Nel ricordo del beato Rebuschini l’invito dal Vescovo a una «rivoluzione del cuore, che genera una cura della salute integrale»

Nella mattinata di sabato 10 maggio la Messa nel ricordo del camilliano a San Camillo, poi la visita di monsignor Napolioni ai ricoverati

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Si è svolta presso la cappella della Casa di cura San Camillo di Cremona la celebrazione per l’87° anniversario della scomparsa del beato Enrico Rebuschini, morto il 10 maggio 1938 proprio a Cremona, dopo aver svolto buona parte del suo ministero in città per oltre 40 anni.

La messa in sua memoria è stata presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e concelebrata da padre Virginio Bebber, amministratore delegato della Fondazione Opera San Camillo di Cremona, padre Giuseppe Rigamonti, superiore provinciale della Provincia nord italiana dei Camilliani, padre Vittorio Paleari e da alcuni sacerdoti diocesani.

Presenti alla celebrazione anche i fratelli camilliani, il personale sanitario della struttura, una delegazione delle suore delle Figlie di San Camillo, e le rappresentanze cremonese dell’Opera nazionale Caduti senza croce e della Associazione nazionale Artiglieri d’Italia.

Nell’assemblea anche le autorità del territorio: il sindaco di Cremona, Andrea Virgilio, Luciano Pizzetti, Presidente del Consiglio Comunale, il comandante della Guardia di Finanza di Cremona, Massimo Dell’Anna, il maggiore Gabriele Schiaffini, comandante della Compagnia Carabinieri di Cremona e un rappresentante dell’Esercito.

In apertura padre Virginio Bebber ha ringraziato il vescovo, ricordando l’attenzione del beato Rebuschini, che era «verso tutti, ma particolarmente verso quei fratelli e quelle sorelle che nella sofferenza erano soli, non avevano nessuno che li ascoltava, li amava e gli andava fare visita. Era il religioso, il prete che andava sul territorio per incontrare i fratelli che erano nella sofferenza nella solitudine».

 

Saluto di padre Virginio Bebber

 

Anche il vescovo Antonio Napolioni ha ringraziato la Casa di cura, le autorità e tutta l’assemblea, che ha definito «rappresentativa di una storia, di una città e di un futuro, perché ci unisce il desiderio di continuare nel solco dei santi, i santi religiosi, i santi laici, i santi padri che ci hanno donato una società libera in cui la prossimità, la cura, la solidarietà è un valore decisivo».

Sia nel saluto iniziale che nell’omelia, il vescovo ha rivolto la sua attenzione «agli uomini e alle donne fragili, ai malati, ai deboli e in condizioni di bisogno». Commentando il Vangelo, “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato” e la lettura dal Libro del Siracide, Napolioni ha ricordato che «tutto questo il beato Enrico l’ha fatto. Dunque, non solo ricordiamo la quantità di servizio che ha svolto nella sua vita, ma la qualità, lo stile rigenerato dall’esperienza di un altro sentimento, di un altro soggetto diverso da lui che è Cristo Gesù».

Il vescovo ha esortato poi a mettere in atto una «rivoluzione del cuore, che genera una cura della salute integrale: non solo il corpo, ma anche l’anima, le relazioni, la famiglia. Una salute che chiede un ascolto empatico e un prendersi cura facendosi carico della persona tutta intera».

 

Omelia del vescovo Antonio Napolioni

 

Al termine della celebrazione, che si è conclusa con la preghiera per i caduti senza croce, il vescovo Napolioni, accompagnato da padre Bebber, si è recato in visita agli ospiti della casa di cura.

 

 

Agiografia del beato Enrico Rebuschini

Enrico Rebuschini nacque in provincia di Como, a Gravedona, il 28 aprile del 1860. Secondogenito di cinque figli di una famiglia borghese lombarda, a 24 anni entrò nel seminario di Como da dove, in virtù dei suoi meriti e delle sue doti, fu inviato al Collegio Lombardo di Roma per completare gli studi teologici all’Università Gregoriana.

Durante la sua formazione, Rebuschini si dedicò con fervore alla preghiera e al sostegno dei bisognosi, offrendo loro aiuto materiale e conforto spirituale. Per questo Il suo confessore lo indirizzò verso i Camilliani, ordine religioso votato all’assistenza dei malati.

Il 14 aprile 1889, ancora novizio, venne ordinato sacerdote a Mantova da mons. Giuseppe Sarto, il futuro papa San Pio X. L’8 dicembre del 1891 pronunciò i voti perpetui.

Nel decennio successivo Rebuschini operò a Verona: prima come vice maestro e docente dei novizi, poi come assistente spirituale, negli ospedali Militare e Civile.

Il 1° maggio del 1899 si trasferì a Cremona, presso la Casa di cura San Camillo, dove rimase fino alla morte. In virtù del suo spirito di servizio, fu superiore della comunità per undici anni e amministratore-economo per trentaquattro.

Nei quarant’anni di presenza a Cremona, Rebuschini si conquistò, con umiltà e dedizione silenziosa, l’affetto della città, che lo soprannominò affettuosamente il “Padrino santo”.

Il 23 aprile del 1938 contrasse un forte raffreddore assistendo un malato; due giorni dopo era a letto con la broncopolmonite. Chiese l’estrema unzione l’8 maggio e morì santamente a 78 anni il 10.

Il 4 maggio del 1997 Giovanni Paolo II lo proclamò beato. Oggi il suo corpo riposa nella cappella della Casa di cura San Camillo. La sua memoria liturgica si celebra il 10 maggio.

Claudio Gagliardini
TeleRadio Cremona Cittanova
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