Una puntata di MissioConnessi diversa dalle altre vede nelle vesti dell’ospite Marco Allegri, ingegnere ventisettenne di Cremona, che ha appena concluso un’esperienza di servizio in Brasile, nella parrocchia di Gesù Cristo Risorto a Salvador de Bahia, dove operano i sacerdoti “fidei donum” cremonesi don Emilio Bellani e don Davide Ferretti, e alla quale guarda la Quaresima di carità 2021.
A intervistarlo, come sempre, il responsabile diocesano per la pastorale missionaria, don Maurizio Ghilardi, con il quale Marco ha condiviso la missione breve nel paese carioca e di cui ha tentato di tracciare un bilancio.
“Il desiderio di partire per questa esperienza – spiega l’ingegnere cremonese – è nato dalla voglia di conoscere una realtà diversa dalla nostra e di comprendere cosa sia una missione, quali siano le sue caratteristiche ed il suo impatto sulla popolazione locale”.
Durante la sua breve permanenza in terra brasiliana Marco Allegri ha avuto modo di toccare con mano ciò che i sacerdoti cremonesi don Davide Ferretti e don Emilio Bellani vivono ogni giorno: “Ho visto quanta dedizione essi dimostrino, pur vivendo in un contesto davvero difficile. Ci sono molte attenzioni che cercano di avere, nonostante il clima culturale e sociale sia estremamente povero”.
Ed è anche per questo motivo che il legame tra la diocesi di Cremona e quella di Salvador de Bahia risulta essere particolarmente significativo. Il “progetto Bahia”, infatti, ha lo scopo di aiutare le persone a ripensare alla propria esistenza mettendole nelle condizione indispensabili per poterlo fare: fornendo loro assistenza, istruzione, occasioni di incontro e crescita… È il supporto di molti fedeli, tra i quali Marco Allegri a fare la differenza.
Ecco perché, in conclusione del proprio intervento, il giovane cremonese consiglia “questa esperienza anche ai miei coetanei ed amici: pur essendo decisamente dura, aiuta ad aprire gli occhi, e il cuore, su questioni che spesso consideriamo estremamente lontane. In me, per esempio, credo sia cresciuta la consapevolezza di appartenere ad una comunità più grande di quella della mia città”.
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