Suor Elena Serventi: «In Mozambico ho imparato la gioia dei piccoli»

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Per le religiose dell’istituto delle Suore Francescane Missionarie di Susa gli anni che precedono i voti perpetui sono dedicati a esperienze che chiedono loro di vivere pienamente una vita a servizio della Chiesa nel mondo. Lo sa bene suor Elena Serventi, originaria di Cingia de’ Botti, che per nove mesi ha vissuto in Mozambico.

Suor Elena, dove ha prestato servizio?

«Il mio istituto ha in Mozambico due fraternità e io sono stata in entrambe. A Catembe, villaggio della periferia della capitale Maputo, siamo presenti da tre anni; a Morrumbene, nella diocesi di Inhambane, da 27 anni collaboriamo con la Diocesi di Brescia che ha inviato lì il sacerdote fidei donum don Pietro Marchetti Brevi».

Che tipo esperienza ha fatto?

«A Catembe è stato avviato un progetto di doposcuola per i bambini: davo il mio aiuto lì e nelle altre attività della fraternità. A Morrumbene mi sono dedicata alle attività della pastorale e svolgevo il mio servizio anche nella scuola dell’infanzia parrocchiale: mi occupavo principalmente di catechesi e accompagnamento dei giovani. Ho anche curato le adozioni a distanza: le offerte che arrivano dall’Italia sono fondamentali per l’istruzione dei bambini che non possono permettersi la retta scolastica, ma che sono particolarmente meritevoli».

Ha attraversato momenti di difficoltà?

«I mesi sono trascorsi senza ostacoli particolari. Ci sono le difficoltà quotidiane che si possono incontrare quando bisogna adattarsi a uno stile di vita completamente diverso dal proprio. Per mia fortuna, però, conoscevo già il portoghese».

Ha parlato di uno stile di vita diverso dal nostro…

«Sì, la parola chiave è essenzialità. La cosa più d’impatto che si incontra una volta arrivati è la condizione di povertà in cui versa il popolo mozambicano. Il sistema economico è fortemente arretrato e questo si ripercuote sulle condizioni di salute e sull’istruzione».

Come si è sentita di fronte alla povertà?

«Vedere un popolo che soffre e che spesso non conosce una via d’uscita è doloroso, ma non mi sono mai sentita abbattuta. Purtroppo la povertà impone dei limiti dei quali chi vive in Europa non è consapevole. Le istituzioni e la burocrazia non aiutano, anzi, spesso sono di ostacolo».

Ora che è tornata in Italia, che cosa le manca di più del Mozambico?

«Tante cose: soprattutto l’apertura, l‘allegria, la generosità e l’accoglienza che caratterizzano i più poveri. Provano sempre una grande gioia e la sanno trasmettere a chi è vicino. Penso che siano dei maestri nell’arte dell’esprimere questo modo di approcciarsi alla vita con il canto. Anche nelle celebrazioni liturgiche; le loro Messe sono una vera e propria festa, con canti, balli e strumenti musicali».

Che cosa ha imparato?

«Che la grazia di Dio si manifesta più chiara dove la potenza dell’uomo è debole e così la fede, la speranza e la carità trovano un terreno di maggiore disponibilità. L’uomo occidentale crede di poter decidere da solo di tante cose, del proprio tempo. Ma forse si sbaglia. Ho conosciuto comunità che si arrabattano per guadagnare un piatto di riso per pochi giorni, ma non perdono mai la disponibilità e l’apertura verso i fratelli e verso Dio».

 

Il saluto di suor Elena Serventi