicomoscano e Giuseppe Valerio di Spinadesco (per saperne di più cliccare qui).

 

 

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Quattro appuntamenti per l’apertura dell’anno pastorale. Il card. Matteo Zuppi (presidente Cei) ospite in Cattedrale

Con la fine del mese di settembre la Chiesa cremonese apre ufficialmente l’anno pastorale 2023/24. Lo fa anzitutto con l’annuale pellegrinaggio diocesano al Santuario di Santa Maria del Fonte, a Caravaggio, dallo scorso maggio diventato ufficialmente Santuario regionale della Lombardia, in programma domenica 24 settembre. Sarà come sempre per affidare alla patrona della diocesi il cammino della Chiesa cremonese all’inizio del nuovo anno.

Per questo sono invitate a partecipare tutte le componenti ecclesiali a partire dai membri del Consiglio pastorale diocesano a quelli dei Consigli parrocchiali, insieme alle proprie comunità, gli aderenti a movimenti e associazioni con presbiteri, diaconi e religiosi. Alle 15.30 vi sarà la preghiera del Rosario, cui seguirà alle 16 la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e proposta in diretta.

L’avvio del cammino del nuovo anno pastorale, però, avrà anche tre ulteriori momenti che intendono offrire uno slancio rinnovato nel segno di un’esperienza di comunione tra diverse vocazioni e comunità cui il Sinodo ha abituato.

Nella serata di venerdì 29 settembre l’appuntamento è per tutti nella Cattedrale di Cremona per un momento di preghiera e riflessione che sarà impreziosito dalla presenza del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, che a partire dall’icona evangelica di Emmaus aiuterà a comprendere, anche alla luce del cammino sinodale, la fisionomia della Chiesa oggi, evidenziando anche alcune prospettive di indirizzo.

Dal Vangelo alla realtà. È il passaggio cui la Chiesa cremonese intende dare concretezza nel nuovo anno pastorale. E proprio in questo senso nella giornata di sabato 30 settembre la diverse componenti ecclesiali sono chiamate a vivere il convegno diocesano. L’appuntamento a cui è possibile iscriversi compilando QUI il modulo online entro il 16 settembre, rivolto in particolare agli operatori parrocchiali, insieme al clero e ai religiosi, è dalle 9.30 (sino alle 17) presso il Seminario vescovile di via Milano 5, a Cremona. Dopo l’introduzione del vescovo Napolioni, sarà il giornalista Marco Tarquinio (già direttore di Avvenire) ad aiutare a leggere le grandi sfide del cambiamento epocale che si è chiamati a vivere. Un’analisi che ciascuno dei presenti sarà chiamato a fare propria e condividere con gli altri attraverso l’esperienza della “conversazione nello Spirito” che il Sinodo ha proposto. Dopo il pranzo, i presenti saranno chiamati ad approfondire alcune delle questioni decisive messa in cantiere della Chiesa cremonese attraverso alcuni laboratori e a partire da testimonianze. Queste le tematiche in esame: la missione come prossimità ai territori nelle dinamiche sociali e democratiche; la carità diffusa, tra vecchie e nuove povertà; le sfide educative e la generatività di una comunità che valorizza tutte le vocazioni; la corresponsabilità e i ministeri nelle comunità; il dialogo tra linguaggi della cultura e dell’arte, nella fede e nelle liturgia.

Infine domenica 1° ottobre, alle 20.30 in Cattedrale, l’intera Diocesi sarà chiamata a unirsi nella gioia dell’ordinazione diaconale di due seminaristi che il prossimo giugno diventeranno sacerdoti: Valerio Lazzari di Vicomoscano e Giuseppe Valerio di Spinadesco.

 

«Una vita che accende», il vescovo Napolioni presenta le Linee pastorali diocesane e il calendario il 2023-24

 




Inizia nella «casa di Mamma» il cammino della Chiesa cremonese nel nuovo anno pastorale con Maria

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“Santa Maria, Madre di Dio e dell’umanità, siamo qui da te, fonte di ogni grazia, per invocarti all’inizio di un nuovo cammino”. Inizia con queste parole, pronunciate dal Vescovo nella basilica di Santa Maria del Fonte, di fronte all’effigie della Vergine apparsa a Giannetta, la preghiera di affidamento a Maria per la Chiesa di Cremona che – come ogni anno – “si fa pellegrina” al Santuario di Caravaggio all’apertura di un nuovo anno pastorale.

Tanti i fedeli giunti dalle cinque zone della Diocesi, nella giornata aperta dalla preghiera del Rosario, a cui è seguita la processione guidata dal vescovo Antonio Napolioni, con il vescovo emerito Dante Lafranconi, il rettore del Santuario Amedeo Ferrari e tutti i concelebranti verso lo speco, sul canto delle litanie. “Ti affidiamo noi stessi, i giorni che verranno, con fiducia di figli, perché sappiamo quanto ci ami”, si conclude l’invocazione di affidamento alla Madre, che nella giornata del 24 settembre è stata pregata al termine della Messa domenicale in tutte le chiese della Diocesi.

Dopo la preghiera, il canto ancora introduce alla Messa, presieduta da mons. Napolioni all’esterno della Basilica, nel giardino del crocifisso, con l’accompagnamento dell’unione corale “Don Domenico Vecchi” e la presenza sempre preziosa dell’Unitalsi, presente nell’accompagnamento dei più fragili anche per questo pellegrinaggio, «il primo di quattro appuntamenti – lo presenta aprendo la celebrazione il vescovo – con cui vogliamo entrare insieme, in comunione, in un tempo di grazia».

L’omelia è iniziata con lo sguardo al bel sole autunnale che allieta la domenica dei pellegrini: «È giusto che qui ci sia il sole del Vangelo – ha osservato il vescovo – vi auguro di lasciarvi scaldare e illuminare da questo sole».
Un sole che, però – prosegue riprendendo la parabola dei lavoratori ascoltata dal Vangelo di Matteo – provoca il nostro «dna umanissimo», fatto di egoismi e fragilità. «Qui diventa più facile perché siamo a casa di mamma. E per mamma davvero il primo figlio è come l’ultimo. Dà il suo amore inesauribile in maniera tale che ciascuno si senta unico, senza che nascano rivalità e guerre tra fratelli».

«Gli ultimi ad essere pagati – ha quindi aggiunto – nella parabola dei lavoratori sono quei popoli che noi oggi neppure immaginiamo che possano essere cristiani». Il riferimento è alla recente visita del Papa in Mongolia, «a onorare la più piccola chiesa del mondo. Eppure viva, giovane, vera come la nostra. Non serve mettere i numerini per verificare o calcolare l’esperienza cristiana».

Tre passaggi della liturgia della Parola, tre verbi, sono scelti dal vescovo per dare una rotta al cammino della CHiesa e della CHiesa cremonese in particolare per l’anno pastorale che inizia: “Capire i pensieri di Dio”, “Cercare il Signore” e poi un passaggio da San Paolo che dice “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”

«Lasciamoci mettere in discussione dal Vangelo, con umiltà, senza precopmprensioni». Questo l’invito che indica la strada verso l’essenziale, senza «ansia per il numero dei preti, delle suore, degli operatori pastorali…». Mons. Napolioni guarda all’immagine evangelica della vigna: «Non siamo un’azienda che deve riempire gli uffici. La vigna siamo tutti noi uniti a Lui, un unico organismo vivente dentro il quale i tralci hanno capacità di portare frutto purché siano in comunione. Un tralcio che si stacca, si isola, presume, si inaridisce».

«Non cerchiamo noi stessi o i risultati – è dunque proseguita la riflessione – ma i frutti che vengono dalla relazione con il Signore. Il premio è quello di essere con Lui. Ci basta di stare con lui, nel suo popolo, allora porta un immenso frutto anche chi si sente inutile perché non appare e nessuno lo ringrazia. Ma è invisibile la presenza del Signore.

Quindi l’ultimo passaggio della riflessione: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. «È una realtà che ci tocca nella carne: la missione è vivere e morire così, da cristiani, pieni di letizia per la fedeltà del Signore alle sue promesse. Se al posto dei nostri magri bilanci umani prevalesse il Magnificat di Maria, tutti si accorgerebbero qualcosa di grande che corre nella storia. Il martirio è quotidiano per chi sceglie ogni giorno di rivivere in Cristo, in questo Vangelo che scalda il cuore e purifica la mente e nell’Eucaristia che non è una bella cosa con cui nasconderci dal mondo, ma è il pane dato per la vita del mondo che nutre il mondo nella misura in cui ne usciamo trasformati, capaci di servizio e di carità in tutti gli ambienti della nostra società».

La conclusione dell’omelia guarda ai prossimi 365 giorni: «Il programma è quello di sempre: assecondare lo Spirito, essere docili come Maria alla Parola che vuole farsi carne oggi. Il pastore non va in vacanza. Tutti gli istanti della vita sono abitati da Cristo Pastore; è lui che rende “pastorale” il nostro tempo. Il Signore ci renda specialisti anche della ferialità, nei giorni in cui godere della presenza di Cristo capillare e salvifica. Auguro a me e a voi – ha concluso – che questo sesto senso spirituale ci aiuti nelle comunità a operare quelle scelte su cui spesso discutiamo, che servono per rendere la nostra Chiesa più aderente al Vangelo e ai nostri tempi, perché lo sappiamo fare da uomini e donne in pace, gioiosi, grati dell’amore di Dio sovrabbontante per gli ultimi. Allora non ce ne accorgeremo ma saremo davvero i primi».

 

 

La celebrazione è quindi proseguita con profonda partecipazione. E con una preghiera particolare del Vescovo e di tutta l’assemblea per i sacerdoti che in queste settimane stanno iniziando un nuovo capitolo del loro ministero: «Ringrazio per la disponibilità dei sacerdoti ai cambiamenti necessari – ha detto mons. Napolioni -. Vedo il dolore del distacco, la fiducia delle comunità, l’avventura della fede che riparte. Se i parroci vengono accolti con partecipazione, ci sono preti che cambiano il loro servizio senza clamore. Preghiamo dunque in particolare per don Gabriele (Filippini, ndr) dopo 13 anni al Santuario si sposta nella parrocchia di Caravaggio, per don Flavio (Meani, ndr) che dopo quasi 30 anni di servizio ai vescovi arriva al Santuario per regalare la sua competenza liturgica e la sua cordialità per chi cerca l’incontro con Dio, e preghiamo per don Matteo (Bottesini, ndr), che – ha sorriso – inizia a sopportarmi come segretario e cerimoniere del vescovo».

La celebrazione è quindi proseguita con la liturgia eucaristica e i riti di conclusione, con l’indulgenza plenaria concessa a tutti i presenti e a quanti hanno seguito la Messa attraverso i mezzi della comunicazione, e un ringraziamento del vescovo rivolto a quanti con il loro servizio rendono il Santuario di Caravaggio un luogo «più fecondo, dove si respira quel “ospedale da campo” di cui la nostra gente e tutti noi abbiamo bisogno».

L’avvio del cammino del nuovo anno pastorale, proseguirà nei prossimi giorni con tre ulteriori momenti che intendono offrire uno slancio rinnovato nel segno di un’esperienza di comunione tra diverse vocazioni e comunità cui il Sinodo ha abituato. Nella serata di venerdì 29 settembre l’appuntamento è per tutti nella Cattedrale di Cremona per un momento di preghiera e riflessione che sarà impreziosito dalla presenza del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, che a partire dall’icona evangelica di Emmaus aiuterà a comprendere, anche alla luce del cammino sinodale, la fisionomia della Chiesa oggi, evidenziando anche alcune prospettive di indirizzo.

Dal Vangelo alla realtà. È il passaggio cui la Chiesa cremonese intende dare concretezza nel nuovo anno pastorale. E proprio in questo senso nella giornata di sabato 30 settembre la diverse componenti ecclesiali sono chiamate a vivere il convegno diocesano. L’appuntamento a cui è possibile iscriversi compilando QUI il modulo online, rivolto in particolare agli operatori parrocchiali, insieme al clero e ai religiosi, è dalle 9.30 (sino alle 17) presso il Seminario vescovile di Cremona. Dopo l’introduzione del vescovo Napolioni, sarà il giornalista di Avvenire Riccardo Maccioni ad aiutare a leggere le grandi sfide del cambiamento epocale che si è chiamati a vivere. Un’analisi che ciascuno dei presenti sarà chiamato a fare propria e condividere con gli altri attraverso l’esperienza della “conversazione nello Spirito” che il Sinodo ha proposto. Dopo il pranzo, i presenti saranno chiamati ad approfondire alcune delle questioni decisive messa in cantiere della Chiesa cremonese attraverso alcuni laboratori e a partire da testimonianze.

Infine domenica 1° ottobre, alle 20.30 in Cattedrale, l’intera Diocesi sarà chiamata a unirsi nella gioia dell’ordinazione diaconale di due seminaristi che il prossimo giugno diventeranno sacerdoti: Valerio Lazzari di Vicomoscano e Giuseppe Valerio di Spinadesco.

«Una vita che accende», il vescovo Napolioni presenta le Linee pastorali diocesane e il calendario il 2023-24

 




Domenica sera in Cattedrale l’ordinazione diaconale dei seminaristi Valerio Lazzari e Giuseppe Valerio

L’intensa settimana che in Diocesi segna l’avvio dell’anno pastorale – dopo il pellegrinaggio a Caravaggio del 24 settembre, l’assemblea ecclesiale con il card. Matteo Maria Zuppi la sera del 29 settembre in Cattedrale e il convegno diocesano di sabato 30 in Seminario – si concluderà nella serata di domenica 1° ottobre alle 20.30 in Cattedrale con l’ordinazione diaconale di due giovani del Seminario diocesano: Valerio Lazzari, 28enne di Vicomoscano (in foto a sinistra), e Giuseppe Valerio, 30enne di Spinadesco (in foto a destra).

Il rito di ordinazione inizierà dopo la proclamazione del Vangelo con la presentazione dei candidati e la loro “elezione”: chiamati per nome, risponderanno «Eccomi». Seguiranno le domande, da parte del Vescovo, sulla loro idoneità prima dell’assenso che loro stessi dovranno esprimere.

Dopo l’omelia i due seminaristi saranno interrogati circa gli impegni propri dell’ordine diaconale. Seguirà il canto delle litanie dei santi, l’imposizione delle mani da parte del Vescovo e la preghiera di ordinazione.

La liturgia proseguirà poi con i riti esplicativi: la vestizione dell’abito proprio (stola e dalmatica), la consegna del libro dei Vangeli e l’abbraccio di pace con il Vescovo.

La Messa, che sarà trasmessa in diretta streaming sui canali web e social della Diocesi, continuerà con la professione di fede e la liturgia eucaristica con i nuovi diaconi che serviranno all’altare.

Nei prossimi mesi, in attesa dell’ordinazione sacerdotale, i due diaconi concluderanno gli studi teologici svolgendo il proprio ministero da diaconi a servizio della Chiesa locale: Valerio Lazzari collaborando con la Pastorale vocazionale e insegnando al liceo Vida di Cremona; Giuseppe Valerio nell’unità pastorale di Piadena

 

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Biografia degli ordinandi

Valerio Lazzari, classe 1995, originario della parrocchia di Vicomoscano è entrato in Seminario dopo il diploma da Tecnico agrario e tre anni di attività professionale. Durante gli anni di formazione in Seminario ha prestato servizio presso le comunità di Soresina, Piadena e Cavatigozzi. Nell’anno del diaconato collaborerà con la Pastorale vocazionale e insegnerà al liceo Vida di Cremona.

Giuseppe Valerio, classe 1993, originario della parrocchia di Spinadesco, è entrato in Seminario dopo alcune esperienze lavorarative seguite al diploma in Cucina professionale. Negli anni di studio in Seminario ha prestato servizio presso le comunità della Beata Vergine di Caravaggio (Cremona), a Calvatone-Romprezzagno-Tornata, Arzago d’Adda e nell’unità pastorale “Cafarnao” di Vescovato. Come diacono sarà a servizio dell’unità pastorale di Drizzona-Piadena-Vho.

 

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Don Valerio Lazzari e don Giuseppe Valerio diaconi «nella vigna del Signore»

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Hanno pronunciato il loro «eccomi», nella serata di domenica 1° ottobre in Cattedrale, diventando così diaconi Valerio Lazzari, 28enne di Vicomoscano, e Giuseppe Valerio, 30enne di Spinadesco. Intorno a loro un’assemblea «di comunione missionaria» – come l’ha definita il vescovo Antonio Napolioni – che «sta vivendo giorni di grazia» dopo l’intervento del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, il 29 settembre e il convegno diocesano il 30 settembre.

Tanti i fedeli delle comunità di provenienza o di quelle nelle quali hanno prestato servizio in questi anni formazione i due giovani, stretti intono a un presbiterio pieno di sacerdoti e seminaristi per una celebrazione in cui emozione, amicizia, fede e preghiera si sono fuse insieme.

La loro vocazione è stata confermata dalla Chiesa durante il rito di ordinazione iniziato dopo la proclamazione del Vangelo con la presentazione dei candidati e la loro “elezione”.

«A questi figli – ha detto il vescovo commentando il Vangelo – ripeto oggi andate a lavorare nella vigna del Signore». Mandato che segue «un cammino di discernimento condiviso con le famiglie, gli amici, le parrocchie dove siete stati, le comunità da dove venite e la comunità del Seminario». Come a dire che la scelta del diaconato è personale, ma nella Chiesa nessuno è solo. Tanto più che il diaconato è «un atto adulto di volontà – ha spiegato Napolioni – reso possibile dalla volontà misteriosa di Dio». Dunque un «sì» a Dio, che sorregge questa scelta, e alla Chiesa. «In un tempo in cui il “per sempre” non va più di moda», ha aggiunto il Vescovo. Una scelta, quella del diaconato, di servizio che è «abbandono alla volontà di Dio anche quando ci sarà il limite e la fatica», guardando sempre a Dio sulla scorta delle parole di san Paolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù».

Dopo l’omelia i due seminaristi sono stati interrogati circa gli impegni propri dell’ordine diaconale. È seguito il canto delle litanie dei santi da parte del coro della Cattedrale mentre i due giovani era prostrati a terra in umile silenziosa preghiera. Poi la parte centrale del rito con l’imposizione delle mani da parte del Vescovo e la preghiera di ordinazione.

Quindi la liturgia è continuata con i riti esplicativi: in primis la vestizione dell’abito proprio, stola e dalmatica, poi la consegna del libro dei Vangeli, momento nel quale si è chiesto ai due giovani di «vivere ciò che ricevono», la Parola. A conclusione di questo momento forte è arrivato l’ultimo dei riti: l’abbraccio di pace con il vescovo Antonio e l’emerito Dante Lafranconi e i diaconi permanenti presenti.

La Messa quindi è proseguita nel raccoglimento con i due diaconi che hanno servito all’altare e si è conclusa con il «Buon cammino» augurato dal vescovo Napolioni ai due diaconi, ma anche all’intera comunità.

Nei prossimi mesi, in attesa dell’ordinazione sacerdotale, i due ordinati concluderanno gli studi teologici svolgendo il proprio ministero da diaconi a servizio della Chiesa locale: don Valerio Lazzari collaborando con la Pastorale vocazionale e insegnando al liceo Vida di Cremona; don Giuseppe Valerio presso l’unità pastorale di Drizzona-Piadena-Vho.

 

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Biografia degli ordinandi

Valerio Lazzari, classe 1995, originario della parrocchia di Vicomoscano è entrato in Seminario dopo il diploma da Tecnico agrario e tre anni di attività professionale. Durante gli anni di formazione in Seminario ha prestato servizio presso le comunità di Soresina, Piadena e Cavatigozzi. Nell’anno del diaconato collaborerà con la Pastorale vocazionale e insegnerà al liceo Vida di Cremona.

Giuseppe Valerio, classe 1993, originario della parrocchia di Spinadesco, è entrato in Seminario dopo alcune esperienze lavorarative seguite al diploma in Cucina professionale. Negli anni di studio in Seminario ha prestato servizio presso le comunità della Beata Vergine di Caravaggio (Cremona), a Calvatone-Romprezzagno-Tornata, Arzago d’Adda e nell’unità pastorale “Cafarnao” di Vescovato. Come diacono sarà a servizio dell’unità pastorale di Drizzona-Piadena-Vho.

 




Assemblea ecclesiale di inizio anno pastorale in Cattedrale, il cardinal Zuppi: «Camminiamo insieme»

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«Come Chiesa camminiamo insieme, pensiamo insieme, nella comunione. Perché non c’è Chiesa senza comunione e non c’è comunione senza l’altro». Le parole del cardinal Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella serata di venerdì 29 settembre nella Cattedrale di Cremona hanno tracciato la strada all’anno pastorale che si apre per la Diocesi di Cremona.

L’occasione è stata, in un Duomo gremito e partecipe, l’assemblea ecclesiale del 29 settembre, che ha fatto seguito al pellegrinaggio diocesano al Santuario di Caravaggio di domenica 24 settembre (leggi qui) e cui seguiranno il convegno diocesano di sabato 30 settembre in Seminario e le ordinazioni diaconali nella serata di domenica 1° ottobre in Cattedrale (per saperne di più cliccare qui). Quattro occasioni di particolare significato ad apertura del anno pastorale, sul tema “Una vita che accende” (leggi qui). Occasioni di Chiesa che intendono offrire uno slancio rinnovato per l’intera comunità nel segno di un’esperienza di comunione cui il Sinodo ha abituato. 

Ad accogliere il cardinal Zuppi è stato il vescovo Antonio Napolioni con il vescovo emerito Dante Lafranconi e un’assemblea numerosa e attenta, fatta di sacerdoti e religiosi inseme a tanti laici, in rappresentanza delle diverse componenti ecclesiali, rappresentando parrocchie e associazioni. Presenti anche le più alte rappresentanze istituzionali civili e militari del territorio.

È stata un’esperienza di Chiesa unita, in preghiera per disegnare le strade del proprio futuro. «Una Chiesa viva, in ricerca, umile e appassionata», come ha detto Napolioni, una comunità che ha saputo leggere il Vangelo di Emmaus guardando all’oggi.

L’attore cremonese Mattia Cabrini nel monologo introduttivo alla serata (che ha preceduto la lettura del brano evangelico di Luca dei discepoli di Emmaus e la prolusione del cardinal Zuppi) ha indossato i panni di uno dei discepoli e si è trovato nello smarrimento di ieri che è quello di oggi: si sono spenti i riflettori, i numeri dei discepoli calano, Cristo pare non vedersi più e i problemi si moltiplicano: diventando crisi climatica, economica, dei migranti che muoiono in mare, educativa. «Ho bisogno di credere», ripete il discepolo nella speranza e luce.

L’intervento del cardianal Zuppi ha segnato un punto di partenza chiaro e netto: «Nostro Signore è entrato nella storia, nella quale siamo immersi» e dalla storia, dalla storia di ciascuno, provata da difficoltà e «tristezze che spengono le passioni», la Chiesa deve ripartire per fare nuova la realtà. Non basta però ripartire insieme, bisogna «saper camminare insieme, pensare insieme», punto sul quale il cardinale ha insistito all’inizio di un anno sinodale durante il quale una delle parole chiave è «discernimento». Perché davvero «quello che viviamo sia nostro – ha proseguito il cardinale – bisogna fare la fatica di trovare delle risposte insieme, ascoltando il Signore e coloro che hai davanti».

Dunque discernimento, ma insieme, partendo dal presupposto che «la chiamata è personale, ma tutti siamo mandati». E se «qualcuno è lontano è per colpa nostra, diceva don Primo Mazzolari», ha aggiunto Zuppi. Sì perché la Chiesa disegnata in questa prolusione è una Chiesa in uscita, «che non è la mania del momento». La Chiesa – ha spiegato Zuppi – è sempre stata missionaria e aperta a tutti. Sulla scorta di don Mazzolari, il parroco di Bozzolo, ha poi ricordato che «quelli che sono lontani lo sono per colpa nostra. Sembrano più distanti ma, diceva il prete di Bozzolo, hanno una domanda di amore che noi non abbiamo». Nel discorso il riferimento a don Primo e I Lontani, «testo che non abbiamo ancora capito, nonostante i lontani siano aumentati»: ne abbiamo oggi i volti più diversi. I volti dei migranti, i volti dei giovani persi in mondi digitali inesistenti e inconsistenti, i volti degli adulti che si rifugiano in dipendenze per evitare di affrontare il reale, i volti delle persone sole ai margini di un mondo segnato dal successo e dall’individualismo. E intanto i problemi si moltiplicano.

 

Guarda la prolusione integrale del cardinal Zuppi

 

Le difficoltà dei discepoli di Emmaus, rimasti subissati dai dubbi dopo la scomparsa di Gesù, oggi sono le molteplici crisi che attanagliano i contemporanei. Crisi citate nel monologo in cui Mattia Cabrini ha dato voce a un discepolo di Emmaus. Si tratta di guerre, flussi di disperati che trovano la morte nel mare, questioni economiche e finanziarie, problemi e catastrofi che attanagliano il pianeta e l’ambiente, sino ad arrivare anche alle visioni parziali di Chiesa (preghiera o servizio? regole o spirito? amore o verità?). Tutti lati di una stessa complessa realtà da dipanare con uno sguardo diverso, più alto. Questioni enormi tanto più difficili da affrontare quando «il successo» viene meno, si spengono i riflettori e il numero di coloro che seguono il Vangelo scende vertiginosamente.

Da questo impasse il cardinale ha suggerito di uscire guardando ai discepoli di Emmaus, nei cui cuori «ardeva la speranza». Fermarsi ad Emmaus non paga, rinchiudersi ad Emmaus non paga. Il cardinal Zuppi ha suggerito la strada del «passaggio dall’io al noi», quella dell’amore che supera la tentazione delle chiusure. «La Chiesa è una minoranza creativa, generativa, che guarda tutti, non ha confini, è come un seme o il lievito». E di nuovo questo «tutti» torna nelle parole di Zuppi prendendo forza da quelle pronunciate da Papa Francesco a Lisbona davanti a una distesa di giovani. «La Chiesa è di tutti, nel senso che è la casa dove i figli e i fratelli sono tutti accolti, non giudicati». Non si tratta di buonismo, ma di mettere in campo un amore «attraverso cui il fratello capirà». E subito la mente corre alla parabola del Figliol Prodigo, dove un padre generoso accoglie e «dona anche un anello», restituisce fiducia a chi lo ha lasciato e dimenticato, abbraccia senza condizioni. Così la Chiesa per Zuppi ha le braccia aperte, tese «in un abbraccio magari immeritato», ma che rigenera.

 

Alcuni dei passaggi più significativi della prolusione del cardinal Zuppi 

 

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Le piste di lavoro tracciate nella prolusione sono state tante e tra queste anche la capacità di «aprire la casa e il cuore», che vuol dire mettere in campo una generosità che sa riparare le ferite, sa accogliere «la ricchezza delle diversità», sa «parlare la lingua dell’Amore» attraverso la quale ci si capisce tutti. I problemi ci sono, anche nella Chiesa, e il cardinale non li nega, anche quelli di ogni diocesi: la diminuzione dei sacerdoti, gli accorpamenti delle parrocchie. Ma l’atteggiamento consigliato dal presidente della Cei è di trasformare le situazioni nuove in «opportunità» assumendo lo sguardo di Cristo verso le folle, uno sguardo «di compassione», non di giudizio, ricordando che «tutti abbiamo bisogno di credere», come recitava in un mondo diverso anche il monologo. «Tutti – come scriveva don Primo Mazzolari – abbiamo bisogno di un Amico, che non viene meno, che non tradisce, che non vende, che misura la fatica del vivere, che capisce il dolore dell’uomo, che dà una speranza eterna».

Dopo la prolusione del cardinale e le invocazioni alla Spirito, richiamando il tema dell’anno pastorale – Una vita che accende – ai vicari zonali e alle parrocchie è stata consegnata una lampada, «una lanterna da cercatori di uomini», come ha spiegato il vescovo Napolioni, per uscire in piazza, tutti dalla stessa porta, per illuminare le strade, anche con gesti concreti.

E per questo sono state raccolte le offerte per sostenere un Tir di generi di prima necessità che partirà da Cremona per l’Ucraina attraverso l’impegno di pace e solidarietà della Sant’Egidio. Il cardinale Matteo Maria Zuppi dallo scorso maggio è stato incaricato da Papa Francesco per la missione di diplomazia umanitaria della Santa Sede nel dialogo sulle grandi crisi internazionali che lo ha visto incontrare negli ultimi mesi i vertici dei governi di Russia, Ucraina, Stati Uniti e Cina. 

 

Guarda il video dell’intera della assemblea ecclesiale in Cattedrale 

 

 

 

«Ho bisogno di credere». L’intenso monologo di Mattia Cabrini, un discepolo di Emmaus sulle strade della Chiesa di oggi

Inizia nella «casa di Mamma» il cammino della Chiesa cremonese nel nuovo anno pastorale con Maria

«Una vita che accende», il vescovo Napolioni presenta le Linee pastorali diocesane e il calendario il 2023-24

Domenica sera in Cattedrale l’ordinazione diaconale dei seminaristi Valerio Lazzari e Giuseppe Valerio




Dal Convegno diocesano «una Chiesa sinodale che sappia raccontare il bello che la accende»

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Con le immagini e le parole della serata in Cattedrale ancora negli occhi e nella mente, la comunità della Chiesa cremonese si è riunita nella mattinata di sabato 30 settembre in Seminario per il convegno diocesano con cui, insieme, condividere e approfondire i temi su cui il vescovo Antonio Napolioni, nelle sue Linee pastorali, propone di lavorare nelle parrocchie e nelle comunità. «Per chiederci – ha detto nella sua introduzione richiamando il tema-guida – quale vita accende vita, quale fede condivisa nella comunità genera vita».

 

Introduzione del vescovo Antonio Napolioni

 

Circa 300 gli iscritti tra sacerdoti, religiosi e laici, alla giornata aperta nel salone Bonomelli dall’intervento del giornalista Riccardo Maccioni, caporedattore del quotidiano Avvenire, cui il vescovo ha chiesto di «aiutarci a guardare da credenti la realtà, con le sfide che ci pone».

Il punto di vista proposto da Maccioni è stato quello della sua professione, lo sguardo «del giornalista che osserva la realtà per interrogarla e poi rendere conto». La domanda è quella di partenza per aprirsi al dialogo. «Quando penso alla Chiesa oggi – ha quindi iniziato la relazione – qual è la prima immagine che mi viene in mente? Forse la Messa con pochi fedeli, l’incontro con la sofferenza di chi cerca un sacerdote per un po’ di consolazione, forse il cumulo di obblighi burocratici che sommergono i sacerdoti o l’ultimo campo estivo con i ragazzi; l’incapacità di farsi ascoltare, o – perché no – la carica dei 65mila ragazzi italiani alla Gmg di Lisbona… mentre però gli oratori non sono più pieni come una volta».

I riferimenti del giornalista di Avvenire tornano spesso al cammino sinodale, da cui emerge – osserva – un dato costante: «La Chiesa viene percepita come distante, poco concreta, staccata, a volte chiusa. Come se il Cristianesimo stesse a fianco e non dentro la vita reale». Una considerazione che non può lasciare indifferenti e che chiama due atteggiamenti di risposta: l’ascolto e la reazione.

Atteggiamenti che chiamano a una riflessione e a un confronto con la realtà che indica una via di cambiamento. E nel suo intervento Maccioni trova questa indicazione nella voce delle giovani generazioni. Quelle che hanno “invaso” Lisbona e quelle che provocano ogni giorno il mondo adulto e le comunità cristiane. «Ai ragazzi interessano poco le riflessioni sociologiche. Chiedono di poter parlare e di essere ascoltati. Chiedono agli adulti vicinanza e tempo da trascorrere insieme. I giovani di oggi vivono una dimensione molto diversa rispetto alla nostra: ricevono un mondo peggiore rispetto a quello che abbiamo avuto in dono noi (il clima, la precarietà del lavoro…). Sono loro a insegnarci cose che non conosciamo, non solo nelle tecnologie che scavano fossati profondi tra le generazioni, ma anche nella gerarchia dei valori in cui la relazione con le persone sta al primo posto. Ci insegnano la disponibilità a lasciare la casa, un diverso rapporto con le cose meno possessivo e più orientato alla condivisione». Una disponibilità che apre all’accoglienza e che chiede alla Chiesa di essere «Chiesa in uscita, capace anche di far entrare».

E anche capace di «far conoscere il bello che sa ancora esprimere». Il pensiero corre ancora alla Gmg e al poco risalto mediatico ricevuto dal milione e otto di giovani che hanno risposto all’invito del Papa. Fuori dalla «sindrome dell’accerchiamento» il giornalista sottolinea l’importanza di una «testimonianza gioiosa della propria fede», affrontando «con creatività il dialogo con la realtà», dando forza ai riti anche se sono sempre meno frequentati, condividendo senza timore anche dubbi, domande e fragilità, evitando esaltazioni di una fede di nicchia e ricordando che «il Cristianesimo che non è di tutti, ma deve continuare ad essere per tutti».

La proposta è quella di uno stile sinodale, quello che la Chiesa sta cercando nell’ascolto e nell’incontro del cammino in corso, che inizi – come ha poi ripreso in conclusione il vescovo Napolioni – da ciò abbiamo di bello: «C’è tanta vita, tanta presenza del Signore di cui rischiamo di non accorgerci. Dobbiamo metterci nell’atteggiamento giusto, con lo stile giusto, con una gratitudine di fondo: siamo quelli un po’ matti che non chiudono gli occhi davanti alle sfide, ma che hanno una riserva di speranza e di senso che “dà benzina” alla nostra pastorale».

 

La relazione del giornalista Riccardo Maccioni

 

Questo lo stimolo ripreso nel corso della giornata nei gruppi della conversazione nello spirito in cui è risuonata la testimonianza di Maccioni, e nei laboratori del pomeriggio in cui tutti i partecipanti hanno lavorato insieme, con una prospettiva aperta ai prossimi mesi sulle questioni decisive messe in cantiere della Chiesa cremonese. 

 

Assemblea ecclesiale di inizio anno pastorale in Cattedrale, il cardinal Zuppi: «Camminiamo insieme»

«Una vita che accende», il vescovo Napolioni presenta le Linee pastorali diocesane e il calendario il 2023-24

Inizia nella «casa di Mamma» il cammino della Chiesa cremonese nel nuovo anno pastorale con Maria




«Ho bisogno di credere». L’intenso monologo di Mattia Cabrini, un discepolo di Emmaus sulle strade della Chiesa di oggi

L’intervento del cardinale Zuppi, che nella serata di venerdì 29 settembre ha proposto una sua riflessione sulla Chiesa oggi davanti ad una Cattedrale gremita e attenta, (leggi QUI) è stato preparato da un momento di preghiera comunitaria. Un momento aperto da un intenso monologo scritto e interpretato da Mattia Cabrini, regista, attore e collaboratore della Federazione Oratori. Un dialogo immaginato tra uno dei discepoli di Emmaus e l’altro, Cleopa, l’unico di cui si conosce il nome. Un dialogo a una voce che, su quella strada che porta a Emmaus, porta la Chiesa di oggi, con le sue nostalgie, le sue fragilità e le fatiche. E con quell’inesauribile bisogno di credere.

 

Non l’hanno visto capisci?

È sparito come se fosse un fantasma, come se tutto quello che abbiamo vissuto con Lui fosse un’allucinazione.

Mi sembra già un’altra vita, un capitolo chiuso. Come una delle tante parentesi della vita finite in archivio.

Vorrei vederlo ancora una volta, parlarci insieme per essere sicuro che tutto sia successo.

Invece se n’è andato. Mi segui? finito. Una bella festa che adesso è finita. Uno spettacolo su cui si spengono i riflettori e la gente se ne va. E’ finito lo spettacolo ed è finita la gente! ti ricordi quanta gente ci seguiva? folle… moltitudini … eravamo seguiti, eravamo rispettati… la gente ci cercava, ci temeva, ci salutava per strada, ci ascoltava, come era bello contare? eravamo rilevanti! Eravamo PIENI! Pieni di cose da fare, di gente da incontrare! ti ricordi quando avevamo le agende piene di appuntamenti, di incontri, mattina, pomeriggio, sera e ci lamentavamo del troppo lavoro. Come era bello quando ci lamentavamo del troppo.

Avevamo successo! Noi chiamavamo e la gente arrivava! Non avevamo dubbi perché avevamo successo. Quando hai successo non ti vengono dubbi. Te lo ricordi vero quanto eravamo sicuri di noi? noi l’abbiamo visto! Noi siamo testimoni di questo successo! Diciamoci la verità lo abbiamo seguito anche un po’ per questo successo. E’ normale! Chi si mette a seguire un  fallito? nessuno! Facevamo del bene, ti ricordi quanta gente abbiamo liberato? eravamo utili, avevamo successo e facevamo del bene. Cosa abbiamo sbagliato? Certo sarà colpa della società, della politica, di tanti fattori, ma noi? cosa c’entriamo noi? cosa abbiamo sbagliato noi?

Ora che il successo è finito mi viene il dubbio di avere preso un abbaglio. Forse non l’abbiamo mai visto. Forse ci siamo solo illusi. Forse non c’è niente di niente.

La verità: che oggi non interessa più a nessuno. Queste sono paturnie di un discepolo di Emmaus. Puoi credere quello che vuoi. La gente ti rispetta basta che non la disturbi. Sai cosa? Dovremmo sparire anche noi come ha fatto lui. Ci teniamo il nostro culto, ce lo facciamo per noi basta con questa pretesa di universalità ma chi se ne importa di tutti. Stiamo con quelli che ci credono Cleopa. Io, te, quelli che ci stanno. Non ci serve altro. Dobbiamo sparire Cleopa. Rimanere nell’ombra nascosti. Basta folle, basta eventi. Basta fare qualcosina ogni tanto per consolarci. La gente tornerà. Se vorranno siamo qui.  Se ne accorgeranno. Vedrai che la gente cambierà idea.

Vero che cambierà idea Cleopa? Si accorgeranno che hanno sbagliato. Che hanno ammazzato e messo nel sepolcro qualcuno di importante. Non siamo noi ad aver sbagliato Cleopa, sono loro: quelli che l’hanno rinnegato, che l’hanno condannato, che hanno voltato la faccia dall’altra parte, quelli che sono sono stati indifferenti. Loro hanno sbagliato, non noi!  Noi siamo le vittime di tutto questo.

Certo che se almeno lui si facesse vedere allora noi potremmo avere una ragione in più di reagire. Dobbiamo reagire? dobbiamo farci sentire Cleopa! Dovremmo lottare, avremmo dovuto difenderlo, avremmo dovuto tirare fuori le armi farci ammazzare come ha fatto lui. Per amore. Si certo tutto per amore.

Per amore dobbiamo abbassare la testa.

Per amore dobbiamo alzare la testa.

Per amore a me gira la testa.

L’amore non può essere una cosa che fa male.

Lui lo diceva sempre.

Temo che abbiamo perso.

Abbiamo perso tempo, abbiamo perso qualcuno che ci faccia sentire dalla parte giusta. Perché io non lo so più qual’è la parte giusta capisci. Qui si tratta di affrontare la crisi climatica, demografica, sociale, economica, Ucraina, della genitorialità, bancaria, politica, del Niger, della fede, …che con tutte queste crisi mi viene il mal di crisi, mi viene da vomitare tutte le crisi che ho mangiato e vorrei solo un po di pace.

L’unica cosa vera è non so niente…

Anzi una cosa la so: so che adesso avrei bisogno di vederlo e dirgli che ho bisogno oggi di più di prima di credere in Lui.

Ho bisogno di credere  che la vita di due ragazze che fanno musica a Zaporhia non finisca sotto una bomba e che l’ideologia non possa prendere il sopravvento sull’idea.

Ho bisogno di credere che in fondo al Mediterraneo ci sia qualcuno che li abbracci quando noi non riusciamo a salvarli.

Ho bisogno di credere che il milione e mezzo di giovani a Lisbona non sia solo uno slogan.

Ho bisogno di credere che oggi si possa avere figli e progetti se si ha il coraggio di sognarli.

Ho bisogno di credere che anche se tutte le generazioni precedenti ci hanno lasciato un pianeta pieno di gas possiamo fare qualcosa per migliorarlo e rendere migliore la vita di chi verra dopo di noi

Ho bisogno di credere che la vita abbia sempre una dignità e che invecchiare non sia una maledizione.

Ho bisogno di credere che esistano gli adulti altrimenti essere giovani è una tortura

Ho fede nelle mie e nostre mani, nelle nostre scarpe e nelle nostre teste.

Che la fatica venga ripagata e il dolore curato.

Ho fede nelle cose che mi aspettano domani e ho bisogno di credere che ti rivedrò.

 

Assemblea ecclesiale di inizio anno pastorale in Cattedrale, il cardinal Zuppi: «Camminiamo insieme»




Il vescovo risponde a “Chiesa di Casa”: «Nelle vostre domande una strada da percorrere con tutta la comunità»

Nella sua definizione, la parola «dialogo» indica un discorso, un colloquio fra due o più persone che abbia come finalità la ricerca di un punto di intesa, di un incontro anche partendo da visioni o posizioni differenti. Così inteso, ingrediente essenziale delle relazioni, il dialogo è indicato come una componente fondamentale anche per il percorso del nuovo anno pastorale nella diocesi di Cremona.

E con questa intenzione si apre la stagione 2023/24 di «Chiesa di Casa», il talk di approfondimento della diocesi di Cremona, inaugurata proprio in questo fine settimana con una puntata speciale in cui il vescovo di Cremona, monsignor Antonio Napolioni si è posto in dialogo con tre ospiti che hanno portato in studio le domande del mondo giovanile, delle famiglie e delle comunità, del mondo del lavoro e del volontariato: Lorenzo Mascaretti, giovane di Caravaggio che ha partecipato all’ultima Giornata mondiale della Gioventù, Cristina Paternazzi, mamma e catechista della parrocchia di San Daniele Po, e Federica Zignani, operatrice di rsa presso l’Opera Pia SS. Redentore di Castelverde.

Domande, provocazioni, curiosità. Spunti di riflessione posti dai tre ospiti laici, in cerca di una risposta dal loro vescovo. Domande – come evidenzia monsignor Napolioni – poste «non solo per rispondere in questo momento, ma per rifletterci e “camminarci dentro” con tutta la comunità».

«Come si può essere testimoni gioiosi del Vangelo, pur nelle fatiche e nelle fragilità della vita?», chiede Cristina. «Senza le fragilità non c’è bisogno di avere il Vangelo, che è buona notizia della salvezza – ribatte il vescovo –. E solo chi è in mezzo al mare, solo chi è nella solitudine, chi non conta solo sulle sue forze ha bisogno di salvezza».

 

 

E «cosa si intende per “villaggio” nella società di oggi, così urbanizzata, che vive così tanto di città?», chiede invece Lorenzo, che nel suo percorso di studi letterari ha spesso a che fare con questo concetto. Come dice Papa Francesco, è una parola che deriva da un detto africano: «Per mettere al mondo un figlio basta una mamma, per farlo crescere ci vuole un villaggio». «E la memoria dei nostri paesi custodisce questa esperienza», aggiunge Napolioni. «È senso di appartenenza, di partecipazione, di socialità in cui non prevale il conflitto, ma la solidarietà». Si può, si deve, dunque, parlare di «villaggio globale, che è così faticoso da tenere insieme, ma che si è fatto più piccolo, perché ci costringe a salvarci insieme, come sperimentato con la pandemia».

Uno sguardo al villaggio, alla società, al territorio che naturalmente diventa uno sguardo all’altro, alla carità. Il volontariato, nei paesi, è spesso legato alle realtà laiche e non alle comunità ecclesiali, fa notare Federica: «Le comunità cristiane saranno in grado, e come, di interagire e accostarsi a questi volontari, non solo per evangelizzare, ma anche per imparare?». La risposta sembra suonare facile, ma è tutt’altro banale: «Bisogna volerlo!». In una società storicamente spaccata da ideologie, suggerisce il vescovo, «oggi dobbiamo assolutamente vedere il bene e riconoscerlo da qualunque parte venga». Ben vengano, dunque, le alleanze nei paesi e nei quartieri.

Così, nel dialogo che scaturisce dall’incontro, vive la carità. Carità che significa vicinanza. E questa vicinanza si concretizza grazie alle forze di molti, impegnati in quelli che il vescovo chiama «i ministeri della consolazione». Ma cosa sono?

«I ministri della consolazione sono quelle persone, laici o religiosi, che affiancano i sacerdoti nella visita alle persone malate e sole, non solo portando la grazia dell’Eucarestia o della Confessione, ma proprio affiancando quella persona o quella famiglia, imparando soprattutto l’atteggiamento dell’ascolto, della comprensione, lo stile dell’amicizia». «In un senso più vasto – prosegue Napolioni – questo servizio è oggi attualissimo. Alla Giornata mondiale della Gioventù correvano parecchie lacrime, non solo nei ragazzi, ma anche in noi adulti, perché l’esperienza di una fonte che disseta fa sentire le nostre aridità, permette di esprimere le nostre difficoltà esistenziali». «Questo è quello che dice Papa Francesco, definendo la Chiesa un ospedale da campo».

È questa la dimensione della comunità, capace di aprirsi e generare bene per se stessa e per il mondo in cui vive. Per farlo – conclude il Vescovo – «bisogna ​​​​​​​uscire da se stessi, andare incontro agli altri, e vincere la paura con l’apertura alla vita».

Giorno del Signore e Chiesa di Casa, al via le nuove stagioni