Libri, pennarelli e cartelloni. C’è un modo tradizionale di fare scuola e, più in generale, di fare educazione. C’è poi uno stile educativo diverso, che, negli ultimi anni, sta prendendo sempre più piede. Propone un’uscita da ciò che è standard, dalla lettura canonica della realtà, per fare qualche passo in più. Talvolta, in modo letterale. Con crescente frequenza si sente parlare di educazione all’aria aperta, di realtà formative che fanno dell’incontro tra bambini, ragazzi e ambiente il loro punto di forza. Si tratta di scuole o associazioni che promuovono un cammino educativo integrato con e nella natura.
Intervenuta durante la nuova puntata del podcast Torrazzo con vista, la cremonese Maria Paglioli, responsabile del progetto scuola «Lo sviluppo sostenibile e l’educazione alimentare» di Coldiretti, ho raccontato che «abbiamo deciso di invitare i bambini ad avvicinarsi alla natura e agli animali perché ci sembra che ne abbiano un gran bisogno. Infatti, quando arriviamo nelle scuole, ci accolgono sempre in modo entusiasta, perché li aiutiamo a scoprire ciò che, troppo spesso, siamo abituati a dare per scontato, ma non è così. Non è detto che tutti sappiano da dove viene il latte o il miele. E da questa prima conoscenza notiamo il desiderio e la curiosità dei più piccoli di passare dall’aula alla fattoria, o alla cascina, provando a cogliere l’occasione di osservare da vicino gli animali che le abitano. Per loro sono occasioni uniche».
Il passaggio dalla scuola al prato inizia ad avvenire sempre prima e, sempre più spesso, entra addirittura a far parte dell’offerta formativa di una scuola. «I bambini più piccoli – ha spiegato Giulia Maghenzani, dell’Agrinido Piccoli Frutti di Cremona – hanno una grande capacità di stupirsi. E già nelle nostre semplici attività all’aria aperta notiamo dei bellissimi segnali di meraviglia per le piccole scoperte che si possono fare nella natura. Loro, spontaneamente, fanno moltissime ricerche esplorando l’ambiente che li circonda». Ma non solo. Secondo l’educatrice, infatti, «c’è poi un discorso legato alla conoscenza di sé: andare “in esplorazione” del mondo porta alla scoperta dei limiti, delle paure, dei piccoli pericoli che l’ambiente riserva. Qui i più piccoli possono mettersi alla prova e sperimentarsi in prima persona».
Il tema del limite non è certo secondario quando si parla di ambiente. A sottolinearlo, don Matteo Alberti, vicario parrocchiale a Castelleone e scout. Secondo il sacerdote cremonese «parlare di natura non significa parlare del picnic domenicale, ma sperimentarsi con un limite, con le fatiche e gli imprevisti. Un buon educatore deve saper dosare bene l’inserimento nella natura, dando ai ragazzi gli strumenti per affrontare ciò che mette in difficoltà. Perché, poi, le strade che si aprono sono incredibili. L’ambiente aperto, naturale, è il luogo del qui e ora, in cui ciascuno può sperimentare la propria creatività immergendosi in ciò che il creato gli pone di fronte». E proprio sulle doti creative si è concentrato l’intervento di don Alberti. «La creatività dei bambini, in natura, lavora all’impazzata e diventa uno strumento bellissimo e generativo. Inoltre, anche a livello comunitario si vede questo riflesso, perché si nota un grande aumento delle capacità relazionali».
Alla luce di tutto questo, libri, pennarelli e cartelloni possono sembrare gli ultimi baluardi di uno stile obsoleto. In realtà, possono diventare strumenti preziosi se posti al servizio di uno stile educativo veramente aperto e pronto ad abbracciare il domani.