“Apocalisse e cavalli. Le tele di Virginio Lini”: inaugurata a Santa Monica la mostra dell’artista in occasione dell’ultimo incontro del ciclo “Audaci nella Speranza”

L'intervento dell'artista è stato introdotto dalla riflessione del biblista don Murizio Compiani e dalla presentazione della giornalista Mariagrazia Teschi

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Nel pomeriggio di martedì 1° aprile si è tenuto nell’aula magna del campus di Santa Monica l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Audaci nella Speranza”, promosso dal Centro pastorale dell’Università Cattolica di Cremona. Davanti a una sala gremita, l’ultimo convegno intitolato “Apocalisse: la speranza corre oltre il velo”, ha visto l’intervento del biblista cremonese, assistente del Campus e docente di Teologia dell’Ateneo don Maurizio Compiani, oltre che l’inaugurazione della mostra “Apocalisse e cavalli. Le tele di Virginio Lini” presentata da Mariagrazia Teschi, giornalista della redazione cultura del quotidiano La Provincia. Lo stesso artista era presente ed è intervenuto raccontando se stesso e le sue opere.

L’incontro è stato introdotto da don Compiani, che ha subito evidenziato il nesso tra l’Apocalisse, tema centrale dell’evento, e l’arte di Virginio Lini: entrambe parlano per immagini. A partire poi da una riflessione sulla speranza all’interno dell’Antico e del Nuovo Testamento, il biblista ha analizzato le figure dei quattro cavalli e cavalieri dell’Apocalisse. «Perché i cavalli? L’Apocalisse, che parla in tempo di persecuzione, non può farlo direttamente – afferma don Compiani –. Per cui parla per immagini. Il cavallo è un animale vigoroso, che sa correre, è un animale che bisogna domare. Il cavallo non è umano. Viene preso questo aspetto del cavallo e viene detto: ci sono cose che non sono umane. E non essendo umane sono anche più potenti dell’uomo, hanno la capacità di correre per la storia, per il mondo».

Don Compiani si è soffermato poi ad analizzare brevemente la simbologia sottesa ai quattro cavalli e ai loro colori, a partire dal cavallo rosso, colore del sangue, un cavallo «politico, di chi detiene le sorti del mondo e gioca a fare la guerra». Si arriva poi al cavallo nero, che regge in mano una bilancia, simbolo di giustizia, ma «se il cavallo è nero la giustizia è morta». Il terzo cavallo è di colore verde, segno non solo della speranza, ma anche del mostruoso perché, come ricorda la Bibbia «l’uomo è come l’erba: verde. Al mattino germoglia e la sera è secca. E il cavaliere verde dice che l’uomo è fragile, è destinato alla morte». Prima di questi tre cavalli ce n’è un altro, un cavallo bianco, il primo a cui guardare prima di arrivare agli altri per non vivere nella paura e nell’ansia. «Bianco è il simbolo della Risurrezione. Questo cavallo è l’unico che porta luce e ha i segni della salvezza». Il cavaliere che cavalca il destriero bianco regge un arco e una corona «segno della vittoria. Lui, che ha vinto la morte, tornerà incontro a noi. E allora che cosa farà la sua comunità perseguitata? Sarà lì, alzerà lo sguardo e continuerà a tenere fisso lo sguardo su quel cavallo bianco, l’unico vittorioso che tornerà per vincere ancora».

Concluso l’intervento di don Compiani, la giornalista Mariagrazia Teschi ha illustrato una panoramica della vita artistica di Virginio Lini, soffermandosi in particolar modo sui suoi temi prediletti e sulle caratteristiche che lo rendono unico nel panorama italiano contemporaneo. Teschi ha quindi spiegato come Lini, sin dagli anni ’80, sia particolarmente vicino al tema degli ultimi, degli emarginati, degli anziani. Un interesse che è radicato nell’attualità, altro tema molto caro all’artista che, dopo vent’anni di pausa, torna alla pittura scegliendo i cavalli come soggetto di cui rimane colpito «dall’irruenza», dal fatto che rappresentano qualcosa di «vivo».

A spiccare poi all’occhio dello spettatore, come ha sottolineato Teschi, è l’uso del colore monocromatico. Ed è stato lo stesso Lini a spiegare le ragioni di questa scelta. Nel suo intervento ha raccontato infatti che la decisione di ricorrere a una monocromia violenta nei personaggi è dovuta al suo desiderio di «dare una sferzata allo spettatore, che lo porti a cancellare tutti i pensieri che affollano la sua mente e iniziare un nuovo percorso». Infine, ha spiegato come nel realizzare le sue opere parta sempre da «una narrazione completa, un testo guida che parta dal presupposto di realizzare una visione, spesse volte caotica e angosciata, nel desiderio di realizzare una composizione dinamica».

A seguire, il pubblico ha potuto ammirare alcune delle opere di Lini esposte lungo le pareti dell’aula magna.

La mostra sarà visitabile fino a domenica 11 maggio, con ingresso libero, nei tempi in cui il campus è aperto: da lunedì a venerdì dalle 9.30 alle 18.30, sabato dalle 10 alle 17.30 e domenica dalle 15 alle 17.30.

 

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Giulia Gambazzi
TeleRadio Cremona Cittanova
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