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«Signore, fai di questa Chiesa una Chiesa che genera la vita da dentro le fatiche delle nostre esperienze. Una Chiesa che lotta per la pace senza paura di pagare di persona. Una Chiesa che è pellegrina di speranza non solo una volta, nell’Anno Santo, ma come stile di condivisione della vita del mondo, che Dio ama follemente, anche nelle sue più piccole cose».
È con questo spirito che, la mattina di Pasqua, alle 9, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto l’Eucaristia nella casa circondariale di Cremona. Ed è questo che ha invocato nell’omelia nella Messa Pontificale presieduta alle 11 del 20 aprile nella Cattedrale di Cremona e concelebrata dai canonici del Capitolo.
In apertura il Vescovo ha salutato l’assemblea con l’augurio del Risorto: “La pace sia con voi”. «La Pasqua del Signore è anche la nostra Pasqua. Cristo, nostra Pasqua. Cristo, nostra speranza, è risorto, è vivo. Noi siamo qui ad attingere alla fonte della grazia e della salvezza, per affrontare il cammino della vita con le nostre responsabilità, con il coraggio e la forza dei risorti, di coloro che non hanno più paura della morte e che vogliono combattere il duello per la vita, per la pace».
All’inizio della celebrazione monsignor Napolioni ha asperso l’assemblea con “l’acqua che sgorga dal tempio santo di Dio”, percorrendo la navata centrale, completamente piena, e toccando i due transetti, anch’essi affollati di fedeli. «L’acqua che abbiamo benedetto nella stupenda veglia pasquale celebrata stanotte – ha detto il vescovo – ravvivi in noi, attraverso il gesto dell’aspersione, la grazia del Battesimo, per essere gioiosi e fedeli testimoni del Risorto. Ecco l’acqua che sgorga dal tempio santo di Dio».
Prima della proclamazione del Vangelo è stata intonata la sequenza di Pasqua “Victime paschali” in gregoriano.
Dopo il Vangelo l’omelia del Vescovo, iniziata con una metafora: «Come vi sentite? – ha chiesto monsignor Napolioni all’assemblea – Io mi sento come su un trampolino di salto con gli sci. Non l’ho mai provato in vita mia e non credo di averne più la possibilità, ma sono felice di provare questo sentimento. Siamo su un trampolino, stiamo per saltare, per volare in alto, lontano, insieme. Se ognuno di noi ci mette il suo pizzico di entusiasmo, figlio di un grande bisogno, un bisogno di speranza, di pace, di vita, di fiducia, di gioia. Volete che Dio Padre non ci venga incontro in tutti questi nostri bisogni così belli, così da figli amati? Ci è venuto incontro con il dono del suo unico Figlio!». Un dono preziosissimo che dobbiamo saper cogliere e comprendere, nelle sue implicazioni e nel suo enorme mistero, perché «le donne, Pietro, Giovanni, la mattina di Pasqua rimangono sorpresi: la tomba è vuota, ci sono i teli e si chiedono dov’è il Signore. Si conclude così il Vangelo. Non avevano ancora compreso la Scrittura, cioè che Egli doveva risorgere dai morti. 2000 anni dopo io lo riscriverei così: siamo noi che ancora non abbiamo compreso la Scrittura, che dobbiamo risorgere dai morti».
Nel farlo dobbiamo accettare la sfida che il male ci lancia ogni giorno, trascinandoci nel peccato, nella miseria, nella violenza e nelle guerre: «Oggi c’è una tregua di qualche ora. È bello pensare che questa Pasqua ci vede uniti: cristiani cattolici, ortodossi, protestanti. In questi giorni anche gli ebrei hanno festeggiato Pesach e i musulmani hanno da poco concluso il Ramadan. Ma i nostri ragazzi hanno il diritto di dubitare delle nostre religioni se esse seminano odio, guerra, violenza».
Un duello che è quello di Cristo nello sconfiggere la morte, perché «Cristo ha disinnescato la morte entrandoci dentro, facendola esplodere. Ha vinto! Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Ma un duello si fa quando c’è stato un affronto e bisogna lavare l’onta, la vergogna, l’offesa e difendere l’onore. Perché allora la parola duello? Perché è in gioco l’onore di Dio e tocca anche a noi scendere a duello per difendere la verità su di Lui».
Di quel duello si è dunque tutti protagonisti e ciascuno deve fare la propria parte: «Che bello quando un anziano non ha paura della morte e insegna al nipotino ad aver fiducia nella vita. Questo è il nostro compito generazionale in una società anziana, che non può brillare più per egoismo. Come san Francesco ha cantato e come i piccoli sanno comprendere: anche noi possiamo amare e servire questo mondo sfiorandolo con delicatezza, rinunciando a possederlo, condividendolo con tutti e facendone davvero il giardino di Pasqua, quello nel quale Gesù ci si manifesterà faccia a faccia e saremo beati con Lui».
La celebrazione è stata accompagnata dal Coro della Cattedrale diretto da don Graziano Ghisolfi, accompagnato all’organo dal maestro Fausto Caporali e alla tromba del maestro Giovanni Grandi.
Al termine della celebrazione la benedizione apostolica impartita dal vescovo con l’indulgenza plenaria e note dell’inno del Giubileo che hanno segnato la conclusione del solenne pontificale.
Il video integrale della celebrazione