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A “Chiesa di casa” lo stile sinodale che connette le parrocchie alla Chiesa universale

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Si torna a parlare di Cammino sinodale nella puntata di questa settimana di “Chiesa di Casa”, l’approfondimento pastorale curato dall’Ufficio delle Comunicazioni sociali della diocesi. L’occasione è offerta dalla conclusione della prima fase del percorso diocesano che ha visto negli scorsi mesi la programmazione dei cinque incontri di formazione nelle zone, dove in vesxcovo ha incontrato gli operatori e i rappresentanti dei gruppi di impegno pastorale sul territorio, per avviare un dialogo sul Sinodo. Ospiti in studio, in dialogo con Riccardo Mancabelli, sono stati don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per la pastorale e il clero, con il diacono Walter Cipolleschi, membro dell’équipe diocesana del Sinodo.
Anzitutto, don Maccagni ha spiegato il significato della parola “sinodo”, letteralmente “camminare insieme”: «Non è un’esperienza limitata a una gerarchia, ai pastori della Chiesa, ma il Papa vuole che il Sinodo ritorni alla sua funzione originaria: il Sinodo è infatti lo stile del popolo di Dio chiamato a un cammino nella sequela di Cristo».

Questo il focus che rende particolare la scelta di Papa Francesco di coinvolgere tutta la Chiesa in un cammino di riflessione e – soprattutto – confronto – sulla sinodalità stessa: «La sinodalità è una caratteristica della Chiesa», dice don Maccagni, caratteristica dalla quale non si può prescindere per poter affrontare le sfide dell’oggi.

Aperto per la Chiesa Universale lo scorso 10 ottobre in Vaticano dal Santo Padre, il Sinodo richiede anche alle singole diocesi un proprio contributo di discernimento. Questo l’obiettivo dei primi incontri nelle zone: «Il Sinodo non deve diventare uno slogan che, alla fine, non cambia nulla. Vogliamo già sperimentarlo», continua don Maccagni, aggiungendo che tutte le figure che fanno parte di una comunità cristiana sono state chiamate in causa; tutte insieme, hanno riflettuto sulla visione di Chiesa che già ora si sta vivendo.

Rispetto ai prossimi passi del cammino sinodale, il diacono Cipolleschi si è concentrato sul ruolo delle singole realtà locali, sottolineando il desiderio che «le parrocchie possano vivere al proprio interno il messaggio del Sinodo e – aggiunge – ogni parrocchia è chiamata ad essere creativa» perché ognuna di esse ha particolarità che possono generare arricchimento. Inoltre, Cipolleschi ha rimarcato che in queste comunità parrocchiali sono inclusi tanto i più partecipi, quanto i più defilati, perché il Sinodo permette, anzi richiede, che tutti abbiano una propria voce.

Dunque, un coinvolgimento della comunità in senso ampio, ma, secondo don Maccagni, la comunione va vissuta per ciò che è, un dono dall’alto: «Grazie al Battesimo siamo figli di Dio chiamati a un cammino di fraternità». Per questo, una parte fondamentale del lavoro del Sinodo riguarderà la riscoperta della sorgente da cui nasce questa comunione. Ne consegue un invito alla partecipazione, perché «nessuno è utente, ma tutti sono chiamati a vivere il dono ricevuto». Responsabilità personale e insieme un’occasione di vivere la fraternità, attraverso la sequela di Gesù: «Noi ci ascoltiamo non per capire chi ha ragione, ma per aiutarci a capire cosa ci sta chiedendo il Signore».

Gli incontri zonali riprenderanno a gennaio, per una seconda fase che sarà rivolta alle realtà locali. Perciò, il dialogo in studio si è concluso con  un augurio di buon proseguimento di questo cammino, che è solo al suo inizio.


Questo il calendario della seconda fase di incontri

    • Zona 2:    21/22 gennaio
    • Zone  4 e 5:    28/29 gennaio
    • Zona 1:     18/19 febbraio
    • Zona 3:     25/26 febbraio

Questi incontri si svolgeranno in due fasi:

  • venerdì sera – Incontro soltanto in modalità online da vivere nella propria parrocchia o in unità pastorale con la proiezione di un intervento di monsignor Erio Castellucci vescovo di Modena-Carpi e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana e la testimonianza di alcune coppie di sposi che racconteranno come a partire dalla propria esperienza famigliare sognano una Chiesa che si rinnova, a cui seguirà un momento di reazioni e confronto
  • sabato – Dopo un momento assembleare di preghiera in stile famigliare, laboratori in presenza in due sedi distinte, una dedicata agli operatori dell’area “In ascolto dei giovani” e una per tutti gli altri, coordinati da un moderatore che avrà il compito di guidare il lavoro e di sintetizzare i vari contributi

Società, lavoro e futuro, a “Chiesa di Casa” la delegazione cremonese in partenza per la Settimana Sociale di Taranto

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Società, lavoro e futuro. Questi i temi affrontati nella terza puntata della trasmissione “Chiesa di Casa”. Gli ospiti, intervistati da Riccardo Mancabelli, sono stati Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la pastorale sociale e del lavoro, Diana Afman della associazione No Spreco e la studentessa Ester Tolomini, entrambe nuovi membri del consiglio pastorale diocesano. Insieme, parteciperanno alla settimana sociale che si terrà a Taranto, a partire dal 21 ottobre, per affrontare questioni legate alla dottrina sociale della Chiesa.

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Il vescovo a “Chiesa di casa”: «Un anno per ripartire con sapienza»

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Debutta questa settimana «Chiesa di Casa», nuova trasmissione web e tv della Diocesi di Cremona, uno spazio di dialogo e approfondimento sui temi che animano la vita pastorale della Chiesa cremonese.

La rubrica realizzata negli studi della casa della Comunicazione accompagnerà tutto l’anno pastorale con interviste, servizi e testimonianze di chi vive in prima persona la dimensione di un cristianesimo in uscita ma anche di servizio alla comunità, di prossimità. Ad inaugurare la stagione è stato il vescovo Napolioni, ospite della prima puntata, che rispondendo alle domande del conduttore Riccardo Mancabelli ha approfondito i temi e le proposte che caratterizzeranno l’anno pastorale appena inaugurato. Il vescovo ha spiegato la scelta del titolo scelto questo 2021/22: «Va’ avanti e accostati». «Questa – ha sottolineato – è una frase presa dalla parola di Dio, da un episodio molto concreto e significativo narrato dagli Atti degli Apostoli dove il diacono Filippo si sente dire dallo Spirito “Va’ avanti e accostati” a quello straniero, a quel carro che passa in una strada deserta. È chiaro l’invito ad andare laddove non sembrerebbe esserci motivo: è un movimento della fede, dell’obbedienza, necessario soprattutto in situazioni che esigono un cambiamento o una rinascita», spiega il vescovo.

Il tema è anche un invito ad una ripartenza delle attività pastorali in presenza che richiede prudenza ma anche coraggio, attenzione alle fragilità e slancio di cambiamento: «L’atteggiamento giusto – ha riflettuto – è quello della sapienza, che è fatta di intelligenza nel capire le necessità da rispettare ma anche di fiducia nel meglio che si nasconde dietro i momenti di difficoltà. La sapienza però non si improvvisa, va accolta come un dono e messa alla prova e dunque occorre un discernimento. Del resto come ci ha detto il Papa, peggio della pandemia c’è solo il fatto di sprecarla. E la possiamo sprecare sia snobbandola o negandola, sia pensando di tornare a fare una vita spensierata come se nulla fosse. Si tratta quindi di essere sapienti e cogliere dunque da credenti il messaggio che lo Spirito rende possibile scoprire in ogni circostanza. Sono curioso anch’io di vedere dove ci condurrà questa sapienza».

Particolarmente intenso il passaggio dell’intervista in cui il vescovo ha ricordato l’impegno per la Chiesa cremonese di essere una «famiglia di famiglie». Nel concreto, ha detto, «significa riconoscersi e specchiarsi nell’umano, scoprendone la bellezza più umile, come la bellezza di aver avuto un papà e una mamma, anche se a volte ci sono storie drammatiche. Ecco allora che bisogna annunciare questa bellezza possibile, anche a chi ha sofferto, non idealizzando la famiglia ma andando a riconoscerla come il grembo della vita». Nella nostra realtà di tutti i giorni, ha raccontato ancora, ci sono tanti esempi di santità quotidiana a cui attingere, anche se spesso sono nascosti e quasi invisibili. Eppure è proprio lì che il vescovo ha invitato a puntare l’obiettivo, perché si tratta di famiglie e di uomini e donne che testimoniano ancora oggi un amore che è capace di essere fedele nel tempo, di accompagnare le fragilità, di sostenere e farsi dono per gli altri. «La comunità cristiana deve riscoprire tutto questo», ha detto ancora il vescovo, «guardando alle famiglie per riscoprire lo stile famigliare anche nelle comunità parrocchiali».

Non è mancato un riferimento al Sinodo che si aprirà il prossimo 16 ottobre e che coinvolgerà anche la Chiesa cremonese nel percorso che conduce al Sinodo universale del 2023. Per monsignor Napolioni si tratta di una bellissima possibilità, «come quando in montagna durante una gita insieme – ha spiegato ricorrendo ad una efficace metafora – ci si perde nel cammino e allora ci si ferma, si prende la cartina, si manda qualcuno in avanscoperta, si sentono i pareri di tutti per poi riprendere con più fiducia il percorso. La Chiesa è chiamata a fare questo nei momenti difficili: a non reagire d’istinto o in maniera scomposta e tantomeno ad arroccarsi. Bisogna invece fermarsi e guardare l’orizzonte, perché quando si smarrisce il sentiero non si può guardare solo il metro davanti al proprio piede. Così è per la Chiesa: il Sinodo è un momento di lungimiranza, di ascolto dello Spirito». Non si tratta – ha spiegato ancora – solo di riorganizzare le cose nelle Diocesi o nelle parrocchie, ma di riscoprire il Signore che è sempre avanti a noi. Una scoperta che non può fare a meno di un atteggiamento di ascolto e di condivisione assidua (e il richiamo è all’iniziativa partita lo scorso anno in molte parrocchie del «Giorno dell‘Ascolto») della Parola di Dio: «Abbiamo tutti bisogno di riscoprire il Vangelo di Gesù», ha concluso, «anche se siamo un po’ troppo abituati a riceverlo solo dal prete. Invece anche noi sacerdoti abbiamo bisogno di scoprirne i riflessi nel vissuto delle persone perché ci sono i bambini o i disabili che ne sanno più di noi: metterci in questo ascolto reciproco ci aiuterà davvero a scoprire la volontà di Dio».

Verso la Giornata di Avvenire con il direttore Tarquinio

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Domenica 31 ottobre Chiesa cremonese celebra la Giornata diocesana del quotidiano Avvenire con una distribuzione straordinaria del giornale di oltre 2mila copie all’uscita delle Messe nelle numerose parrocchie che hanno aderito all’iniziativa. Proprio questa iniziativa e il valore del quotidiano dei cattolici italiani sono al centro della nuova puntata di Chiesa di casa, impreziosita dalla presenza del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, insieme a don Federico Celini, coordinatore dell’area pastorale “Capaci di comunicazione e cultura”. Continue reading »

Esperienze vocazionali, uno sguardo al futuro per giovani in ricerca

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Nella nuova puntata di Chiesa di Casa si parla di vocazioni. A dialogare sul tema sono don Davide Schiavon, incaricato diocesano per la pastorale vocazionale e, in collegamento collegato, Matteo Villa, giovane di Cremona dell’unità pastorale di Sant’Omobono, che ha preso parte al “Gruppo Samuele”, l’iniziativa proposta dal centro vocazionale per venti-trentenni: «Una domenica al mese, un gruppo di una decina di giovani si  trovano per dedicare un pomeriggio alla loro fede, meditando sulla Parola di Dio» ha spiega don Davide «vengono guidati da un biblista e da un altro sacerdote che offre indicazioni su come attualizzare quanto ascoltato. Ci sono poi occasioni e tempo per pregare, ma anche per confrontarsi».

«Ho aderito a questa iniziativa – ha raccontato Matteo – perché considero importante l’aspetto spirituale: è bello porsi domande. Casualmente mi è stata fatta questa proposta e io non ho potuto rifiutare, perché sono sempre in ricerca. Siamo al quarto incontro: è bello essere seguiti e condividere questa cosa con persone della stessa età».

Un continuo dialogo, dunque, in cui vengono messe a tema le problematiche dell’oggi e argomenti profondi: «Ogni mese ha un tema specifico. Prendendo spunto da un brano biblico, lo si attualizza. Con aiuto dei giovani si riesce a costruire clima di ascolto e condivisione, ma ultimamente anche di amicizia» dichiara don Davide.

Rispetto alla vocazione secondo l’ottica cristiana, intasa in senso più ampio come il riconoscimento del progetto di Dio sulla vita di ciascuno, qualunque sia la strada a cui si viene chiamati, don Davide specifica: «Vanno di moda pessimismo e statistiche. Ma noi dobbiamo seminare: abbiamo il Vangelo e la Parola di Dio. Da ciò dobbiamo partire e agire. Dobbiamo partire da ciò che di buono c’è, anche nel piccolo». Una simile esperienza è  specifica, ma in generale, dice Matteo «i giovani d’oggi pensano al futuro. Anche perché senza futuro non c’è speranza. Certo, bisogna chiedersi a che tipo di futuro pensiamo. Ad oggi si è abbandonata la fede, che è essenziale. C’è una grossa difficoltà ad interagire con la propria spiritualità. La vocazione è una strada: sono passi di Gesù che ci precede e noi lo seguiamo». Secondo don Davide, «Il desiderio di verità è tratto comune a chi fa il cammino per la vocazione. Una verità per sé e per tutti».

Per i più giovani, cioè gli adolescenti, è nata l’iniziativa del “Pozzo di Giacobbe”, piccole settimane residenziali: «Esperienze in cui i ragazzi vanno a scuola al mattino e poi cenano, vivono proprio a gomito a gomito, anche pregando insieme» come spiega l’incaricato diocesano. Queste iniziative, per cui lavorano due equipe, sono complementari al ruolo della comunità, infatti: «Il Signore può far nascere ovunque delle vocazioni, ma la comunità ha un ruolo fondamentale» secondo don Davide. La trasmissione si è infine conclusa con l’invito a conoscere e far conoscere questa esperienza.

“Chiesa di casa” guarda all’8 marzo in dialogo con Paola Negri (Cif) e Gloria Manfredini (missionaria laica) sul tema “La donna nella Chiesa”

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Questa settimana la rubrica della pastorale cremonese, Chiesa di Casa, riceve la testimonianza di due donne, in vista della giornata dell’8 marzo.  In studio, è intervenuta Maria Paola Negri, presidentessa del Cif (il Centro italiano femminile) della provincia di Cremona. In collegamento dal Brasile, invece, il contributo di Gloria Manfredini, missionaria laica Fidei donum a Salvador de Bahìa. Continue reading »

Settimana ecumenica, don Celini a “Chiesa di Casa”: «Come i magi, insieme verso Cristo»

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In occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, la rubrica settimanale Chiesa di Casa ha incontrato don Federico Celini, incaricato diocesano per la Pastorale ecumenica e il dialogo interreligioso. Anzitutto, don Celini, intervistato da Riccardo Mancabelli, ha descritto questa iniziativa internazionale come otto giorni in cui gli uomini e le donne di tutto il mondo, appartenenti a diverse tradizioni e confessioni cristiane, si riuniscono spiritualmente per pregare per una sola Chiesa». Questo dunque, lo spirito dell’iniziativa di preghiera ecumenica cristiana che si celebra ogni anno tra il 18 e il 25 gennaio ed è «preceduta significativamente dalla Giornata per il Dialogo tra Cattolici ed Ebrei, il 17 di Gennaio», dice don Celini.

La proposta affonda le radici già nel Settecento-Ottocento, quando nacquero «momenti di preghiera specifici per questo». Impulso particolare questi momenti di preghiera ecumenica l’hanno avuto nel XXI secolo, «quando si è passati dalla preghiera perché si fosse ricondotti nell’alveo della chiesa di Roma, alla preghiera perché tutti i cristiani si riconoscessero nell’ultima fede in Cristo». L’incaricato diocesano ha poi citato un intervento dell’abate Couturier per il dialogo ecumenico: “Dio vorrà, con i mezzi che egli vorrà, che non si preghi per la conversione ad una chiesa, ma per la conversione a Cristo”.

Come ogni anno nell’ambito della Settimana ecumenica, la diocesi cremonese propone da tempo la Veglia per l’unità dei cristiani, quest’anno nella chiesa di Borgo Loreto: sarà giovedì 20 gennaio, alle 21,00 nella chiesa parrocchiale della Beata Vergine Lauretana e San Genesio a Cremona, alla presenza del Vescovo Mons. Antonio Napolioni, del Pastore Nicola Tedoldi della Chiesa Evangelica Metodista di Piacenza e Cremona, di Padre Doru Fuciu della Chiesa Ortodossa Rumena di Cremona. La celebrazione sarà caratterizzata, nel suo svolgimento, da momenti di chiara impronta sinodale, come ha specificato don Celini, definendola un «momento di vera fraternità».  Quest’anno, il tema della Settimana è tratto dal Vangelo di Matteo: “In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti per onorarlo”. Tanti significati in una frase sintetica: «I Magi che sono il simbolo della diversità dei popoli; l’universalità della chiamata che è pure simboleggiata dalla stella; la ricerca inquieta del neonato Re da parte dei Magi, con la sete di verità, di bellezza, di bontà. Come i magi, tutti i cristiani condividono una comune ricerca di Cristo e un comune desiderio di adorarlo. In fondo è proprio questa la missione dei cristiani: chiamati ad illuminare la vita di tutto il mondo, in modo particolare in questo momento in cui tutti sono bisognosi» ha riflettuto don Celini.

Come rimarca l’enciclica “Fratelli tutti”, il dialogo ecumenico è una priorità, che si coniuga all’interno di un cammino iniziato da decenni. Così accade fra i componenti delle chiese non cattoliche e la Chiesa cattolica di Cremona, dove è in atto  «uno scambio fraterno di occasioni» che valica il limite della Settimana di preghiera. Oltre la veglia, infatti, sono già in atto altre iniziative, fra cui spicca la «lectio ecumenica con la condivisione della Parola di Dio, che si tiene una volta al mese fra protestanti, cattolici e ortodossi e condivisa da alcuni fratelli di Cremona, Crema e Piacenza. Altra iniziativa, spiega ancora l’incaricato diocesano, è «45 minuti per conoscersi»: otto Chiese ciascuna delle quali, una per mese, si presenta in modo sintetico. Il conoscere altre realtà aiuta a riscoprire se stessi: come i magi hanno offerto i loro doni; ognuno di noi «offre il dono della propria identità, che è per tutti» dichiara don Celini. Così, i pregiudizi cadono, poiché «il dono della comune fede arricchisce chiunque e fa rinvigorire il proprio cammino e le proprie speranze».

Rivedi tutte le puntate di Chiesa di Casa

Chiesa di Casa, il nuovo anno liturgico si apre guardando alla liturgia

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In occasione dell’inizio del nuovo anno liturgico, il settimanale appuntamento di Chiesa di Casa mette a tema la liturgia: ospite in studio, in dialogo con il conduttore Riccardo Mancabelli, don Daniele Piazzi, incaricato diocesano per il Culto divino.

La riflessione ha riguardato, anzitutto, la partecipazione da parte di tutti alla liturgia. Essa è, infatti, «momento non solo personale, ma che deve esprimere la vitalità di una comunità concreta», come ha subito specificato don Piazzi. Il sacerdote ha poi spiegato che, durante la Settimana Liturgica nazionale, ospitata a Cremona lo scorso agosto, «si sono approfonditi alcuni snodi che riguardano la pastorale liturgica ed è emerso che, rispetto ai giovani, che non basta dire “vai a Messa”; la fede non può essere solo spiegata, ma va vissuta con un’esperienza esistenziale». La questione, però, non è «il moltiplicare le celebrazioni, ma è il prendervi parte ed essere accompagnati a prendere parte alla vicenda di Gesù Cristo, a un evento di salvezza che non è lontano, ma è presente».

Il pensiero corre immediatamente alla pandemia, quando non è stato possibile, per un certo periodo, partecipare alla Messa: «Il rischio è stato di un ritorno alla centralità del presbitero e non dell’assemblea», ha sottolineato don Piazzi. Inoltre, ha aggiunto che «non si può sostituire un evento al quale devi partecipare con una sua rappresentazione». Secondo l’incaricato per il culto divino, da un lato vedere la Messa in diretta televisiva o sui social «è comunque compresenza: un evento lontano nello spazio, ma non nel tempo. Però, è innegabile che la liturgia richiede di essere in presenza. Siamo ancora alla ricerca di un equilibrio».

Rispetto alla nuova traduzione del Messale, poi, ha affermato: «I vescovi invitano a riprendere una formazione all’arte del celebrare, per chi è ministro, ma anche una formazione dell’assemblea».

Invece, per quanto riguarda coloro che auspicano ad un ritorno alle celebrazioni di un tempo, don Piazzi ha spiegato che il problema non è la liturgia, ma «l’idea di Chiesa». Dunque, può succedere di trovare celebrazioni non curate, ma bisogna chiederci a che tipo di Chiesa di vuole appartenere.

Alla domanda sui ministri straordinari della comunione, che in sessanta hanno da poco ricevuto il mandato dal vescovo Napolioni, don Piazzi ha sottolineato: «è una necessità, ovvero che non venisse meno l’uso antichissimo di portare l’Eucaristia agli assenti; anche loro sono parte della comunità». Infine, don Piazzi ha posto in evidenza il termine “comunità”, il quale ha una doppia valenza: nel suo senso verticale, indica il rapporto con Cristo, nel suo senso orizzontale riguarda proprio il rapporto la comunità. Come emerso dal dialogo in studio, questi due aspetti sono entrambi presenti all’interno della liturgia.

Archivio storico diocesano e Biblioteca del Seminario, «un mondo di persone che gridano le proprie idee»

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Nell’appuntamento settimanale di questa settimana Chiesa di Casa, il talk di approfondimento pastorale, guarda all’archivio storico diocesano e alla biblioteca del Seminario. Una puntata, quella condotta da Riccardo Mancabelli, che svela la vitalità di questi luoghi di cultura. I due ospiti intervenuti sono don Paolo Fusar Imperatore, direttore delle due realtà, insieme a Roberta Aglio, una delle due bibliotecarie, in collegamento proprio dal Seminario.

«Archivio e biblioteca non sono la stessa cosa – spiega con una battuta don Paolo Fusar Imperatore –. Di solito definisco carte “silenziose” quelle dell’archivio, perché si tratta di enti che producono e tengono nascoste le loro cose, perché servono a chi ci lavora sopra; le biblioteche, invece, sono enti un po’ più “chiacchieroni” perché riguardano chi pubblica e per questo vuol far sapere».

In particolare, l’Archivio storico diocesano conserva la documentazione dell’ente Diocesi, che ha vita molto lunga: «Fondi continui sono risalenti solo al XIX sec, ma ci sono addirittura alcune pergamene che raggiungono primo millennio».

Dal dialogo, è emerso come questa documentazione sia interessante per chiunque: non tanto perché conserva un patrimonio fine a se stesso, quanto piuttosto perché è indice di una cultura viva. «Il deposito dell’archivio è un mondo di persone che gridano le loro idee. Spiega una vita in opera di vescovi, curia e movimenti, ma anche di qualche parrocchia e sicuramente di enti importanti. Per esempio, la Fabbriceria della Cattedrale è il fondo più importante dal punto di vista di quello che si può trovare».

La curiosità per questi scrigni di cultura sorge quindi spontanea e ci si domanda quale sia la loro origine, che contenuti accolgano e quanto questo sia fruibile.

È la Biblioteca, naturalmente, il luogo più aperto: «Nasce con il Seminario stesso – spiega Roberta Aglio – cioè nella seconda metà XVI secolo. Fino a circa quindici anni fa era aperta solo a seminaristi, sacerdoti e talvolta ad alcuni studiosi che avevano necessità di accedere al fondo antico». Si intuisce, dunque, che «la specificità dell’utenza, all’inizio, era religiosa. Invece, dal 2017 la biblioteca è aperta a tutta l’utenza, secondo l’ottica impostata dalla Cei con il progetto Cei-bib, il polo delle biblioteche ecclesiastiche legato al sistema bibliotecario nazionale, al quale aderiamo dal 2009. Oggi, c’è anche un fondo moderno che nel corso degli anni abbiamo arricchito e i nostri utenti sono eterogenei: appassionati di saggistica, narrativa, ma anche bambini che partecipano a progetti con il consultorio Ucipem e con Filiera corta solidale, tanto che abbiamo cominciato ad occuparci anche di letteratura per l’infanzia. Inoltre, abbiamo ricercatori e studenti universitari e delle superiori». Si intuisce, dunque, il sempre più incisivo rapporto con la scuola «come dice la presenza nel Seminario del liceo Vida: offrendo la possibilità di una conoscenza diretta del libro antico, forniamo anche agli insegnanti materiali concreti utilizzabili a scopo didattico».

Così, anche durante la pandemia, di momenti “morti” ce ne sono stati pochi: «Negli ultimi due anni abbiamo avuto la possibilità di ripensare la sala consultazione a misura di studente, anche perché nel complesso del Seminario si è trasferita anche la scuola primaria Canossa».  La didattica e il sapere, comunque, vanno di pari passo con lo “svago”: «Si possono naturalmente prendere libri in prestito solo per il gusto di leggere».

Evidente testimonianza di una vita ancora pulsante, piuttosto che di un accatastarsi di nozioni, il patrimonio librario diocesano viene curato dai suoi custodi, archivisti e bibliotecari. «Chi ha le chiavi deve aprire e distribuire» afferma il direttore Fusar Imperatore usando l’immagine petrina, ma questo «non è in contrasto con ciò che ciascuno è chiamato a fare, cioè studiare il proprio fondo». L’esito di un’avventura di conoscenza non compiaciuta di se stessa è apertura e disponibilità al prossimo, quindi strumento di incontro e condivisione: «L’invito da rivolgere agli universitari sarebbe quello di lavorare “in cordata”: alcuni lavori sono praticamente una miniera, tanto che ormai, da soli, non si riesce più ad affrontarli. La vera tutela – aggiunge il sacerdote – è lo studio, oltre che riordinare le carte, fare indici, inventari. Tutto ciò permette, o vuole permettere, la produzione di qualcosa di culturale. È da costruire, ma ora abbiamo altre possibilità, come il nuovo Museo diocesano, trampolino per mostrare i frutti di questa cultura».

Fra libri antichi e moderni, di portata notevole è la ricchezza derivata dalle specificità del territorio, anche se la profondità delle radici nasconde «una fatica, dovuta al fatto, ad esempio, che ogni parrocchia qui in Lombardia ha una tradizione almeno ottocentesca», come ricorda il direttore dell’archivio diocesano.

Infine, siccome «il concetto di preziosità correlato al contenuto, cioè alla storia che gli oggetti raccontano», Roberta Aglio ha mostrato alcune delle opere più sbalorditive che si trovano presso la biblioteca del Seminario: da una Cinquecentina fatta rilegare da committenti regali, fino a un libro proveniente dal Giappone. Gioielli che ciascuno può scoprire proprio diventando di casa nella Biblioteca del Seminario.

A “Chiesa di casa” si parla di catechesi: «Un cammino da vivere insieme»

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L’inizio dell’anno catechistico è stato il tema del dialogo nella quarta puntata di “Chiesa di Casa”, l’approfondimento televisivo sulla vita pastorale della Chiesa cremonese. Ospiti don Luigi Donati Fogliazza, incaricato diocesano per la Catechesi, e Ada Ferrari, catechista e membro dell’équipe diocesana.

«La ripartenza nasce dalla speranza e dalla vita cristiana che non si è fermata. Anche la catechesi, dunque, continua», spiega don Donati fogliazza. E la catechesi continua, come spiega Ada Ferrari, per una necessità: «Perché attraverso le attività riparte la vita comunitaria e anche le famiglie avvertono il bisogno di ricominciare a vivere un’esperienza di fede nella condivisione».

Il dialogo, infatti, ha riguardato anche la questione della catechesi e dei percorsi di iniziazione cristiana in rapporto alla famiglia. Secondo don Luigi: «Molto dipende da quanto le famiglie sono accompagnate, ascoltate ed accolte: chi si sente accolto si sente anche protagonista del cammino di formazione dei propri figli».

Un protagonismo che chiama anche ad un’attenzione verso i giovani: «I percorsi formativi, soprattutto universitari e giovani lavoratori, non possono essere svolti se non in contatto con il territorio. Le proposte siano culturalmente valide, tenendo conto di chi si affaccia al mondo del lavoro o sta studiando».

Quindi, proposte di catechesi pensate per tutte le generazioni, ma sempre tramite un percorso personale e di formazione da parte del catechista. Ada, infatti, racconta: «La parte più importante, per un catechista, è avere una relazione personale e famigliare con il Signore. È questa – continua – la base per dare una risposta alla propria vocazione». Secondo la catechista il passo successivo è quello di «testimoniare quello che tu sei come cristiano, senza inventare niente, lasciando che la vocazione venga sorretta da chi ti ha chiamato a fare questo servizio». Dunque, l’esperienza di fare catechesi come risposta ad una chiamata, come vocazione. Inoltre, la Ferrari ha sottolineato l’importanza di una formazione sul metodo e sul contenuto, sempre, però, lasciandosi sostenere da un lavoro di équipe. «Non è detto che chi lavora in equipe abbia un rapporto di amicizia profonda – aggiunge il sacerdote – per cui serve un cammino. Anzitutto, si valorizzano le diversità dell’uno e dell’altro, nasce una stima reciproca e si impara a lavorare per l’uno e per l’altro».

Durante la puntata si è riflettuto anche sul “Giorno dell’ascolto”, momento in cui le comunità si trovano settimanalmente per mettere al centro la Parola. Ada spiega: «È stato un momento importante, soprattutto durante il lockdown. Infatti, è diventato un modo per ridirci quello in cui crediamo». Il “Giorno dell’Ascolto” è un momento che si mantiene parallelo alla catechesi e, quindi, la arricchisce ulteriormente.

Don Luigi Donati Fogliazza ha concluso ringraziando, anche a nome del da vescovo, i catechisti, veri e propri «artigiani di comunità».

L’appuntamento settimanale con i protagonisti della vita pastorale della Chiesa Cremonese è ogni giovedì dalle 20.30 sui canali web e social della Diocesi di Cremona (Facebook, Youtube, IGTV e diocesidicremona.it) e in tv ogni domenica alle 8.00 e alle 12.15 circa (dopo l’Angelus) su Cremona1, alle 11.45 e alle 20.40 su TelePace.