L’emergenza sanitaria che si prolunga pone la società civile e le comunità cristiane di fronte a un nuovo impegno. A farsene interprete è, anche in questo caso, la Caritas diocesana, che guarda alle fragilità sul territorio e cerca strade sempre più efficaci di prossimità alle situazioni di bisogno. È il direttore don Pierluigi Codazzi – nel contesto della solennità patronale di sant’Omobono, il padre dei poveri, e della 4a Giornata mondiale dei poveri del 15 novembre – a entrare nel merito delle sfide presenti e future che l’emergenza Covid (ma non solo) porta con sé.
«Penso sia inutile soffermarsi sulle paure che abbiamo – riflette – specie se pensiamo alle persone più fragili. Tra questi c’è chi ha difficoltà oggi a trovare lavoro, ci sono gli stranieri, i carcerati e tanti altri troppo spesso dimenticati. Ci sono anche fragilità di tipo educativo ed è con questo panorama che ci dobbiamo confrontare. Ma lo facciamo con coraggio e speranza per non far prevalere l’inquietudine. Come Chiesa dobbiamo dare un segnale di risposta e speranza».
Codazzi racconta che a Cremona la Caritas ha un centro di ascolto, ma lavora soprattutto al coordinamento di una rete più ampia di impegno solidale sul territorio. «Abbiamo individuato un nuovo metodo per valorizzare i territori, evitando di centralizzare richieste e risposte facendo riferimento esclusivamente alla sede centrale. Abbiamo preferito investire sulle zone pastorali e abbiamo creato insieme ai vicari zonali, ai sacerdoti e alle singole parrocchie delle équipe locali con il compito di monitorare le realtà, le difficoltà e le emergenze, dando al contempo delle risposte il più concrete e vicine possibili alle persone».
L’idea è dunque quella – racconta ancora il sacerdote – di un servizio che sia disponibile sempre, per tutti, non solo nell’emergenza, ma nella quotidianità della vita di ciascuno. L’aiuto di Caritas, del resto, si muove su diverse direttrici. Due sono forse le più emblematiche: quella degli aiuti alimentari e la cosiddetta “Borsa di Sant’Omobono”.
«Gli aiuti alimentari – spiega don Codazzi – arrivano dalla Caritas centrale e vengono poi distribuiti nelle diverse zone dalle Caritas e San Vincenzo parrocchiali o da altre realtà, che raggiungono con i pacchi alimentari le singole famiglie bisognose. L’esperienza della Borsa di sant’Omobono è nuova, ma chiede alle singole comunità di intercettare i bisogni e prendersene carico, sostenendo magari il pagamento delle utenze e delle bollette o la ricerca del lavoro dove fosse necessario. Non è tutto semplice, «anche perché non tutte le comunità sono abituate a un impegno simile».
«Siamo in fase di rodaggio – racconta ancora don Codazzi –. Ci sono comunità che per sensibilità, storia o per la presenza di personalità particolarmente dedite hanno un’attenzione continua e puntuale ai bisogni. Chi invece non l’ha mai fatto talvolta ha una scarsa abitudine all’ascolto. Serve una fantasia della carità, magari ispirandosi alle esperienze concrete di chi si è già messo in gioco inventando dinamiche diverse, a seconda delle realtà che si incontrano».
E dei bisogni che si impongono: «Se ci fossero ragazzi che hanno difficoltà a trovare pc o tablet per studiare a distanza siamo disposti ad aiutare. E anche il tema del lavoro rimane centrale: i nostri artigiani e i nostri industriali siano attenti e disponibili nel dare una mano in questo senso, per evitare una perdita di reddito e di fiducia nelle persone».