Festa dei lavoratori, il Vescovo: «Se la Chiesa deve alzare la voce lo faccia a favore di chi non ha voce»

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Dirigenti, dipendenti, parrocchiani di Malagnino e delle comunità limitrofe, rappresentanti delle associazioni del settore e autorità del territorio erano presenti, nella mattinata di mercoledì 1° maggio, nella festa dei lavoratori, alla celebrazione diocesana presieduta per il mondo del lavoro, nella festa di san Giuseppe lavoratore, dal vescovo di Cremona, Antonio Napolioni. A ospitare l’evento quest’anno è stata la Italcoppie Sensori, azienda di Malagnino specializzata nella produzione di sensori di temperatura.

L’Eucaristia è stata concelebrata da don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero e il coordinamento pastorale, don Paolo Fusar Imperatore e don Eugenio Pagliari, parroci di Malagnino, don Antonio Pezzetti, vicario zonale della zona pastorale 4, don Maurizio Lucini, coordinatore dell’area pastorale “Con lo stile del servizio”, e altri sacerdoti del circondario. Nelle prime file i sindaci Donato Losito, di Malagnino, e Luca Ferrarini, di Bonemerse, e la classe dirigenziale dell’azienda, rappresentata dal fondatore, l’ingegnere Canzio Noli, e i suoi figli, Pietro e Mario, rispettivamente presidente e responsabile tecnico di “Italcoppie”. Presente alla celebrazione anche il vice prefetto di Cremona, Teresa Gandolfo. Un’assemblea unita e partecipe, a gremire un salone dell’azienda.

La celebrazione si è aperta con il saluto di Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, che ha voluto ringraziare l’azienda per l’ospitalità e tutti i presenti, «per aver accettato questo invito». «La Messa – ha affermato – ha ancora sullo sfondo le scene di morte in cui si combatte “la terza guerra mondiale a pezzi”, come la chiama Papa Francesco. Allora in questo clima ci sentiamo di celebrarla perché ciascuno di noi partecipi con il proprio lavoro alla grande opera divina di protezione del mondo e del creato». Il lavoro che non è solo fare è fare “con gli altri” e “per gli altri”, «quindi riscopriamo il lavoro come partecipazione attiva, che ci libera dall’alienazione ed edifica la società».

Prendendo spunto dalla figura di san Giuseppe, discreta, umile, ma indispensabile, il vescovo Napolioni ha invitato a dire grazie a Dio e agli uomini, «per la vita, la fruttuosità, la produttività, perché ogni lavoro porta veramente frutti, quando non è schiavo di logiche tecnocratiche o finanziarie, ma è attento alle persone a cui è destinato». E ha aggiunto: «Grazie ai maestri che hanno reso questa terra così fruttuosa, consegnandola al futuro, con responsabilità non indiscriminate, ma appunto da condurre con sapienza, cura, passione e attenzione. Questo “grazie” diventa un percorso che da credenti dobbiamo compiere».

Tre tappe fondamentali, sintetizzate in altrettanti parole chiave: cooperazione, compiti e ricompensa. «La cooperazione, in senso più ampio ci ricorda la Chiesa in cui siamo tutti chiamati a cooperare, con una solidarietà che non abbia confini, che non diventi corporazione». Quindi un chiaro “no” alla competizione meno sana, quella che mette in contrasto gruppi, famiglie, società: «Lo dico in un periodo di scelte amministrative e politiche che hanno bisogno di onestà e coraggio, di schiettezza, ma nella fedeltà del bene comune».

«Il compito – ha proseguito il vescovo – è la missione, il senso della vita di ognuno di noi, da credente e da figlio di Dio». E da una missione potrebbe nascere quella che è la terza parola chiave: la ricompensa. «Dio ci promette la ricompensa in Cielo e allora noi siamo un po’ superficiali, spregiudicati in quello che succede sulla terra», ha sottolineato il vescovo Napolioni. «Possiamo ignorare che qualcuno, anche nella nostra pianura viene pagato 0,97 euro all’ora? Possiamo ignorare i fenomeni al limite della criminalità e dell’abuso che stanno accadendo anche nel nostro Paese? Possiamo accettare questa forbice economica che cresce a dismisura?», ha provocato il vescovo.

E allora qual è la ricompensa che promette Dio? «Una distribuzione della ricchezza che ricoltivi tanto il merito quanto la solidarietà». Ricordando Cristo Gesù, il figlio del falegname, cacciato in malo modo dai concittadini, il vescovo Napolioni ha così concluso la sua omelia: «È bene che la Chiesa prenda botte da destra e da sinistra, perché sia se stessa, sia fedele al suo Signore e sia attenta al bene di ciascuno. E se deve alzare la voce lo faccia a favore di chi non ha voce».

La giornata, che era stata aperta dalla visita del vescovo agli spazi dell’azienda di Malagnino, si è chiusa con un momento conviviale: un banchetto conclusivo per tutti i presenti.

 

Omelia del vescovo Antonio Napolioni

 

La Italcoppie di Malagnino

Nata nel 1978, Italcoppie è un’azienda che produce sensori di temperatura, utilizzati in centinaia di applicazioni: nei macchinari industriali, come nelle presse a iniezione o nelle macchine da caffè professionali; nei congelatori a bassa temperatura o nei quadri di controllo; per le misurazioni del liquido di raffreddamento o nella fusione dell’alluminio.

L’azienda conta oggi oltre 500 dipendenti, suddivisi in quattro stabilimenti presenti in tre continenti (in Italia a Malagnino, in Tunisia a Hammamet, in Brasile a Manaus e in Germania a Neustadt an der Weinstraße e a Hagen), per una produzione complessiva di circa 6 milioni di sonde all’anno e un fatturato consolidato di circa 50 milioni di euro.

Oltre ai quattro stabilimenti, l’azienda può vantare uno sviluppato dipartimento di ingegneria ubicato a Cremona e a Portile, nel comune di Modena.

Punto di forza di Italcoppie Sensori è l’integrazione verticale: la lavorazione del metallo, lo stampaggio a iniezione e l’assemblaggio delle sonde avviene “in casa”. Il pieno controllo su ogni fase della produzione permette di rispondere in modo flessibile alle richieste dei clienti.

«Italcoppie – ricorda Mario Noli, responsabile tecnico dell’azienda – nasce dall’iniziativa di uno studente di nostro padre, ai tempi professore di disegno, che è stato coinvolto in questo progetto. Dopo parecchi anni la nostra famiglia è rimasta da sola a condurre l’azienda e, negli anni ’90 e 2000, ha iniziato un veloce processo di sviluppo che ha fatto crescere l’azienda sia dal punto di vista delle dimensioni che della visibilità nel panorama europeo». «Nel 2008 – prosegue – abbiamo deciso di ampliarci anche al di fuori del territorio cremonese, aprendo uno stabilimento in Tunisia e poi in Brasile e acquisendo, l’anno scorso, un’azienda dello stesso settore in Germania». Un percorso che continua da oltre quarant’anni, e senza mai smettere di guardare al futuro: «La prospettiva è sicuramente la crescita – conclude Noli –, in termini numerici e in termini di qualità del prodotto».

 

 

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