Un restauro per tutelare e riscoprire qualcosa che nessuno ha mai visto. Lasciando delle “rughe” come il segno dell’evoluzione di un edificio, di un gusto, di una visione di comunità del luogo in cui si ritrova e coinvolgendo la cittadinanza alle operazioni in corso. Un lavoro innovativo, dunque, quello del restauro conservativo in atto nella cappella dell’Ultima Cena nella chiesa di San Leonardo a Casalmaggiore, presentato al pubblico nel pomeriggio di domenica 26 gennaio. Le operazioni, svolte con l’approvazione della Sovrintendenza di Cremona, Mantova e Lodi, hanno l’obiettivo di offrire una “mappa” delle stratificazioni di stili e di uniformità succedutesi nel corso dei secoli, ripristinando in particolare gli affreschi del 1751, e consolidando gli apparati di stucchi e la configurazione originaria.
«Ringrazio tutti quanti stanno contribuendo ogni domenica e chi ha dato lo stimolo iniziale a questo progetto – ha esordito il parroco don Claudio Rubagotti –. Avendo già avviato un impegno finanziario per il restauro della struttura, si è ripartito da qui. Questa cappella ci ricorda un tempo così lontano, in cui il colore era protagonista anche delle nostre chiese. Sarà una sorpresa, un’esplosione di colori che, appunto, romperà i nostri schemi e ci ridarà un’idea felice del passato».
Assieme a don Rubagotti erano presenti anche il direttore dei lavori, architetto Damiano Chiarini, la responsabile del restauro Mariacristina Regini di “Cremona Restauri” e l’incaricato per i Beni culturali della diocesi di Cremona, don Gianluca Gaiardi. Sono stati loro a raccontare le fasi del cantiere ancora aperto e le scelte «non indifferenti» prese, di volta in volta, in sinergia tra le parti e il soprintendente Gabriele Barucca e il funzionario Filippo Piazza.
Un cronoprogramma organizzativo, tecnico ed esecutivo iniziato nel gennaio del 2022. Una lunga fase di preparazione, «un percorso di conoscenza e studio, di dialogo e rispetto del passato, che ci porterà alla seconda parte che è quella proprio del restauro» ha detto Chiarini. Il quale ha poi spiegato come «l’analisi della struttura – modificata nel 1629, 1752 e infine nel 1806 – ha consentito di comprendere la conformazione architettonica di oggi» e «su come procedere nel rispetto degli interventi precedenti».
Le tonalità azzurre del periodo neoclassico della cappella hanno così “rivelato” lo strato originario barocco tendente al rosa.
«Il dialogo diventa osservazione – ha sottolineato Chiarini –. E grazie alla professionalità dei restauratori, abbiamo scoperto decorazioni di frutta in stucco neoclassico lasciati sul cornicione per oltre due secoli».
Una storia di accuratezza e trascuratezza, di dettagli preziosi e fragili. Dallo studio si è passato dunque a stabilire la linea di intervento, raccontata poi da Regini attraverso il “giornale di cantiere” e le slide contenenti le fotografie ravvicinate delle superfici.
«I criteri di intervento si sono sviluppati con la conoscenza progressiva della Cappella. Le patologie che abbiamo riscontrato, poi riveduto, infine la cura che abbiamo pensato di mettere in atto per risolvere la patologia, tutto visto all’interno dell’intento di valorizzare il manufatto», ha detto la restauratrice. Le sfide più complesse, oltre alla rimozione di depositi di sporco e distacchi di ampie porzioni di intonaco, hanno poi riguardato gli stucchi settecenteschi, la campionatura delle tempere e la «ricostruzione materica e cromatica in corrispondenza delle impronte rilevate nel rispetto delle informazioni e testimonianza della configurazione del 1751».
Allo scopo di eseguire l’intervento conservativo nelle fasi di pulitura e di consolidamento della volta e delle pareti, si è resa necessaria la rimozione della ridipintura della configurazione del 1806; oltre alla messa in sicurezza preventiva della Cappella attraverso imperniatura e puntellature con la collaborazione della ditta P.C.P. Costruzioni.
«L’intervento non sarà un recupero del passato, quel che è perso è perso, ma di dare nuova vita ad un patrimonio unico a Casalmaggiore e sul nostro territorio diocesano», ha poi concluso don Gaiardi. Non un ripristino, in definitiva, ma una “mappa” con cui leggere e approfondire gli interventi del passato e ricostruire così l’evoluzione di un edificio variegato di stili e influenze. Verso l’inizio dell’estate il cantiere sarà smontato e la cittadinanza potrà così immergersi in una storia affascinante e coloratissima.