A Goiânia la stazione dei pullman dedicata al “fidei doum” don Francesco Nisoli

Il "Terminal Goiânia Viva" diventa "Terminal Padre Francisco Nisoli": l'inaugurazione avverrà a novembre nel ricordo dei quasi 30 anni di missione in America Latina

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Per quasi trent’anni, dal 1989 al 2017, don Francesco Nisoli era stato missionario in America Latina come “fidei donum”. Negli anni di servizio in terra carioca il sacerdote originario di Brignano Gera d’Adda aveva svolto in particolare il proprio ministero come parroco della parrocchia di Nostra Signora di Fatima Taraqual, nella periferia di Goiânia. E proprio Goiânia ha deciso di intitolargli la stazione degli autobus. Un omaggio che riconosce l’eredità sociale e religiosa del missionario italiano che ha operato per decenni nelle comunità della capitale.

Con delibera del maggio scorso, infatti, il Consiglio municipale di Goiânia ha deliberato che il “Terminal Goiânia Viva”, nella zona residenziale di Goiânia Viva, assuma la nuova denominazione “Terminal Padre Francisco Nisoli”. Il cambiamento è stato approvato a maggio attraverso un progetto di legge presentato dal consigliere Markim Goyá e che ha ottenuto ampio sostegno da parte della comunità locale. L’inaugurazione è prevista a novembre.

Don Francesco Nisoli, nato l’11 febbraio 1949 e ordinato sacerdote il 22 giugno 1974, aveva iniziato il proprio ministero come vicario parrocchiale proprio nella Bergamasca, prima a Covo (1974-1982) e poi a Pumenengo (1982-1987). Nel 1987 era diventato parroco di Cella Dati; dopo un anno la decisione di partire per la missione.

Arrivato in Brasile nel 1989, ha inizialmente operato nel nord del Tocantins, nella regione del Bico do Papagaio. In seguito si è stabilito nell’arcidiocesi di Goiânia, dove ha svolto un intenso lavoro comunitario, in particolare nella zona ovest della capitale. Comunità come Nossa Senhora Aparecida, Santo Antônio, São José Operário, Jesus de Nazaré e Santa Luzia sono state profondamente segnate dalla sua presenza e dedizione.

Oltre ai mattoni con cui ha costruito centri pastorali e chiese, l’attenzione costante di don Francesco Nisoli era rivolta al “mattone umano”: la formazione delle comunità di base.

La notizia della morte improvvisa di don Francesco Nisoli, a 71 anni, avvenuta all’ospedale di Treviglio a causa dell’aggravarsi di sintomi riconducibili al coronavirus il 26 marzo 2020, nella fase più drammatica della pandemia, aveva raggiunto e scosso anche la comunità oltreoceano che non ha voluto dimenticare il sacerdote che tanto ha segnato con la propria presenza le comunità che aveva servito e con cui i legami non si sono mai interrotti, neppure dopo il suo rientro nel 2017 in Italia, diventando collaboratore parrocchiale della parrocchia di Caravaggio.

«Oltre all’onorificenza concessa a don Francesco, questo riconoscimento da parte di centinaia di persone rivela il valore del suo lavoro e del suo orizzonte teologico, etico e politico: quello della giustizia sociale. Per questo rendergli omaggio in una stazione degli autobus (luogo di passaggio, di incontri e di addii, di insistenza quotidiana e di lotta per la sopravvivenza) significa mantenere viva la fiamma della speranza e del Vangelo, affinché la lotta per la liberazione, la giustizia e la dignità della vita non si spenga. È proprio per questo che sono certo che Francesco sarebbe stato felicissimo; e questo mi commuove», dichiara Lucas Emmanoel, figlioccio del missionario bergamasco.

TeleRadio Cremona Cittanova
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