Più di cinquant’anni trascorsi in Sierra Leone come missionario saveriano, segnati dallo stretto legame tra guerra e miseria. Questa la cornice di quanto padre Vittorio Bongiovanni ha testimoniato con passione a Cremona ai ragazzi delle superiori dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” formata dalle parrocchie di S. Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro.
L’incontro ha avuto luogo il 2 febbraio all’oratorio del Boschetto. In questo modo padre Bongiovanni, nativo di Bozzolo, è tornato nei luoghi in cui don Primo, un tempo suo parroco, è nato. E ci è ritornato per raccontare con energia gli anni di lotta per la liberazione dell’uomo, secondo il Vangelo.
I ragazzi presenti sono stati travolti dalle sue parole, dal suo sorriso e dalla forza di episodi narrati con naturalezza, ma intrisi di violenze e ingiustizie perpetrate contro i più poveri. In particolare, padre Bongiovanni ha evocato i mesi della prigionia, il confronto con i ribelli, le denunce presso le forze di interposizione dell’Onu e, soprattutto, l’incontro con 250 bambini soldato, ridotti in schiavitù dalle continue guerre fratricide da cui ancora oggi siamo circondati. Uno a uno, senza eroismi, ma soprattutto senza paura, con un lavoro durato mesi, questi bambini sono stati riconsegnati alle rispettive famiglie, a partire da un nome, un ricordo, la denominazione di un piccolo villaggio. E proprio sulla paura, sul coraggio e sull’affidamento a una forza che viene dall’Alto, il missionario, ha impiegato i passaggi più decisivi: «Chi se ne va non è un vigliacco, chi resta non è un eroe» – ha ripetuto diverse volte -, ma «se hai paura, vattene. Non è un posto per te».
All’incontro è stata mostrata anche una fotografia che ritrae padre Bongiovanni affetto da tubercolosi e in fin di vita. Sembrava non esserci speranza. Ora che si è ripreso freme, quasi incapace di stare lontano dai luoghi della sua missione. «Mi hanno bocciato, non a scuola, ma i medici: la Tac mi impedisce di tornare in Sierra Leone», luogo che ormai rappresenta la casa di quest’uomo, scavato dagli anni, che mescola ricordi e pensieri, Italiano e dialetto mantovano, come don Primo che, quando padre Vittorio Bongiovanni era piccolo, aveva raccolto il suo desiderio di dedizione al Vangelo.
«Dalla sua profonda testimonianza abbiamo percepito una forte personalità, piena di coraggio – hanno dichiarato Giosuè Danti e Andrea Canevari, tra i ragazzi presenti alla testimonianza –. Ha saputo trasmettere immensa felicità nella paura (più nostra nel sentirlo parlare che sua nel vivere quello che ha raccontato), dentro certi avvenimenti che lo hanno spinto a due passi dalla morte. Una persona piena di vita e sempre pronta a dare se stessa per i più bisognosi».