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A Chiesa di casa la voce dei giovani

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Nell’appuntamento di questa settimana, Chiesa di Casa coglie l’occasione dell’imminente Giornata Mondiale dei Giovani per mettere a tema la Pastorale Giovanile. La Giornata Mondiale, per cui il Papa ha proposto il tema “Alzati, ti costituisco testimone di quel che ho visto”, sarà questa domenica, il 21 novembre, solennità di Cristo Re, come voluto dal Santo Padre che ne ha disposto lo spostamento dalla data tradizionale della Domenica delle palme.

Il dialogo, guidato da Riccardo Mancabelli, ha coinvolto don Francesco Fontana, incaricato diocesano per la pastorale giovanile e, insieme a lui, un giovane: Ettore Galimberti, tra i partecipanti all’incontro dei giovani con i vescovi delle diocesi lombarde, tenutosi lo scorso 6 novembre a Milano. Da questa esperienza ha riportato il desiderio comune, fra vescovi e ragazzi, di stare in ascolto. Desiderio fortemente sottolineato dal Papa, anche tramite l’istituzione del Sinodo per i giovani che si è svolto nel 2018, pochi mesi dopo la chiusura di quello Diocesano, sempre dedicato ai giovani: «Un sinodo per imparare la sinodalitá» come lo ha definito don Fontana.

I giovani, secondo l’incaricato diocesano di Pastorale Giovanile e direttore della Federazione Oratori Cremonesi, non hanno mai smesso di implicarsi nella realtà dell’oratorio, neanche durante la pandemia, quando le strutture erano chiuse, ma l’attività di volontariato contava sempre più protagonisti  fra i ragazzi. Come ha raccontato Ettore, i giovani non hanno il problema di scontrarsi con un disinteresse altrui, oppure con un allontanamento, anzi hanno la libertà di «porre domande» e a suscitare in loro un’appartenenza forte. Più che un discorso, è «un esempio» quello con cui le nuove generazioni, affacciandosi all’età adulta, chiedono di misurare la propria vita.

A tal proposito, ci si è domandati se l’oratorio sia strumento pertinente ed efficace non solo nel indicare esempi di «vita buona», come dice don Fontana, ma anche nel porsi in ascolto. Per don Fontana, la risposta è decisamente affermativa: l’oratorio ha sempre bisogno di  «adeguare iniziative e strutture», ma allo stesso tempo, continua ad essere una realtà importante perché «è fatto di relazioni, incontri. E questo è, da sempre, l’unico modo che i cristiani hanno di annunciare il Vangelo».

«C’è un fermento di carità capace di generare»: a Chiesa di Casa numeri e azioni della Borsa di Sant’Omobono

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Nell’appuntamento di questa settimana, la rubrica di approfondimento Chiesa di Casa affronta il tema della carità. Si avvicina, infatti, la tradizionale Settimana della carità, che come ogni anno ricorre per la diocesi in occasione della solennità di Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi e padre dei poveri, e della Giornata mondiale dei poveri che da cinque anni si celebra nella seconda domenica di novembre.

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Chiesa di Casa, musica per elevare lo spirito

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Musica liturgica. Questo il tema dell’appuntamento settimanale di Chiesa di Casa. Ospiti in studio sono stati: don Graziano Ghisolfi, responsabile della Sezione musica dell’Ufficio liturgico diocesano, e il maestro Fausto Caporali, organista titolare della Cattedrale di Cremona e docente della cattedra di organo complementare e canto gregoriano al conservatorio di Milano.

Il dialogo, guidato da Riccardo Mancabelli, si è soffermato sul rapporto tra musica e spiritualità. «In qualunque nazione si faccia della musica, quella musica può essere fruita da chiunque: la musica sa entrare in un mistero, in qualcosa di più profondo di ciò che si vede», spiega don Ghisolfi. Anche secondo Caporali la musica sacra «è un sussidio al linguaggio verbale: la musica aggiunge una dimensione attinente alla trascendenza dell’uomo, questo mi porta ad esprimere con un linguaggio nobile».

Musica capace di emozionare ed elevare lo spirito, ma che si può fruire e fare anche divertendosi, come racconta il docente e organista: «Al fondo ci deve essere un desiderio di serenità e di coinvolgimento», aggiungendo poi che per la musica liturgica «il fine ultimo deve essere la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli».

In diocesi la tradizione è ben consolidata, sia per quanto riguarda i cori che gli organisti. Negli ultimi tempi sono gli stessi parroci a chiedere aiuto sull’aspetto musicale. Allo stesso tempo, però, don Ghisolfi sottolinea che «con il covid l’attività dei cori è molto in difficoltà». Rispetto alla tipologia la situazione è «molto variegata», ma il criterio che accomuna ogni tipo di musica liturgica è «l’attenzione al rito». Infatti, entrambi gli ospiti intervenuti in studio concordano sulla finalità che la musica liturgica si propone: l’importante non è far spettacolo, o far vedere che si è bravi; neanche il “mi piace questo brano” è un criterio. Il momento musicale ha come obiettivo quello di far vivere al meglio il rito. «L’aspetto tecnico si riversa in un campo pastorale e spirituale» di cui bisogna tener conto, secondo le parole di Caporali; infatti, tutti i dati tecnici, devono essere declinati nella celebrazione e in quella data comunità.

Il dialogo si è concluso sull’aspetto formativo della musica liturgica, che in diocesi può contare sulla presenza e l’attività della Scuola diocesana di musica sacra “Don Dante Caifa”: una scuola rivolta a tutti, all’adulto quanto al bambino.

«Anche nella vita più fragile c’è una promessa di bene»

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Chiesa di Casa questa settimana ha come tema di confronto la difesa, la cura e l’accoglienza della vita. L’occasione è quella della 44ª Giornata nazionale della Vita, che quest’anno cade il 6 febbraio. A riflettere sul tema della Giornata, «Custodire ogni vita», negli studi e in collegamento con la Casa della Comunicazione, sono don Enrico Trevisi, teologo, parroco di Cristo Re, a Cremona e coordinatore dell’area pastorale «Comunità educante famiglia di famiglie», e Rosetta Besostri, vicepresidente del CAV (Centro di aiuto alla vita) di Cremona.

A partire dalla situazione attuale, segnata dalla pandemia,  in cui ciascuno ha sentito il bisogno di qualcuno che si prendesse cura, don Trevisi ha fatto notare come l’impressione di bastare a se stessi sia stata scalfita: «In ogni epoca l’uomo sperimenta la propria fragilità; certamente, la pandemia ha messo in evidenza la precarietà che ci connota. I vescovi, nel loro messaggio per la Giornata per la vita, parlano di “illusione di onnipotenza e autosufficienza”. Il Papa stesso da piazza San Pietro durante il primo lockdown ci ricordava come siamo tutti sulla stessa barca. C’è come una rinnovata consapevolezza – ha proseguito il sacerdote –: oggi, anche se qualcuno pensava di archiviarli, alcuni studi mostrano come un adolescente su quattro soffra, dal punto di vista psicologico, il perdurare della pandemia».

Dunque, si portano all’evidenza delle fragilità prima sopite o nascoste. Fra queste c’è il dato del significativo calo dei numeri dei matrimoni e delle nascite. Non solo, questa pandemia ha inasprito la povertà. «Si fa fatica a fare famiglia se non c’è sguardo positivo sul futuro – continua don Trevisi – ma “speranza” è il nome che noi cristiani diamo al futuro. Se si guarda il futuro come a qualcosa che incombe, si fa fatica. È responsabilità della politica, ma anche di ciascuna famiglia e di ogni cristiano, mostrare che abbiamo le risorse per affrontare questa crisi».

Ridare un segno positivo al futuro è proprio la sfida raccolta dal Centro di aiuto alla vita. Le motivazioni  che spingono alla scelta dolorosa di abortire sono di natura molteplice, spiega Rossella Besostri: «Problemi economici, psicologici, relazionali… spesso sono mamma e papà che invitano le figlie ad abortire o le lasciano sole nelle scelte». Dunque, il CAV non solo tenta di far fronte ad un problema economico, ma si propone nell’ascolto e nell’accompagnamento di queste situazioni complesse. «Prima avevamo sportello CAV, ma con la pandemia abbiamo dovuto abbandonarlo. Comunque, presso la nostra sede, in via Milano numero 5, a Cremona, abbiamo tutta una serie di risorse e lì si può venire per offrire un sostegno anche materiale».

Come specifica don Trevisi, in questi anni abbiamo goduto della «testimonianza di molte persone che hanno dato la vita per la cura dell’altro». D’altro canto è di stretta attualità nel dibattito politico e culturale il tema del suicidio assistito: «Il referendum – commenta il sacerdote – ci fa capire il nostro dovere di accompagnare, migliorare alcune situazioni. È vero che la vita talvolta è drammatica. Ma la migliore risposta è quella di vicinanza: anche nella vita più fragile c’è una promessa di bene».

Don Trevisi ha poi concluso richiamando l’importanza di un tema, quello della custodia della vita e della vita più fragile, che non si esaurisce con l’appuntamento annuale della Giornata per la vita, ma che riguarda le scelte e gli incontri quotidiani: «Per 365 giorni all’anno siamo chiamati ad accorgerci dei nostri vicini, dei compagni di classe, delle fatiche dell’altro».