Chiesa di casa, la sfida educativa «è cosa di cuore»

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“L’educazione è cosa di cuore”. Una delle citazioni più celebri di San Giovanni Bosco – di cui si celebrerà la memoria mercoledì 31 gennaio – non può che essere posta al centro della riflessione in questo periodo dell’anno. Quello educativo è un tema sempre attuale, che spesso fa discutere, sia a livello sociale che politico. Affrontare la questione significa parlare di scuola, famiglia, sport, ovvero di quei luoghi che, insieme a molte altre realtà, oggi rivestono un ruolo decisivo nel processo educativo dei più giovani. Spesso ci si perde in tecnicismi, o ci si focalizza su iniziative specifiche e molto orientate. Secondo gli ospiti della nuova puntata di “Chiesa di casa”, il talk settimanale di approfondimento della Diocesi di Cremona, l’educazione ha un respiro molto più ampio.

«San Giovanni Bosco parlava di un sogno dentro a un cortile – ha raccontato don Andrea Bani, vicario parrocchiale dell’unità pastorale Città di Viadana, durante la trasmissione – ed è proprio questo, secondo me, il punto di partenza. Nei cortili dei nostri oratori incontriamo ragazzi e giovani che, innanzitutto, meritano di essere accolti e amati. È la prima cosa che ci chiedono, e precede di gran lunga le iniziative a cui siamo tanto legati. Questo è il primo passo per costruire poi, insieme, un grande sogno».

L’idea della costruzione, del progetto, è sempre molto forte quando si affronta la questione dell’educazione. Essa, infatti, prevede, per sua stessa natura, una certa prospettiva sul domani. Secondo Marta Prarolo, educatrice e pedagogista per il consultorio Ucipem di Cremona e per la Caritas diocesana, «c’è uno stretto legame tra sogno e desiderio. Da adulti dobbiamo avere un’idea, una direzione verso la quale puntare. L’esperienza educativa diventa poi la prassi che segue quella direzione. Da qui nasce la domanda che ci deve interrogare: come educatori, in che posizione ci poniamo nei confronti dei più piccoli? E cosa desideriamo per il loro domani?».

Osservando la questione da una certa prospettiva, il processo educativo può essere visto come qualcosa di estremamente idealizzato, ma di difficile concretizzazione. «Docciamo stare molto attenti a non commettere questo errore – ha sottolineato Mattia Cabrini, educatore e attore cremonese, nello staff della Federazione oratori cremonesi – perché la dimensione del sogno, del desiderio inteso nel suo più alto significato, non deve mai perdere di vista la realtà. Il rischio c’è, lo sappiamo bene. Sia in un senso che nell’altro. Sogno e realtà sono due dimensioni che si parlano, si alimentano l’una con l’altra». Rendere i ragazzi protagonisti della loro educazione significa proprio abitare questa apparente dicotomia. Secondo Cabrini, infatti, «è necessario evitare di proporre semplicemente ai più giovani ciò che noi abbiamo già sognato per loro. Far sì che diventino protagonisti significa invece mettersi al loro fianco, accettare e condividere i loro tempi e la loro umanità».

Questa è forse la vera e più grande sfida dell’educare. «Anche in oratorio – ha concluso don Andrea Bani – talvolta è difficile lasciare spazio alle nuove generazioni. Ma è da qui che passa il loro cammino: dalla duplice consapevolezza di poter sbagliare quando provano a fare da soli, unita alla disponibilità, da parte del mondo adulto, di essere braccia tese ad accoglierli e sostenerli quando avanzano una richiesta di aiuto».

È un cammino complesso, in salita. Almeno tanto quanto la strada che portava alla Barbiana di Don Milani, un altro grande uomo e sacerdote che ha fatto dell’educazione la propria vita e che ha saputo sintetizzare il cuore dell’esperienza educativa con due semplici parole: “I care”.