In occasione della festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, nel pomeriggio di venerdì 4 ottobre il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato come consuetudine la Messa nella chiesa del convento di San Giuseppe dei frati Cappuccini di via Brescia, a Cremona. Una celebrazione resa ancora più speciale e significativa dalla ricorrenza dell’ottavo centenario delle stimmate del Poverello d’Assisi (1224).
Hanno concelebrato con il vescovo padre Andrea Cassinelli, guardiano del convento di via Brescia, insieme gli altri frati della comunità, alcuni sacerdoti della città e una rappresentanza dei religiosi Camilliani e Barnabiti, con la presenza anche di suore dei vari istituti religiosi oltre che un gran numero di partecipanti che hanno riempito i banchi della chiesa del convento.
All’inizio della Messa padre Andrea Cassinelli ha rivolto un augurio a tutti i presenti, quello di «entrare in preghiera con lo spirito di san Francesco».
Nell’omelia il vescovo Napolioni si è soffermato sul significato delle stimante di san Francesco, ricordando però che «noi contempliamo questa eccezionalità, ma forse non ci accorgiamo che di stimmate ne mettiamo tante». Ha infatti continuato dicendo che «esiste il verbo stigmatizzare. In un senso leggero potrebbe dire correggere, far notare un errore, puntualizzare, ma in realtà spesso ha conseguenze molto più gravi». Le stimmate diventano quindi ferite, un dolore che arriva fino al cuore. Il rischio, evidenziato nelle parole del Vescovo, è quello di abituarsi a questo dolore e alla violenza: «Guai a noi. Ribelliamoci!». «Ma per ribellarsi alla violenza grande – ha proseguito – dobbiamo lottare contro la violenza piccola, che è anche quotidiana e casalinga».
Il rischio, però, non è solo quello di ferire il prossimo, ma fare del male anche a se stessi: «Noi possiamo stigmatizzarci da soli – ha affermato il vescovo –. Qualcuno le stimmate se le mette da solo per potersi lamentare e vedere nemici dappertutto, anche quando nessuno lo sta crocifiggendo». Ma le stimmate di san Francesco sono diverse, perché le sue sono «il culmine di un cammino di sequela di Gesù» e «guariscono le altre», «contengono le nostre miserie umane, ma danno speranza».
Ascolta l’omelia del vescovo
Particolarmente suggestivo il momento della preghiera dei fedeli, con le intenzioni che non sono state lette dall’ambone, ma sono state condivise direttamente dai presenti dal proprio posto nella navata, mettendo in comunione ciò che di più semplice e sincero era custodito nel cuore di ciascuno.
Al termine della Messa padre Andrea Cassinelli ha colto l’occasione per presentare ai presenti padre Daniel, frate cappuccino arrivato dall’Eritrea.