Un tema che apre oggi a prospettive e interpretazioni fino a un anno fa inattese. Ma la Casa raccontata dal mensile digitale della diocesi non è soltanto lo spazio della famiglia, degli affetti più intimi. È una costruzione: «Non è un luogo ideale – si legge nell’introduzione – È uno spazio reale che assume la forma del contenuto. Un contenuto – però – che spinge da dentro come da fuori. Che delimita, certo, intanto però si lascia contaminare, comunicare, accogliere».
E i mattoni che Riflessi porta alla sua definizione di “casa” sono gli incontri, le riflessioni, le immagini e i punti di vista raccolti tra le sue pagine: Casa d’Oro, il centro che accoglie e si lascia interrogare dalle vite dei bambini con gravi e gravissime disabilità che vi si ritrovano dopo la scuola; Sara e Stefano che hanno aperto le porte della loro casa ai figli in affido e alle altre coppie che cercano conforto e confronto; l’associazione Abbracciaperte che da oltre vent’anni accoglie i “figli di Chernobyl”; una famiglia come tante che ha vissuto l’esperienza dell’isolamento durante la pandemia.
Ma la casa è anche quella che manca: ai cristiani in fuga dalle persecuzioni in Siria e in Iraq, a Giuseppe, che ha trovato un tetto per l’inverno grazie al rifugio notturno di Caritas, e ai 55 mila senza fissa dimora che vivono oggi in Italia e di cui raccontano le storie di Scarp de’ Tenis, rivista di strada e progetto sociale raccontato a Riflessi dal direttore Stefano Lampertico, e quelle raccolte in un libro da Roberto D’Alessandro, che porta alla luce le store dei “marchiati della società”.
«La casa che descriviamo è la cellula minima della città – scrive Riflessi -: ne descrive il profilo, ne conosce i figli, ne vive la storia»
Don Bruno Bignami guarda alla “casa comune” che è la nostra Terra attraverso la lente delle encicliche di Papa Francesco, un’universitaria racconta la sua vita in appartamento da studentessa fuori sede, due esperti fanno il punto sulla edilizia sostenibile e un fotografo di architettura aiuta a guardare con il rispetto dovuto a un monumento le forme e i significati profondi di quella popolare. E poi il web, con il significato così abituale eppure sorprendente di una homepage, quello stravolto dalla pandemia dell’assioma calcistico del “giocare in casa” e un tocco di “mistero” con il racconto di una spedizione notturna tra giocattoli d’ombra e spigoli a portata di mignolo nel tragitto tra camera da letto e frigorifero…
«Fattore di sviluppo economico, segnale della salute morale di un Paese, un indirizzo per il corriere, lo stadio della squadra nel cuore dove (chissà quando) torneremo a cantare. –
Intanto con gli incontri di queste pagine – dietro l’angolo o in posti nel mondo in cui mai avremmo pensato di bussare – abbiamo materiale per costruire. Siano quartieri o relazioni, l’unico modo è – sempre – cominciare».