Dio, il prossimo e la natura: Mazzolari citato dal Papa e dalla CEI

In soli dieci giorni, per ben due volte Papa Francesco e una volta la Conferenza Episcopale Italiana hanno fatto propri alcuni passaggi degli scritti del parroco di Bozzolo
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L’eredità di don Primo Mazzolari è più viva che mai. Lo dimostra anche il fatto che, nelle ultime due settimane, il nome del sacerdote cremonese servo di Dio sia ricorso più volte all’interno di tre importanti eventi ecclesiali e che ancora il 15 giugno sia stato citato su L’Osservatore Romano in un articolo intitolato “La vera libertà”, a firma di Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa pontificia.

«È motivo di orgoglio, per la nostra Chiesa cremonese, che un figlio della nostra terra, a distanza di più di sessant’anni dalla morte, possa ancora, con i suoi scritti e il suo esempio, ispirare la Chiesa italiana e universale», spiega don Umberto Zanaboni, vicepostulatore della causa di beatificazione di don Mazzolari, aperta nel 2017.

«In soli dieci giorni, per ben due volte Papa Francesco e una volta la Conferenza Episcopale Italiana hanno fatto propri alcuni passaggi degli scritti del parroco di Bozzolo per argomentare e supportare i loro messaggi ispirati al Vangelo, rivolti al popolo di Dio», spiega ancora don Umberto. Che chiosa: «Rileggendo consequenzialmente queste tre citazioni di don Mazzolari, veniamo portati al cuore della fede cristiana: Dio, a cui bisogna donare tutto, tutto ciò che possediamo di più bello; il prossimo, soprattutto il più povero che va abbracciato e a cui va fatto posto nel proprio cuore; la natura con cui dobbiamo vivere in comunione e non dobbiamo dimenticare di esserne parte, se vogliamo essere felici».

Ecco allora, nel dettaglio, l’attualità del messaggio mazzolariano che lo stesso Papa ha voluto ricordare. Domenica 6 giugno, nella Basilica di S. Pietro, durante l’omelia della Messa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il Santo Padre ha infatti detto: «La seconda immagine è quella della grande sala al piano superiore (cfr v. 15). È lì che Gesù e i suoi faranno la cena pasquale e questa sala si trova nella casa di una persona che li ospita. Diceva don Primo Mazzolari: «Ecco che un uomo senza nome, un padrone di casa, gli presta la sua camera più bella. […] Egli ha dato ciò che aveva di più grande perché intorno al grande sacramento ci vuole tutto grande, camera e cuore, parole e gesti» (La Pasqua, La Locusta 1964, 46-48).

Domenica 13 giugno, in occasione della festa di S. Antonio di Padova, è stato pubblicato il Messaggio per la V Giornata dei Poveri, dal titolo: “I poveri li avrete sempre con voi”, che si celebrerà il prossimo 14 novembre. In un passaggio finale del suo scritto Papa Francesco dice: «Mi auguro che la Giornata Mondiale dei Poveri, giunta ormai alla sua quinta celebrazione, possa radicarsi sempre più nelle nostre Chiese locali e aprirsi a un movimento di evangelizzazione che incontri in prima istanza i poveri là dove si trovano. Non possiamo attendere che bussino alla nostra porta, è urgente che li raggiungiamo nelle loro case, negli ospedali e nelle residenze di assistenza, per le strade e negli angoli bui dove a volte si nascondono, nei centri di rifugio e di accoglienza… È importante capire come si sentono, cosa provano e quali desideri hanno nel cuore. Facciamo nostre le parole accorate di Don Primo Mazzolari: «Vorrei pregarvi di non chiedermi se ci sono dei poveri, chi sono e quanti sono, perché temo che simili domande rappresentino una distrazione o il pretesto per scantonare da una precisa indicazione della coscienza e del cuore. […] Io non li ho mai contati i poveri, perché non si possono contare: i poveri si abbracciano, non si contano»(“Adesso” n. 7 – 15 aprile 1949). I poveri sono in mezzo noi. Come sarebbe evangelico se potessimo dire con tutta verità: anche noi siamo poveri, perché solo così riusciremmo a riconoscerli realmente e farli diventare parte della nostra vita e strumento di salvezza».

Anche la CEI nel Messaggio diramato il 7 giugno per la Giornata per la custodia del Creato che sarà celebrata il 1° settembre, dal titolo: “La Laudato si’ bussola del servizio alla società e al Paese” così scrive: «Per realizzare tale transizione sono molti i piani su cui agire simultaneamente. Occorre, da un lato, approfondire l'”educazione alla responsabilità” (IL, n. 38), per un “nuovo umanesimo che abbracci anche la cura della casa comune” (IL, n. 17), coinvolgendo i molti soggetti impegnati nella sfida educativa. C’è innanzitutto da ripensare profondamente l’antropologia, superando forme di antropocentrismo esclusivo e autoreferenziale, per riscoprire quel senso di interconnessione che trova espressione nell’ecologia integrale, in cui sono unite l’ecologia umana con l’ecologia ambientale. Don Primo Mazzolari, maestro di spiritualità e di impegno sociale della Chiesa del Novecento, scriveva così nel 1945: “Forse tante nostre infelicità derivano da questo mancato accordo con la natura, come se noi non fossimo partecipi di essa. Tutto si tiene, ed accettare di vivere in comunione non è una diminuzione, ma una pienezza”» (Diario di una primavera).

«In questi tre interventi ricorrono temi centrali quali Dio, i fratelli, il Creato. Sono tematiche care alla Chiesa di papa Francesco e che don Mazzolari testimoniava già ai suoi tempi, spiegandone la centralità e la pertinenza per la vita della fede cristiana. Uno sguardo lungo, il suo, che in qualche modo è giunto oggi fino a noi. Anche per questo la nostra Chiesa diocesana deve essere orgogliosa che il Santo Padre faccia riferimento a don Primo nei suoi interventi ufficiali, interventi che raggiungono il mondo intero. Tutto questo dice di una fecondità, di un seme che matura e porta frutto attraversando il tempo e la storia. Non è un caso che di don Mazzolari sia in corso la causa di beatificazione”, conclude don Umberto Zanaboni. “Stiamo parlando di un figlio della Diocesi di Cremona che non ha vissuto solo in modo eroico la carità, ma che è stato in qualche modo portatore di un messaggio che è per la Chiesa universale. Ecco perché dobbiamo essere grati dell’attenzione che il Papa gli riserva: è il segno di un messaggio evangelico che rimane attuale. E vale oggi come allora».