Gmg, con il secondo appuntamento di “Rise Up” una riflessione sul tema della “casa comune” insieme all’arcivescovo Maniago

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Seconda giornata a Lisbona degli incontri “Rise Up”, una nuova modalità di catechesi previste nelle parrocchie ospitanti i pellegrini della Giornata mondiale della gioventù, che invita i giovani a riflettere sui grandi temi cari al pontificato di Papa Francesco.

 

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Per il nuovo appuntamento mattutino di giovedì 3 agosto alla Escola Pasque das Nacoes i ragazzi della diocesi di Cremona – nel frattempo ulteriormente allargatosi con gli arrivi dei gruppi di Casalmaggiore, Pandino e Calcio – sono stati guidati nella riflessione da monsignor Claudio Maniago, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace. Insieme ai ragazzi calabresi accolti nella stessa scuola, i giovani cremonesi hanno riflettuto sul tema dell’amicizia sociale, tratta dall’enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Bergoglio, dunque su come vivere da famiglia la “casa comune”, la Terra.

«Soltanto tutti insieme possiamo non solo affrontare i problemi e trovare soluzioni, ma anche un senso nuovo al nostro mondo che ci è stato donato», ha esordito il vescovo Maniago. Una realtà in cui avere una casa forse è qualcosa di scontato, ma il viverci invece necessita di nuovi interrogativi. «Esistono regole da seguire per abitarla in armonia – ha proseguito il presule – ovvero che ognuno faccia la propria parte anche per questa umanità. Serve disponibilità reciproca ad accogliere ed entrare nelle vite di ciascuno, non qualcosa di generico in grado poi di sciogliersi come neve al sole». Per il vescovo calabrese la risposta è nella visita di Maria ad Elisabetta: «È la fraternità, il saper creare un legame fondato sul rispetto del vissuto altrui. Proprio come abbiamo ascoltato nel Vangelo, l’una si prende cura dell’altra; guai se non sappiamo stupirci della ricchezza dei talenti e possibilità del prossimo e lasciargli spazio, non per comodità, ma per condividere l’esperienza umana» ha detto monsignor Maniago.

Il pericolo maggiore, sostiene infine il vescovo, è l’indifferenza alla vicinanza di chi è di fronte a noi, «un male che può essere sconfitto solo con la gioia intima dell’incontro», proprio come il bambino sussultò nel grembo di Elisabetta. Con un invito finale a scommettere sulla «dimensione della gentilezza» nelle relazioni umane, richiamando le pagine dell’Enciclica del Papa.

È seguito poi un momento di domande e risposte tra pellegrini e vescovo. Urgenti e profondi sono stati i tanti quesiti sollevati su come applicare e rimodulare il concetto di fraternità a livello personale e comunitario, evidentemente un tema molto sentito nelle giovani generazioni. A chi ha chiesto come fare a vivere la fraternità, l’arcivescovo ha suggerito «la curiosità e il desiderio di condividere le cose insieme» come punto di partenza della convivenza. E a chi ha domandato su come essere Elisabetta per non tradire le attese di chi viene incontro a visitarti, monsignor Maniago ha risposto di «non dimenticare chi abbiamo di fronte e ricordarsi che non si basta a sé stessi, ma è importante sentirsi bisognosi di qualcos’altro, lasciarsi stupire dal vissuto di chi accogliamo».

 

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Nella Messa, durante l’omelia, il vescovo ha ricordato brevemente i contenuti principali della catechesi e le principali sollecitazioni dei ragazzi durante la riflessione condivisa. «Quando si costruisce un’abitazione si seguono le indicazioni precise di un architetto: per noi è il Signore. Noi siamo i costruttori delle nostre vite secondo le indicazioni che decidiamo di seguire. Perciò fidiamoci di lui per realizzare quel luogo dove dimorare in felicità, quella fraternità nella quale poter esprimere al meglio noi stessi». Da qui l’invito ad alzarci e andare in fretta, rimboccarsi le maniche, «essere i protagonisti di un mondo nuovo».