Gmg, Papa Francesco agli universitari: «Diventate maestri di speranza»

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«Ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre». Così il Papa, nella mattinata di giovedì 3 agosto, incontrando i giovani universitari presso l’Università cattolica portoghese di Lisbona, ha spiegato loro la portata universale del termine “pellegrino”.

«Diffidiamo delle formule prefabbricate, che sono labirintiche, delle risposte che sembrano a portata di mano, sfilate dalla manica come carte da gioco truccate», l’invito: «diffidiamo di quelle proposte che sembrano dare tutto senza chiedere nulla».

«Cercare e rischiare»: sono questi, per Francesco, i verbi dei pellegrini.

«Essere insoddisfatti è essere uomini», la citazione di Pessoa: «Non dobbiamo aver paura di sentirci inquieti, di pensare che quanto facciamo non basti. Essere insoddisfatti, in questo senso e nella giusta misura, è un buon antidoto contro la presunzione di autosufficienza e il narcisismo. L’incompletezza caratterizza la nostra condizione di cercatori e pellegrini perché, come dice Gesù, “siamo nel mondo, ma non siamo del mondo”. Siamo chiamati a qualcosa di più, a un decollo senza il quale non c’è volo».

«Non allarmiamoci allora se ci troviamo assetati dentro, inquieti, incompiuti, desiderosi di senso e di futuro, com saudades do futuro!», ha esclamato il Papa: «Non siamo malati, ma vivi! Preoccupiamoci piuttosto quando siamo disposti a sostituire la strada da fare con un qualsiasi punto di ristoro, purché ci dia l’illusione della comodità; quando sostituiamo i volti con gli schermi, il reale con il virtuale; quando, al posto delle domande che lacerano, preferiamo le risposte facili che anestetizzano».

«Cercate e rischiate», il doppio imperativo per i giovani: «In questo frangente storico le sfide sono enormi e i gemiti dolorosi, stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi, ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Siate protagonisti di una nuova coreografia che metta al centro la persona umana, siate coreografi della danza della vita. Se i semi preservassero sé stessi, sprecherebbero completamente la loro potenza generativa e ci condannerebbero alla fame; se gli inverni preservassero sé stessi, non ci sarebbe la meraviglia della primavera. Abbiate il coraggio di sostituire le paure coi sogni: non amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!».

M. Michela Nicolais (AgenSir)