Il ricordo dell’arcivescovo Cazzani a 70 anni dalla morte

Nella testimonianza di alcuni canonici il ricordo del Vescovo di Cremona dal 1914 sino alla morte, avvenuta il 26 agosto 1952: grande uomo cultura e guida salda per la Diocesi nelle due guerre mondiali

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Sono trascorsi pochi giorni dal 70° anniversario di morte dell’arcivescovo Giovanni Cazzani, a Cremona dal 1914 sino alla morte, avvenuta il 26 agosto 1952. Le sue spoglie riposano nella cripta della Cattedrale di Cremona, a pochi metri dall’urna che conserva le reliquie di sant’Omobono, patrono della città e della diocesi. Originario di Samperone, in provincia di Pavia, il vescovo Cazzani è unanimemente considerato uno dei pastori più insigni della Chiesa cremonese: apprezzatissimo per la vasta cultura e la sincera pietà, guidò con mano ferma e sapiente la diocesi nel mezzo di due guerre mondiale, della dittatura fascista e del difficile tempo della riconciliazione e della ricostruzione dopo la Liberazione dal giogo nazista. Per lui è in corso il processo di beatificazione, aperto alcuni anni fa insieme a quello di don Primo Mazzolari.

Un episcopato il cui ricordo è ancora vivo nel cuore di chi l’ha conosciuto. Come testimonia mons. Giuseppe Soldi, oggi canonico del Capitolo della Cattedrale e allora giovane seminarista. «Il mio ricordo – racconta il sacerdote classe 1931, ordinato nel 1957 – mi riporta alla Cattedrale, presso la quale l’arcivescovo Cazzani presiedeva i Pontificali. Salendo sul pulpito, in uno dei più difficili periodi storici in Italia, predicava le sue grandi omelie. Ma ricordo anche quando veniva in Seminario: tutte le volte passava in tutte le camerate a spiegare le sue posizioni e a salutarci in maniera affabile. Mons. Cazzani fu davvero un vescovo santo!».

Particolarmente attento allo sviluppo dell’associazionismo cattolico e alla preparazione culturale e spirituale dei suoi sacerdoti, compì 6 visite pastorali, indisse 3 sinodi, scrisse 38 lettere pastorali.

«Se Cremona si sottrasse alla rovina, nelle epiche giornate della Liberazione, lo si deve alla sua sagacia, al suo coraggio e al suo fascino personale», scriveva l’avvocato Beniamino Groppali in una lettera indirizzata all’allora vicario generale, mons. Paolo Rota, all’indomani della morte di mons. Cazzani. Nel testo, pubblicato nel volume Giovanni Cazzani. La vita e l’episcopato cremonese, edito nel 2002, si legge ancora: «Con lui scompare una delle più luminose figure della Chiesa, con lui che fu veramente il degno continuatore degli insigni vescovi che lo hanno preceduto». E ancora: «Le omelie da lui pronunciate nelle sacre ricorrenze erano pagine di rara e appassionata eloquenza, e, dal pulpito della Cattedrale di Cremona, la sua parola, ricca di dottrina e di profonda umanità, correva per le città d’Italia, ad infondere forza e coraggio e nuova vigoria nella fede. Colla sua vita intemerata, coi suoi costumi austeri, colla incessante dedizione ad ogni opera di carità e di pietà, egli si è eretto un monumento aere perennius, e la sua memoria resterà dolce e profonda in ogni cuore, mentre il grande paterno spirito continuerà dall’alto a proteggere la diletta città»

Fermezza morale testimoniata anche dall’approfondimento a lui dedicato dal presidente del Capitolo della Cattedrale, mons. Ruggero Zucchelli, nel testo Omelie nella pandemia, in cui sono citati alcuni passi di una lettera indirizzata da Cazzani a Roberto Farinacci. «Il vescovo Giovanni – si legge – fu al di sopra dei contrasti e delle passioni di parte e svolse la sua azione prudente e ferma, pregò per tutti e fu il vescovo di tutti; camminò con il suo gregge e fu sempre presente, in ogni circostanza, anche nelle ore più tragiche, come quelle dei bombardamenti sulla città della ritirata delle armate tedesche».

Figura mite e guida affidabile, caratterizzata da una personalità forte e scomoda in una Cremona fascista.

Fu riferimento imprescindibile per don Primo Mazzolari: una figura “paterna” sin dai primi momenti, anni che videro Cazzani appena trasferito a Cremona e Mazzolari al fronte per la Grande Guerra. Tra i due, negli anni, numerosi contatti, lettere, ammirazione reciproca e, talvolta, anche qualche diversità di vedute; comunque un sodalizio destinato a perdurare sino alla morte dell’arcivescovo.

37 anni di episcopato difficile, durante due guerre mondiali e un dopoguerra segnato, anch’esso, da agitazioni e lotte. Sempre attento ai più poveri. «Il Palazzo vescovile – ricorda ancora mons. Zucchelli – divenne per i poveri il luogo in cui, nel periodo invernale, trovavano a mezzogiorno una minestra calda: “la minestra del vescovo”».

Matteo Cattaneo

 

Cazzani vescovo di Cremona

Giovanni Cazzani nacque a Semperone, località nei pressi della Certosa di Pavia, il 4 marzo 1867. Entrato a 10 anni nel Seminario di Pavia, fu ordinato presbitero il 1° novembre 1889. Insegnante e vicerettore del Seminario di Pavia, continuò gli studi presso l’Università di Pavia, laureandosi in Lettere e filosofia, e successivamente in Teologia presso la Facoltà teologica di Milano. Dal 1899 segretario del vescovo di Pavia, seguì mons. Riboldi anche a Ravenna, rientrando in diocesi di Pavia nel 1902. Dopo essere stato rettore del Seminario di Pavia per due anni, nel 1904 fu eletto vescovo di Cesena, dove rimase un decennio, sino al trasferimento a Cremona.

L’11 aprile 1915, nel pieno della Grande guerra, il vescovo Cazzani fa il suo ingresso in diocesi, preceduto da una lettera pastorale nella quale si possono scorgere i tratti fondamentali della sua azione pastorale a Cremona. In tale documento traspare anzitutto la sua fede radicata, la sua dedizione alla preghiera, la sua passione per la Parola di Dio, ma anche il suo zelo per la cura delle anime e la sua profonda cultura, che fin da subito lo impone come un grande maestro di dottrina e un fine predicatore.

Dal carattere mite, ma estremamente fermo e chiaro, si contrappone al sindacalista Guido Miglioli quando esagera nei toni contro i proprietari terrieri, così come si oppone, con indomito coraggio, alla tracotanza fascista e alle minacce di Roberto Farinacci, ras indiscusso della città per tutto il tempo del Ventennio. Pur mostrando un profondo spirito di patria e una sincera lealtà alle autorità costituite, Cazzani manifesta sdegno e riprovazione quando è chiusa d’imperio l’Azione Cattolica, quando si minaccia l’educazione cristiana delle nuove generazioni o quando iniziano le persecuzioni contro gli ebrei. Particolarmente significativa è la lettera pastorale per la Quaresima del 1944, quando già egli vede oltre la guerra. Nel testo, lodato da tutto l’episcopato lombardo, prospetta una nuova serie di pericoli che, specie tra le classi meno abbienti, già sembrano profilarsi tanto nell’ambito religioso che in quello sociale. Tra questi pericoli elenca le insidie già serpeggianti «di un socialismo e di un comunismo ateo e materialista» e quelle, non meno deprecabili, sul lato opposto, «del liberismo economico e del sistema capitalistico fondato su di esso». A tutto ciò contrappone le linee di una sana e autentica «riforma sociale cristiana».

Il giorno successivo alla liberazione d’Italia, il 26 aprile 1946, pubblica un Manifesto alla cittadinanza intonato alle parola d’ordine «carità e pace». E come si prodigò per mitigare le violenze fasciste così fece per contrastare le vendette dei partigiani invocando un «esercizio della giustizia che si compia nei modi e nelle forme convenienti a un popolo civile».

Per i suoi alti meriti ecclesiali e civili Pio XII, Il 25 maggio 1944, gli conferisce il titolo personale di arcivescovo.

Ma mons. Cazzani fu soprattutto “pastore d’anime”. Il suo zelo lo spinge a compiere ben sei visite pastorali: 1916, 1922, 1927, 1933, 1939 e 1944. Tre, invece, sono i sinodi diocesani indetti: il primo è celebrato nel 1921, dopo oltre 40 anni dal precedente, voluto da mons. Bonomelli nel 1880. In quella assise sono aggiornati gli strumenti di governo della Diocesi anche alla luce del Codice di diritto canonico promulgano quattro anni prima. Il sinodo del 1933 fu convocato per adeguare la legislazione ecclesiastica alle nuove condizioni create dal Concordato del 1929, mentre l’ultima assise, quella del 1951, appare come una semplice conferma delle due precedenti, salvo alcune norme richieste dalle nuove situazioni determinate dalla seconda guerra mondiale e dai primi anni del dopoguerra.

Tra le priorità pastorali di mons. Cazzani emergono la solida formazione dei seminaristi e la cura del presbiterio, lo sviluppo dell’Azione Cattolica e la promozione del laicato, la valorizzazione dei mezzi di comunicazione attraverso il nuovo settimanale diocesano, la stretta collaborazione con religiose e religiosi.

Mons. Cazzani è esemplare anche nell’attenzione ai poveri, soprattutto se carcerati. Nel 1949, in occasione della Perigrinatio Mariae, invita a generose offerte straordinarie per gli indigenti. Da parte sua, «non avendo denaro» offre in vendita per quello scopo la sua preziosa croce pettorale e l’annessa collana d’oro.

TeleRadio Cremona Cittanova