In una Pasqua senza tregua, l’invito del vescovo Napolioni a «Fare Pasqua senza tregua!»

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Una giornata di festa, nonostante il tempo uggioso e ventoso, con il cielo coperto dalle nubi di pioggia. Una giornata di felicità, malgrado il clima di guerra. Si è gioiosi perché si festeggia un nuovo inizio: «celebrare la Pasqua significa ricevere l’onnipotenza dell’amore che tutto rigenera», ha detto il vescovo Antonio Napolioni nell’introdurre la Messa Pontificale di Pasqua presieduta nella Cattedrale di Cremona nella mattinata di domenica 31 marzo. Insieme a lui hanno concelebrato i canonici del Capitolo con gli studenti di Teologia del Seminario diocesano che hanno prestato servizio all’altare.

Una domenica nella quale si invita a guardare al futuro e non più al passato; perché «le cose di prima sono passate e ne sono nate di nuove», come ha ricordato il Salmo nella Veglia di Pasqua. Si spiega così la visita nel mattino di monsignor Napolioni alla Casa circondariale di Cremona per la Messa di Pasqua concludendo idealmente l’inizia diocesana di carità per la Quaresima – “Dare speranza alla giustizia” – dedicata proprio al carcere di Cremona che al pranzo di Pasqua potrà contare anche sulla generosità di tanti che hanno voluto donare alcuni dolci pasquali alle persone detenute.

Lo stesso spirito con cui si è vissuta l’indulgenza plenaria concessa al termine della solenne celebrazione in Cattedrale e il rito dell’aspersione che ha aperto la celebrazione: «un nuovo inizio – ha affermato il vescovo – di cui il mondo intero ha bisogno. A cominciare da noi credenti».

L’energia di ricominciare a vivere si esprime con la musica e la lode: ecco, dunque, il ritorno dell’Alleluia già intonato nella Veglia notturna, il Gloria e i canti accompagnati dal maestro Fausto Caporali all’organo Mascuoni e dalla tromba di Giovanni Grandi, insieme al Coro della Cattedrale diretto da don Graziano Ghisolfi. «Siamo grati ai nostri musicisti e ai nostri cantori – ha detto il Vescovo nell’omelia – e immaginiamo quanta altra bellezza in queste ore si stia sprigionando nella liturgia cristiana, dalla più solenne alla più semplice, con quell’Alleluia instancabile che vogliamo vinca i rumori di guerra e metta a tacere le nostre passioni violente».

Eppure, nonostante risuoni l’annuncio della Risurrezione dal Vangelo di Giovanni, «le nostre speranze di vivere una Pasqua di pace non si sono realizzate», ha aggiunto subito dopo il Vescovo. «Abbiamo fatto una “Pasqua senza tregua”: senza rispetto per i luoghi santi per le memorie dei cristiani, per il Ramadan dei fratelli musulmani, per lo Shabbat in cui i figli di Israele hanno imparato a condividere il riposo stesso di Dio». Questo cupo denominatore è la guerra. «Quando c’è la guerra si giustifica tutto, si dimentica tutto, si è accecati. C’è un odio e una violenza senza tregua. Ma non nascondiamo che anche nelle nostre vite personali e familiari questa Pasqua può essere stata senza tregua – ha continuato deciso il vescovo –. Le malattie non vanno in vacanza; le croci che si portano nel silenzio, magari nel giorno della festa, si sentono di più; certe solitudini o certe separazioni, la tristezza non può essere cancellata da uno squillo di tromba per quanto entusiasmante».

E allora quale risposta scaturisce dal celebrare la morte e risurrezione del Signore Gesù? Che cosa significa recarci anche noi alla tomba vuota e sentire l’invito a farci testimoni della sua risurrezione? La risposta è altrettanto netta: «È fare Pasqua senza tregua!» afferma con forza monsignor Napolioni. «Quello che sembrava un fallimento, per noi cristiani diventa un compito! Pasqua non è questo giorno, questo pranzo o questo pontificale. Pasqua e l’agire incessante di Dio dentro la miseria umana per rigenerare vita, amore e speranza!» Questo straordinario evento e appello «è il metodo di Dio e di coloro che credono in lui. Davvero ce la faremo insieme a lui se faremo Pasqua tutti i giorni». Quel sentimento di rinnovamento, «la possibilità di rigenerare il tempo, i cammini, le relazioni attingendo tutte le volte che vogliamo a quel mistero di corpo e di sangue che è il Cristo vivente tra noi», è prima di tutto «un cambiamento del cuore e della prospettiva interiore».

Fare “Pasqua senza tregua”, allora, è «mettere mano al cambiamento con pazienza, coraggio, umiltà, con lo Spirito Santo che ci viene donato con la comunità che ci circonda». Insomma, «il nostro destino è la trasfigurazione della vita». E ancora: «Ciò che è iniziato in noi è la fioritura dell’amore, è la possibilità di lasciare una traccia che non venga lapidata, ma venga valorizzata da coloro che hanno incontrato un briciolo d’amore nella nostra esistenza». Da qui la grande sfida, il compito dei cristiani: «se il mondo ci ha fatto fare una “Pasqua senza tregua”, faremo noi “Pasqua senza tregua” – ha affermato ancora il vescovo –, senza smettere di credere, di sperare, di amare, di ricominciare a cercare le cose di lassù e a farci plasmare dallo spirito del Signore ad andare incontro gli uni agli altri, a ricominciare relazioni di pace, partendo da chi ci sta accanto».

L’augurio pasquale di monsignor Napolioni, in definitiva, è quello di benedire il Signore anche in questo tempo, «perché egli ci è fedele, egli è misericordioso, egli è creativo e ci coinvolge in questa sua nuova creazione. Facciamolo con obbedienza, fiducia ed entusiasmo infantile innocente e disarmato e disarmante. E allora la pace verrà; a caro prezzo, come è avvenuto per Cristo Gesù, ma verrà».

La Messa si è conclusa con l’indulgenza plenaria annessa alla solenne Benedizione apostolica.

 

Il video integrale della celebrazione

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