«L’arte, quella vera, non è contemporanea, ma è avanti con il tempo. È come se l’artista fosse su una torre, da cui riesce a vedere oltre. In effetti, se pensiamo ai fenomeni artistici del passato questa tendenza è abbastanza evidente». E proprio dalla torre campanaria in mattoni più alta d’Europa si sono diffuse queste parole pronunciate dall’artista soncinese Davide Tolasi durante il nuovo episodio di Torrazzo con vista, il video podcast prodotto dall’editrice diocesana TeleRadio Cremona Cittanova. La puntata, intitolata «Coloriamo la città», ha avuto come focus proprio l’espressione artistica in tutte le sue forma, declinandola in vari ambiti, da quello decorativo a quello più strettamente comunicativo.
«A Cremona negli ultimi anni si nota una tendenza ad uscire dal nostro tipico grigiore – ha spiegato Tolasi – per abbracciare nuovamente i colori. Anche perché la città ha un tessuto che si presta benissimo a questa trasformazione, ed è interessante notare come emerga un certo desiderio di ritornare ad avere qualcosa di veramente bello. Questo si concretizza in espressioni di arte murale, o urbana, che, in tante occasioni, è riuscita a dare nuova linfa vitale ad alcune zone della città e del territorio».
Chi ha messo mano, almeno sulla carta, proprio al territorio cremonese è Davide Spelta, un giovane illustratore che, in collaborazione con ProCremona, ha contribuito alla realizzazione di El Gióch, un gioco da tavola che riprende il classico Monopoli, ma ambientato nella città di Cremona. «Abbiamo lavorato ad un modo diverso di raccontare la città, unendo arte e storia, con lo scopo di realizzare un prodotto in grado di divertire ed incuriosire le persone, mantenendo un forte legame con il territorio. L’uso del dialetto, la creazione di illustrazioni legate a Cremona e alle sue tradizioni serve proprio ad andare in questa direzione. Anche questa è una forma d’arte». In questo senso, espressione artistica, intesa come immagine, e comunicazione si fondono. «D’altra parte – ha proseguito Spelta – siamo investiti da immagini ogni giorno, i nativi digitali crescono in questo modo, quindi ne conoscono bene il linguaggio».
La sfida, allora, sembra quella di trovare il bello all’interno di questa realtà, evitando il rischio di escludere chi fatica a farne parte. Perché l’arte, i colori, possono diventare anche strumenti di inclusione. A raccontarlo è Ester Leli, creativa e consulente della Fondazione Mai. «L’arte, i colori, possono davvero essere inclusivi. Molto banalmente: c’è un colore per tutti. E questo ci porta ad un recupero dell’individuo nella sua unicità. La nostra Fondazione si occupa della valorizzazione di tutti gli elaborati che vengono realizzati nell’atelier La Manica Lunga di Sospiro, che lavora con persone che hanno una disabilità psichica. È una realtà in cui i codici visivi vengono stravolti, spesso non rispettano le regole canoniche; vi si esprime un’arte outsider, irregolare, però si lavora per riconoscere il valore di tutto questo: essendo noi unici, ciò che per noi è bello ha un enorme significato, e a noi fa piacere provare a sottolinearlo».
Una città a colori. Un titolo che racconta una realtà e un desiderio insieme; un invito a sperimentare nell’arte un’occasione di divertimento, crescita e inclusione vera. Un’occasione di vita a colori, nel senso più autentico del termine.