Don Ciotti ha chiuso a Bozzolo la tre-giorni Mazzolariana

Al centro dell'intervento una riflessione, a partire dal pensiero di don Primo, sulla costruzione di «una società dei diritti, della misericordia e della giustizia».

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«Io credo sia un atto d’amore inchiodare le persone alle proprie responsabilità, aiutarle a prendere coscienza del male che hanno fatto a se stesse e agli altri. Ma poi dobbiamo chiederci: quali opportunità offriamo a chi esce dalle sbarre?». Non solo una riforma del sistema penale o uno sviluppo di una dimensione rieducativa, «ma costruire una società dei diritti, della misericordia e della giustizia». Rimettere al centro la dignità dell’essere umano è dunque, secondo don Luigi Ciotti, quella speranza tanto invocata in questo Giubileo da offrire chi ha vissuto la drammatica esperienza del carcere.

Con queste parole forti e gli interrogativi pressanti del fondatore di Libera è terminata, nel pomeriggio di domenica 8 giugno a Bozzolo la sesta edizione della tre-giorni Mazzolariana, la rassegna culturale organizzata a Bozzolo e dedicata alla figura di don Primo Mazzolari. “Dare speranza”, infatti, è stata la frase tematica della manifestazione organizzata dal 6 all’8 giugno dall’Associazione Isacco, con il patrocinio della Fondazione don Primo Mazzolari, della Parrocchia e del Comune di Bozzolo e dell’Istituto superiore di Scienze religiose di Mantova, con il sostegno di Fondazione Comunità Mantovana onlus e Fondazione Banca Agricola Mantovana. Numerosi e importanti sono stati gli ospiti invitati a declinare nella tre-giorni questo concetto della letteratura mazzolariana negli argomenti di attualità.

«Mazzolari ha avuto un rapporto abbastanza particolare con il mondo del carcere, poiché fu arrestato due volte e dunque per lui questo tema non era affatto secondario», ha detto, nel dare il benvenuto ai tanti partecipanti che hanno riempito la chiesa parrocchiale di S. Pietro per ascoltare le parole di don Ciotti, don Bruno Bignami, direttore nazionale dell’Ufficio CEI per i problemi sociali e il lavoro, postulatore della Causa di beatificazione di don Mazzolare e tra gli autori del libro “Primo Mazzolari. Oltre le sbarre, il fratello”.

L’incontro ha dato l’opportunità per riflettere sul rapporto tra giustizia e misericordia, la funzione del carcere tra pena e reinserimento sociale.

«L’aspetto che mi sembra importante sottolineare è quando don Mazzolari dice: “Se c’è qualcosa di cattivo nella vita è impedire a qualcuno di diventare buono, perché quella è la ragione della vita”. Il Vangelo, e poi la nostra Costituzione nell’articolo 27, parlano chiaro: permettere alle persone di poter cambiare». Il sacerdote di Bozzolo sostiene dunque una visione evangelica della giustizia umana. Distinguere il giudizio delle azioni da quello della sofferenza umana, con la misericordia come punto centrale di una nuova possibilità nel mondo per gli ex detenuti.

«”La società può giudicare le azioni, ma non possiamo giudicare il dolore dell’uomo, lo si può solo raccogliere”. La misericordia è nelle mani di tutti noi. È la capacità di accogliere e amare anche quanti sono segnati dalle diverse forme di emarginazione».

Don Ciotti ha quindi denunciato i drammatici fenomeni del sistema penitenziario italiano: il cronico sovraffollamento delle carceri, il personale di polizia e dirigenziale sotto organico, il crescente numero di tentati suicidi. «È penoso pensare quanto i sistemi penitenziari non curano le paghe e non generano nuove opportunità», ha detto con enfasi don Ciotti.

Le parole di don Mazzolari sono dunque ancora attuali. Infatti, se le carceri «non possono essere solo le “discarica sociale di tante storie”» ha detto citando papa Francesco, è tuttavia necessaria «creare le condizioni per il reinserimento delle persone nella società». Ed ecco allora i grandi interrogativi: «Questi detenuti, una volta aperte le sbarre, ci chiedono: dove vado? Avrò una casa, un lavoro? Certe assenze rischiano di cancellare, di far perdere i cuori. E allora queste domande ci pongono a tutti noi cosa possiamo fare per andare incontro».

L’invito dell’ex parroco di Bozzolo a “non possiamo giudicare la sofferenza”, è un primo passo, non semplice ma decisivo, per offrire relazioni e incontri che permettano a chi esce dalle carceri un possibile cambiamento senza il pericolo della recidiva. «Vuol dire esserci, accettare quella fragilità umana che a volte è un po’ scomoda; proprio come Dio fa con ciascuno di noi. Anche in quelle persone c’è sofferenza» ha aggiunto don Ciotti.

Citando Rosario Livatino (“Alla fine della vita non ci verrà chiesto se siamo stati credenti ma credibili”), il fondatore di Libera ha ribadito come «il carcere non può essere solo un contenitore di esclusione», ma spetta a ciascuno di noi nella società a porre attenzione ai gesti semplici, nascosti, volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stessi e nella comunità». Come se le persone fossero quegli “ostensori”, collegandosi ad una frase di don Tonino Bello, «dove il cristiano deve piantare le tende». Anche nelle nostre città. «In molte case c’è una persona malata, fragile, un tabernacolo dove incontrare frammenti di Dio». Da qui la sottolineatura di don Ciotti a ripensare misure alternative a partire dalla misericordia, intendendo il perdono come forza e non come debolezza, come strumento di speranza per aprire nuove prospettive di redenzione.

«Sono messaggi forti e potenti da portare con noi. Quanti minuti sappiamo sostare in silenzio davanti ad esistenze che ci parlano? E le domande che interpellano la nostra vita – quel “dove vado?” –, sono ancora in grado di metterci in moto?» ha concluso don Bignami. Da qui l’invito a «offrire segni di speranza tangibili attraverso la nostra presenza, dei gesti, delle attenzioni».

La tre-giorni era iniziata nel pomeriggio di venerdì 6 giugno presso la Loggia del Comune con l’intervento dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente emerito della Pontificia accademia per la vita. Ricca la giornata di sabato, caratterizzata da un “Pomeriggio in libreria” per valorizzare l’amore per la lettura che ha accompagnato la vita di don Primo Mazzolari e che ha visto presentare il libro illustrato “Il principe di Pinocchio Ovvero Appunti per un mondo fantastico”, scritto e illustrato da Antonio Donadio e Ivo Avagliano; sempre sabato il seminario teologico condotto da Giovanni Salmeri ed Enrico Garlaschelli sul tema mazzolariano “Tempo di credere?” a palazzo Casalini per concludere con una serata musicale. Domenica pomeriggio, prima dell’incontro con don Ciotti, sempre in chiesa parrocchiale don Roberto Maier ha riflettuto sulle parole di don Primo: “Senza poesia non c’è fede”.

Jacopo Orlo
TeleRadio Cremona Cittanova
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